Battaglia Vincenzo ,
Recensione: Juniper B. Carol, Why Jesus Christ? ,
in
Antonianum, 65/1 (1990) p. 108-109
.
Hanno ormai fatto il loro tempo le dispute, a volte esageratamente accese, tra i rappresentanti delle due scuole « tomista » e « scotista » circa il ruolo e il posto di Gesù Cristo nel piano divino della salvezza.
Il dibattito teologico odierno si svolge in tutt'altro clima e soprattutto in tutt'altro modo. E' fin troppo banale ricordarlo.
Ma, francamente, è la prima osservazione da fare nel presentare il volume di J.B. Carol, incentrato sulla questione del « motivo dell'Incarnazione » e redatto in forma compilativa e con finalità « apologetiche ». Si tratta infatti per lo più di una nutrita raccolta di « testimonia » favorevoli all'una o all'altra teoria, o catalogabili tra le opinioni intermedie, diligentemente ordinati da un convinto scotista, esperto in mariologia. Il quale è così appassionato nella difesa della propria posizione, da commentare, per esempio: « if the Franciscan thesis on Christ's and Mary's primacy and predestination is theologìcally "rash", "totally devoid of foundation", "clearly against divine Revelation", and "bordering on heresy", as we have been told more than once, how are we to explain the openly favorable attitude of the Magisterium, as expressed particularly by Pius XII and Paul VI? Don't these Popes know the obvious meaning of the words they use publicly and officially? Or are we to suppose that these higly learned men were blissfully unfamiliar with the heated controversy that has been going on in the Catholic Church between Thomists and Scotists for the past severi hundred years? » (p. 224).
L'opera informa su questa controversia plurisecolare presentando nella prima parte la scuola tomista (pp. 8-118), e nella seconda parte quella scotista (pp. 121-446): in entrambi i casi vengono elencati tutti quei testi a favore reperiti nelle « fonti » più diverse, dalla S. Scrittura ad oscuri autori di testi che difficilmente possono costituire un contributo valido a fare la storia della teologia.
Al pregio di una mole notevole di « testi », attestante una ricerca lunga ed accurata, si contrappone il limite oggettivo dell'accostamento dì passi troppo disparati fatto in modo acritico, senza alcun ricorso alle regole dell'ermeneutica delle fonti.
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