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Recensione: Léopold Sabourin, La cristologia a partire da testi chiave

 
 
 
Foto Battaglia Vincenzo , Recensione: Léopold Sabourin, La cristologia a partire da testi chiave , in Antonianum, 65/1 (1990) p. 106-107 .

Secondo l'intenzione dichiarata dall'autore nella Conclusione, il vo­lume — che è la traduzione della edizione francese del 1986 (l'originale era apparso in inglese nel 1984) — contiene, pur non essendo « un trattato completo di cristologia », « l'essenziale di ciò che gli studenti universitari e i seminaristi devono sapere e possono assimilare in un corso, con altre letture appropriate, che vengono suggerite» (pp. 205-206).

A ben valutare la materia trattata, l'« essenziale » in questione può riguardare esclusivamente il materiale neotestamentario esaminato nella Prima Parte (pp. 7-165). La Seconda, infatti, è troppo scarna e succinta (pp. 167-206) per poter essere utilizzata come studio su « gli sviluppi ulte­riori » della dottrina cristologica neotestamentaria fino al momento apicale della definizione calcedonese. Corredata poi da un capitolo, l'ultimo, che, per la sua disorganicità, riesce a dire assai poco su « i nuovi orientamenti » nel campo dell'odierna ricerca cristologica (pp. 188-205), essa risulta in definitiva non armonizzata con la Prima Parte, anche perché non è incen­trata tanto sul commento ai  « testi chiave »,  quanto  sulla informazione

riguardante il pensiero dei padri della Chiesa e dei teologi presi in consi­derazione.

L'apporto più interessante dell'opera di Sabourin è costituito quindi dallo studio esegetico — è questo l'ambito di specializzazione dell'autore — di un gruppo di testi cristologici ritenuti « particolarmente rappresenta­tivi » (p. 8) delle tradizioni e degli scritti del canone neotestamentario. Essendo questo il criterio di scelta, ne deriva non un saggio organico di cristologia del Nuovo Testamento, bensì un commentario, erudito, dì singoli titoli, detti, denominazioni, categorie, che spazia, con ineguale proporzione numerica, dalla cristologia palestinese antica al libro dell'Apo­calisse.

Il capitolo quarto si differenzia dagli altri in quanto non si interessa ad un filone redazionale, ma ad una tematica: « La preesistenza e l'auto-comprensione di Cristo» (pp. 56-71). Inoltre, sarebbe stato meglio dedicare un capitolo alla cristologia della lettera agli Ebrei, invece di inserirla, con ovvie limitazioni, nel capitolo nono insieme alla prima lettera di Pietro e alle lettere pastorali (pp. 131-141).

La Conclusione, riferendosi all'intero volume, avrebbe dovuto trovarsi a parte, e non alla fine dell'ultimo capitolo.