Nobile Marco ,
Recensione: Otto Kaiser, Der Mensch unter dem Schicksal. Studien zur Geschichte, Theologie und Gegenwartsbedeutung der Weisheit ,
in
Antonianum, 63/2-3 (1988) p. 440-441
.
O. Kaiser consegna al pubblico un'interessante raccolta di suoi studi, già precedentemente pubblicati in riviste o opere varie (eccetto due inediti), aventi per tema il mondo sapienziale israelitico in confronto con la concezione greca della realtà.
A dire il vero, il soggetto unificante del libro è più sottile e più profondo.
Come dice il titolo, « L'uomo sotto il suo destino », preso dal quinto saggio, l'A. vuole indagare nel mistero della libertà e della predeterminazione dell'uomo, prendendo come punti di riferimento, messi a raffronto, alcuni concetti biblico-sapienziali (ma anche più genericamente veterotestamentari) e gli apparentemente corrispettivi della visione greca classica.
L'opzione culturale del K. per il mondo greco deriva dalla sua appartenenza al mondo occidentale. Il suo è, quindi, un modo occidentale di affrontare « l'aspetto aporetico nell'orizzonte di una religione teistica » (p. VII) e una necessità ermeneutica dell'approccio concreto ai testi biblici.
I saggi del libro vogliono essere una traccia di lavoro per una teologia dell'AT; in realtà, dato il carattere sistematico preteso da una teologia, il discorso dell'A. si fa spesso filosofico. E' la caratteristica più stimolante dell'opera, alla quale conferisce una fisionomia tipica, degna di emulazione; ma, appunto perché tipica, è limitante, o meglio aperta ad altri approcci, non previsti nel suo orizzonte ermeneutico, ma che possono arricchire il troppo stretto legame alla « Vernunft » greco-occidentale (cf., ad es., « Dike und Sedaqa », spec. alle pp. 21-23).
L'aspetto problematico dell'approccio del K., peraltro molto serio e avvincente, emerge se ci si domanda sino a che punto, nel legittimo confronto tra il pensiero israelitico e quello greco, la nostra concezione del primo sia ad esso aderente, o se non sia già un parto moderno del pensiero greco, stimolato e reso originale, però (questo bisogna ammetterlo), da autentici elementi giudeo-cristiani.
Il problema può via via ridimensionarsi nella misura in cui non si perde mai il contatto diretto con i testi biblici, anche se sussisterà sempre l'aporia ermeneutica della mediazione culturale, ponte necessario per l'accesso all'interpretazione di essi.
In ogni caso, rimane il valore scientifico e speculativo di questi sedici studi del K., il quale ci dimostra come noi giudeo-cristiani, da un lato, abbiamo in comune con il pensiero greco il senso di un ordine oggettivo esistente nell'universo, manifestantesi anche nelle leggi morali; dall'altro, specialmente noi moderni, liberati dal fatalismo e dalle corrispondenze magiche del mondo antico, possiamo dar senso a tale ordine, personalizzando il rapporto tra il nostro destino e la volontà del Dio d'Israele.
|