Come è noto, la dottrina conciliare sulla libertà religiosa (espressa nella licfiiarazione «Dignitatis humanae») è maturata lentamente e faticosamente erché i problemi da chiarire e precisare erano molteplici, sul piano sia storico he dottrinale. Tra questi, un cenno particolare merita il problema di come nciliare la condanna della libertà religiosa formulata da alcuni papi nel sello scorso (in specie, Gregorio XVI e Pio IX) e la sua approvazione conciliare. La giusta soluzione di questi problemi si è andata progressivamente chia-pdo alla luce del principio teologico dello sviluppo nella continuità, tanto la dichiarazione «Dignitatis humanae» fu poi approvata quasi all'unani-ità. Con tutto ciò, le discussioni non ebbero fine, alimentate soprattutto dalle pgepiù tradizionaliste, tra cui si segnalarono mons. M. Lefebvre e i suoi seguaci che accusarono il Concilio di aver tradito la sana tradizione ecclesiale e di compromettere l'annuncio evangelico nel mondo.
Sono accuse gravi, ma senza vero fondamento. Una nuova conferma ce la offre opportunamente questo studio del De Margerie: con una documentazione accurata e con riflessioni appropriate fa risaltare in modo trasparente come la dottrina conciliare, rettamente intesa in tutti i suoi enunciati, sia in piena armonia con la tradizione viva della chiesa, che coniuga sempre fedeltà e sviluppo.
L'autore imposta il suo discorso in quattro capitoli. Anzitutto, precisa la natura, i limiti e i fondamenti della libertà religiosa nell'ambito sociale e civile propugnata dal Concilio. Passa poi a evidenziare come una libertà così intesa non ostacoli, ma anzi faciliti e favorisca la missione evangelizzatrice della chiesa. Dopo aver risposto ad alcune obiezioni particolari, mette in evidenza lo sviluppo omogeneo e irreversibile della dottrina ecclesiale in merito.
Il discorso è aperto da un succoso prologo, in cui l'autore esamina il rapporto che si instaura tra il magistero e la storia, e viene completato da sette annessi, in cui l'autore riporta il testo di alcuni significativi interventi di padri conciliari sia in Concilio che successivamente (si tratta di E.-J. De Smedt, C. Colombo, C. Journet, M. Lefebvre, A. Ancel, K. Woityla).
Considerato nel suo complesso, questo volume è certamente prezioso per più di un motivo. Direttamente, offre validi elementi per scalzare alla radice il presunto fondamento alle contestazioni dei cosiddetti conservatori. Indirettamente, offre elementi altrettanto validi per svuotare di legittimità la conclamata pretesa di quanti, ad esempio, si ostinano a voler applicare il principio conciliare sulla libertà religiosa alla vita interna della chiesa o ne prendono spunto per relativizzare l'importanza e il vincolo dei pronunciamenti magisteriali.