Nobile Marco ,
Recensione: Dante Lattes, Nuovo commento alla Torah ,
in
Antonianum, 63/1 (1988) p. 175-176
.
Non è sempre possibile, in una recensione, abbinare al dovere il piacere di farla. Anzi accade di rado.
E' il caso della presente opera, una riedizione (ecco perché « nuovo commento ») di un commento al pentateuco, fatto nel 1949 da una delle figure più significative dell'ebraismo italiano e, per chi lo conosce, dei cultori del testo sacro della Bibbia.
Il dovere della recensione sta nel far rientrare nel panorama della letteratura biblica corrente, anche opere originali come questa, il cui scopo divulgativo ed educativo non esaurisce e non definisce adeguatamente la sua natura.
Il commento del L. è una spiegazione delle 54 parashot settimanali, cioè delle sezioni bibliche che i fedeli ebrei leggono ogni settimana e che abbracciano appunto tutto il pentateuco o Torah. Esso ha lo scopo di rendere accessibile e gradita, specialmente alle nuove generazioni ebraiche, una parola di vita donata da Dio stesso e creatrice di autentica civiltà.
Ora, tale finalità è raggiunta non con una semplice informazione, seppur scientifica, da offrire in modo asettico e rapido agli insipienti, bensì con una vasta erudizione, antica e moderna, colata nella personalità di un uomo che nello stile pare l'epigono degli antichi saggi o degli antichi profeti d'Israele (si legga la commossa prefazione di Augusto Segre).
Ed è qui che si accompagna il piacere della lettura.
Nella letteratura esegetica corrente, la scientificità, pur dovendo avere una sua legittima e autonoma fisionomia, tuttavia, talvolta, s'identifica troppo con un atteggiamento culturale arido che con la neutralità del rigore scientifico ha poco a che fare. Certamente, il libro in questione non ha la sua sede in un'aula accademica, ove si adopera una metodologia di lavoro con precisi procedimenti e scopi tecnici, né lo pretende. Tuttavia, non sarebbe inutile per un accademico, né ancor più per un comunicatore di autentica cultura biblica, prestare attenzione alla lezione del L. Vi è, è vero, nell'esegesi biblica uno status quaestionis che indubitabilmente va affrontato con mezzi appropriati, ma è vero anche, specialmente per un credente, che la Bibbia non è identica alla problematica attorno ad essa: essa è sempre al di là degli sforzi per comprenderla. In altre parole, all'acribia dell'indagine tecnica, va sempre accompagnata la « passione » per l'oggetto della ricerca, passione che trasforma il discorso biblico, anche quello dotto, in una comunicazione di sapienza.
Così, il L., mentre attende alla spiegazione della lettera, discutendo con studiosi di ieri, della grande tradizione ebraica, e di oggi, sa offrire al lettore anche un'attualizzazione non futile o devozionistica del testo, radicata nel collegamento tra il significato di questo e il suo impatto sulla società contemporanea, della quale è membro e per la quale si sente responsabile.
Interessante è notare in questo commento ebraico la citazione non rara di passi del Nuovo Testamento: 36, per la precisione. Qua e là, il cristiano può, più che dissentire dalla interpretazione data, discutere in un dialogo di reciproca chiarificazione e di approfondimento.
Ad es., nelle pp. 290-291, a proposito del criterio giuridico-penale dell'« occhio per occhio » (Es 21,23-25; Lev 24,20; Dt 19,21), il L. cita Mt 5,38-40 per rimproverare al vangelo di avere stravolto l'intenzione del legislatore mosaico, quasi che questi incitasse alla vendetta privata. Se l'interpretazione del criterio legale da parte del testo evangelico consistesse semplicemente in questo, noi saremmo d'accordo con il L. nel sottolinearne la riduttività e l'unilateralità. In realtà, però, il Cristo matteano vuole mettere in tensione dialettica con la lettera della legge il criterio dell'amore e dell'interiorità, che è lo spirito della legge stessa: il che è differente dal misconoscimento o dal disprezzo della legge mosaica.
L'opera di Dante Lattes non può essere discussa nei dettagli, perché è troppo ricca e originale. E' per questo che se ne raccomanda la lettura non solo agli ebrei, ma anche ai cristiani che desiderano conoscere lo spirito ebraico e la sua intimità con le Scritture.
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