Nobile Marco ,
Recensione: 0. Loretz, Habiru-Hebràer. Eine sozio-linguistische Studie iiber die Herkunft des Gentiliziums Hbrì vom Appellativum habiru ,
in
Antonianum, 61/1 (1986) p. 175-177
.
Questo studio è la più recente e completa messa a punto del problema, ormai secolare, circa il rapporto tra gli Habiru della documentazione medio-orientale antica e gli Hbrìm (= Ebrei) biblici.
Il riscontro nella letteratura egiziana del termine caprw e in quella accadica ed ugaritica, rispettivamente, di hab/pìrii e cprm, per indicare gruppi di forestieri fuggiaschi e dalla fama discutibile, ha costituito fin dalla fine del secolo scorso un presunto fondamento autorevole per spiegare l'origine del popolo d'Israele.
Il dibattito ha seguito vie alterne e complesse. In un primo momento l'esame delle fonti orientalistiche era influenzato troppo dalla pregiudiziale biblica, che voleva ad ogni costo vedere in quei lontani gruppi sociali citati in documenti del 2° millennio a.C. ì parenti originari delle tribù israelitiche.
In seguito, si è pensato che fosse più corretto scindere le due ricerche, quella in campo orientalistico e quella in campo biblico, rendendole autonome. Intanto si sviluppava un'importante questione collaterale: ci si chiedeva se gli Habiru erano un'entità etnica o piuttosto una categoria sociale con la quale si indicavano etnie diverse, aventi però come tratto comune quello di essere gente mobile, perlopiù fuggiasca, emarginata, talvolta dedita al brigantaggio. Autorevoli autori si sono orientati fino ad oggi su questa seconda interpretazione.
Al fondo di questa lunga e variegata discussione scientifica, vi è la convinzione tradizionale che la storia d'Israele offerta dall'AT sia attendibile nel senso della nostra concezione storiografica moderna.
Ma il castello di questa questione crolla di fronte agli orientamenti attuali degli studi storico-letterari dell'Ai1.
Difatti, l'analisi oggi condotta sui testi storici veterotestamentari, porta a vedervi sempre più una composizione redazionale databile al periodo esilico-postesilico (dal VI sec. a.C. in poi). Così che la parola Hbrìm (= Ebrei) riscontrabile nei testi storici, è tardiva e quindi non ha nulla a che vedere con gli Habiru del 2° millennio, se non forse quello di un posteriore prestito terminologico. In definitiva, gli Hbrìm sono i membri del popolo giudaico; il termine ha una valenza sia etnica che religiosa.
Questo è quanto con paziente diligenza il L. svolge e afferma nel suo libro. Certo che non vi è proporzione tra l'acribia meticolosa dell'analisi e la povertà del risultato. Il L. ne è cosciente (p. 275), però egli aggiunge che almeno lo studio aiuta ad eliminare certe false attese e a ridimensionare (abgrenzen) la problematica « conquista della terra - origine d'Israele ». E in questo senso siamo d'accordo con l'A. Tuttavia, proprio per questo, ci si domanda se era proprio necessaria la ripresa nei ce. 7-8 di argomenti più o meno già svolti nei primi sei capitoli. Pur dopo un'attenta analisi di testi e autori, alla fine di ognuna di esse il risultato si presenta come un puntuale « refrain »; arrivati al sesto capitolo, il libro avrebbe anche potuto concludersi, perché già esauriente; invece, la problematica viene ripresa con inevitabili ripetizioni.
In conclusione, ci sembra che per il valore della problematica e per la soddisfazione delle esigenze metodologiche, sia sufficiente e necessaria in un'eventuale nuova edizione una maggiore sinteticità e unitarietà.
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