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Inaugurazione dell'anno Accademico 1987-1988. In commemorazione del ven. Giovanni Duns Scoto. A) Saluto del Gran Cancelliere del PAA per l'inaugurazione dell'Anno Accademico 1987-1988

 
 
 
Foto Vaughn John , Inaugurazione dell'anno Accademico 1987-1988. In commemorazione del ven. Giovanni Duns Scoto. A) Saluto del Gran Cancelliere del PAA per l'inaugurazione dell'Anno Accademico 1987-1988, in Antonianum, 62/4 (1987) p. 480-484 .

L'ultimo Anno Accademico è stato segnato da rilevanti muta­menti all'interno dell'Ateneo; pertanto, in occasione dell'inaugura­zione dell'Anno Accademico 1987-1988, consentitemi anzitutto di esprimere la mia profonda gratitudine alle Autorità Accademiche, che hanno lasciato l'ufficio: al Rettore, al Vice-Rettore, ai Decani e a tutti gli Officiali che hanno portato con zelo e dedizione a un fe­lice compimento ciascuno il proprio impegnativo lavoro. Nello stesso tempo voglio augurare altrettanto successo alle nuove Autorità Ac­cademiche, le quali hanno già avuto modo di dimostrare la loro competenza e il loro entusiasmo.

Di recente si è riunita qui a Roma la Commissione Internazio­nale di Ministri Provinciali, di Esperti e di Professori, con il com­pito di valutare i passi compiuti finora nel rinnovamento dell'Ate­neo e, allo stesso tempo, offrire suggerimenti e proposte per an­dare ancora avanti. In relazione a tale processo di rinnovamento, la Commissione fa voti perché si proceda alacremente nel cammino intrapreso.

Tra le diverse proposte, mi ha colpito l'incoraggiamento della Commissione a fare, della progettata Scuola Superiore di Studi Me­dievali e Francescani, il punto di riferimento e di servizio delle tre Facoltà e la realtà che caratterizzi e qualifichi gli studi del nostro Pontificio Ateneo Antoniano.

A un giudizio rapido e superficiale può sembrare molto strano un tale incoraggiamento e un simile riferimento per le Facoltà che cercano un posto nel mondo scientifico contemporaneo. E ancora più strano l'augurio e il desiderio che gli studi dell'Ateneo rinnovato siano qualificati e caratterizzati proprio dal Medioevo, se si consi­dera che la nostra epoca, presa da tanti problemi, angosce e speranze, cerca quasi disperatamente soluzioni urgenti ed imme­diate ai problemi dell'uomo di oggi.

In realtà può risultare difficile comprendere l'attualità di un tale progetto e l'importanza di una tale qualificazione e caratteriz­zazione, se lo studio, anche quello teologico e filosofico, lo si in­tende come un cumulo di conoscenze e di informazioni, con l'illu­sione che in tal modo ci si possa inserire con maggiore efficienza nel mondo moderno; o se si pensa che lo studio sia appena un mezzo che prepari e attrezzi tecnicamente per un determinato compito o per rispondere con competenza scientifica alle aspettative e alle esigenze del mondo contemporaneo. Ma appunto perché si vuole contribuire a tali soluzioni e venire incontro ai problemi di oggi si vuole rivalutare il pensiero medievale.

L'impegno a che lo studio di questo Ateneo sia qualificato e ca­ratterizzato dal Medioevo e il volere a tale scopo la ristrutturazione della Scuola Superiore di Studi Medioevali, comporta anzitutto una giusta comprensione sia della Storia sia del Medioevo in partico­lare e una precisa nozione di ciò che significhi « studio ».

Infatti, una corretta comprensione della Storia porta ad ap­prezzare il Medioevo non come un passato cronologico in ritardo con la nostra epoca o, meno ancora, come un'epoca imperfetta e su­perata dalla cultura moderna scientifica. Al contrario il Medioevo rappresenta lo sforzo umano che per un lungo tempo ha preparato il sorgere dell'epoca Moderna. Ed è per questo che, per capire la grandezza del nostro tempo e la speranza dell'uomo moderno, è necessario lo studio e la conoscenza della forza vigorosa dello spirito medievale.

Senz'altro, trattasi di una impostazione che esige un approccio molto rigoroso alla Storia come cammino della « concrescita » della Esistenza Umana; ed esige inoltre che lo studio — conoscenza e sapere — sia inteso in primo luogo come radicale impegno nella ri­cerca incondizionata della Verità.

Il pensiero medievale, lasciatoci dai grandi Maestri, fu una delle conquiste più laboriose e ben elaborate dall'intelletto umano nella comprensione del fenomeno religioso-cristiano. Il Medioevo è stata un'epoca  nella  quale  generazioni   e  generazioni   si   sono   dedicate, corpo  e  anima,   a  penetrare  nelle   ragioni   più  profonde   del   tra-scendente-divino. Più che qualsiasi altra epoca, il Medioevo  ci ha lasciato nelle Summe Teologiche, nelle Opere di Diritto e nei Com­menti alle Sentenze, nelle Cattedrali e nell'arte, nelle esperienze reli­giose e umane, una eredità tuttora viva e capace di ispirare la ri­cerca e l'opera dell'uomo moderno. Questa eredità, tanto preziosa e ricca, non può essere accantonata o semplicemente trascurata come qualcosa del passato.

Sono convinto che proprio a questo nostro mondo contempo­raneo quel modo di essere dell'esistenza medievale, fondata sull'ar-tigianale-artistico, quasi un volersi misurare, con buona volontà, corpo a corpo, con la realtà, possa offrire nuove alternative, più umane, alla « terra degli uomini ».

Francamente,   sono   convinto   che  proprio   i   Francescani   sono eredi e responsabili di una delle più ricche esperienze generate dal Medioevo. In San Francesco d'Assisi si opera un incontro straordi­nario fra le esigenze del Vangelo e le istanze profonde degli uomini del suo tempo.  S.  Francesco presenta all'uomo  del  suo tempo  e all'uomo di sempre uno dei modi più autentici di seguire il Dio del Vangelo. L'originalità profonda di S. Francesco nel voler il puro e semplice ritorno al Vangelo è conseguente alla sua altrettanto pro­fonda sensibilità alle aspirazioni, alle ambizioni e agli inarrestabili mutamenti in atto nel suo tempo.

La fedeltà al Vangelo e la sensibilità nel cogliere i fermenti del tempo portano a una nuova concezione dell'uomo e delle creature. Così Francesco entra definitivamente nel cuore della storia, prin­cipio di una società nuova la cui validità è tanto più avvertibile oggi.

L'esperienza di S. Francesco di un Dio povero e umile porta a un rapporto fraterno e umano con tutte le creature. Viene ancora oggi incontro ai grandi appelli umani, specialmente dei poveri e dei piccoli. Contiene le vere richieste dell'uomo e il segreto dell'avve­nire del mondo.

L'attualità di S. Francesco di Assisi, soprattutto il riferirsi a lui per la pace, la giustizia, l'ecologia, il rispetto all'uomo e ai suoi diritti, la fraternità universale sta a indicare veramente che il Me­dioevo è la terra fertile nella quale, soprattutto noi Francescani di oggi, dobbiamo mettere radici profonde per capire meglio la nostra eredità.

Questa eredità è il nostro compito nel mondo contemporaneo: riparare la casa del Signore (cf LM II 1); costruire con la sensibi­lità e la semplicità evangelica di S. Francesco il mondo d'oggi.

Duplice è, pertanto, la ragione per studiare il Medioevo, soprat­tutto per noi Francescani: conoscere meglio la nostra identità; es­sere capaci di rispondere al Vangelo, secondo le esigenze del nostro tempo.

Per tali motivi fare dello studio del Medioevo il punto di rife­rimento per il nostro Ateneo, significa approfondire la nostra ori­ginaria identità e ritrovare il nostro autentico ruolo di francescani nel mondo moderno: riedificare, restaurare, ristabilire il Regno di Cristo, secondo la incisiva affermazione del Da Celano: « Fran­cesco costruisce una casa per Iddio e non tenta di farla di nuovo, ma ripara la vecchia, restaura quella vetusta: non sradica il fonda­mento, ma edifica sopra di esso, riservando sempre, anche senza saperlo, la prerogativa a Cristo » (1 Cel 18). Se prenderemo respon­sabilmente coscienza di questa nostra eredità non faremo alcuna fatica a comprendere la opzione di oggi a favore dello studio del pensiero francescano medievale. Si tratta, in fondo, di un atto di fedeltà alla esperienza evangelica di S. Francesco e alla sua sensi­bilità verso le aspirazioni dell'uomo.

La semplicità, la sensibilità e il profondo rispetto di San Fran­cesco agli uomini e a tutte le creature è l'atteggiamento, forse il più importante, per accostarci alle opere medievali che dai grandi Maestri abbiamo ereditato e da esse lasciarci formare. Se vogliamo essere formati a quel vigoroso spirito non possiamo che rimanere attaccati a questi nostri Maestri che ci trasmettono spirito e vita. Alle loro opere e ai loro scritti dobbiamo restare avvinti con quella devozione, semplicità e concretezza con cui San Francesco incitava i frati a raccogliere i pezzettini di carta scritti e a riporli in luogo decente, per impedire che venisse calpestato il nome del Signore in essi trascritto (cf LM X 6).

Sono convinto che con lo studio dei nostri Maestri è possibile acquistare quella grandezza di spirito con la quale essi hanno stu­diato e lavorato. Perciò ritengo un mio dovere chiedere ad ognuno di voi, Professori e Studenti, di dedicarvi allo Studio dei Maestri francescani del Medioevo. Il lavoro da fare è assai più consistente di quanto si possa immaginare: del pensiero francescano conosciamo, in realtà, tanto poco, restano tanti testi ancora inediti, con un intui­bile lavoro preliminare da compiere: l'editoria francescana in ge­nere, gli studi teologici, filosofici, giuridici, storici hanno ancora vaste e affascinanti prospettive.

Sono cosciente che uno studio che cerca di andare alle radici della nostra origine, richiede un'attitudine particolare alla analisi; richiede un atteggiamento ancor più penetrante, rigoroso ed esi­gente di quello preliminare che già si fa studiando i testi medie­vali sotto il profilo storico, archeologico, sociologico, letterario, ecc. Trattasi di arrivare al midollo, ed essere capaci di leggere e di co­gliere lo spirito dell'epoca medievale come esperienza radicale umana, che sempre di nuovo pulsa nel profondo della coscienza mo­derna.

Il mio intimo convincimento circa la bontà della causa che ci apprestiamo a portare avanti rende tanto più sentito il mio ringra­ziamento a quanti, professori e studenti, vorranno impegnarsi per la realizzazione del progetto che l'Ordine affida all'Antonianum.

Cari fratelli, professori e studenti, siamo tutti impegnati verso quella Sapienza che è il traguardo della nostra semplicità france­scana: nella linea di quell'uomo — medievale e pure tanto a noi contemporaneo e universale — che alla Sapienza, come a una per­sona vivente, si rivolgeva con quel Saluto che certamente tutti voi condividerete con me:

« Ave, regina Sapienza, il Signore ti salvi con tua sorella, la santa e pura semplicità » (SVir 1).

9 novembre 1987