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Recensione: Ernst Wurthwein, Die Biicher der Kónige 1-16 2. durchgesehene und ùberarbeitete Auflage; Idem, Die Biicher der Kónige. 1. Kón. 17-2. Kòn. 25

 
 
 
Foto Nobile Marco , Recensione: Ernst Wurthwein, Die Biicher der Kónige 1-16 2. durchgesehene und ùberarbeitete Auflage; Idem, Die Biicher der Kónige. 1. Kón. 17-2. Kòn. 25 , in Antonianum, 61/2-3 (1986) p. 490-493 .

Il presente commentario ai Libri dei Re rappresenta un importante e significativo fenomeno proprio ad una scuola esegetica tenace e seria, quale quella cui appartiene il W.

Il mondo scientifico veterotestamentario ha atteso con ansia fino al 1984 il secondo volume del commentario, dato che il primo era già apparso nel 1977. Un così lungo lasso di tempo tra il primo e il secondo volume aveva una sua motivazione nell'approfondito lavoro di analisi letteraria dell'A., il quale, evidentemente, forte anche dei risultati nel campo deutero-nomistico (= dtr) del Dietrich e del Veijola (ma perché, nonostante la nota 8 a p. 488 e p. 499, nella bibliografia di entrambi i volumi manca R. Smend Jr., che ha aperto la strada dell'indagine nel senso seguito anche dagli altri due studiosi?), ha scoperto che nell'opera dtr, a cui appar­tengono l-2Re, si devono fare i conti con un lungo processo redazionale riconducibile a più circoli dtr, specificati fondamentalmente nelle ormai note tre sigle DtrG, DtrP e DtrN. La stratificazione testuale si mostra poi anche più complessa, dato che conta strati pre-dtr e post-dtr.E' proprio la lunga e acribica analisi con i conseguenti risultati, che ha portato FA. a rivedere sostanzialmente la prima edizione del primo volume del suo commentario. Così, nella seconda ed., quella che presen­tiamo, si ha una più forte distinzione degli strati, suddivisi per le succitate sigle.

Riguardo al testo tradotto, ivi riportato, per non alterare l'estensione dell'opera, si è ricorso, oltre che alla differenziazione dei caratteri tipo­grafici, anche all'uso di parentesi quadre e tonde per gli strati dtr più recenti. Il metodo si rivela laborioso, ma utile per dare un colpo d'occhio ai risultati di una meticolosa analisi (ciò vale naturalmente per entrambi i volumi).

Significativo per la storia di questo commentario è anche la posizione di quel che tradizionalmente è l'introduzione e che, nella presente opera, si trova alla fine del secondo volume come « panoramica » (Vberblick) su tutto il lavoro.

Come già detto, l'A. rappresenta la posizione ormai abbastanza rico­nosciuta e condivisibile del lungo processo redazionale al quale sono stati sottoposti i libri dtr, nella fattispecie i Libri dei Re. Il processo è da immaginare non tanto nel senso della teoria documentaria, quanto in quello della teoria dei complementi. Difatti, il W. ritiene DtrP, DtrN e post-dtr degli ampliamenti (Erweiterungen) (p. 496) di un documento pri­migenio {Grundschrift): da qui la sigla DtrG che, benché intenda l'opera dello storico dtr, non è  da leggersi come Deuteronomistisches Geschi-chtswerk (Noth e altri).

Il lavoro dello storico dtr avrebbe avuto, a detta dell'A., non solo lo scopo di presentare una lunga sequenza di re, il più delle volte falli­mentare, ma anche quello di mantenere o far rinascere tra i superstiti della catastrofe del 587 a.C. un'identità e un certo orgoglio nazionale di fronte agli altri popoli, perché questi sapessero che anche il popolo giudaico aveva avuto un passato importante.

Nonostante si debba condividere l'accantonamento di un'interpreta­zione eccessivamente pessimistica dell'opera dtr, di cui il più eccellente esponente è il Noth, tale interpretazione, che va all'opposto, almeno per un aspetto, sembra forzata, tanto più se la si confronta con la posizione « pessimistica » che l'A. difende nel commentare passi come 2Re 25, 27-30: si tratterebbe di una pia inserzione post-dtr.

Riguardo all'ampliamento successivo operato dai circoli dtr profetici, l'A. vi distingue un DtrPl (introduzione di figure profetiche) e un DtrP2 (Elia).

Il terzo stadio dtr di ampliamento sarebbe stato promosso dai circoli dtr nomistici, che ponevano al centro dei loro interessi la legge di Mosè rappresentata dal Deuteronomio.

Luogo di residenza della scuola dtr sarebbe con ogni verosimiglianza la beniaminita Mizpa (cfr. 2Re 25,23), mentre i periodi di redazione si scaglionerebbero lungo il VI sec. a.C.

In seguito sarebbero state apportate ancora delle aggiunte (Nachtrdge), come l'elaborazione della guerra aramea (IRe 20) e i racconti su Eliseo (2Re 2; 3,4-8,15; 13,14-21).

La recensione di un'opera pecca spesso pregiudizialmente, come ge­nere letterario, di un'antipatica ingiustizia, quella di « giudicare » in poche righe il frutto abbondante di anni di laborioso studio. Il lavoro del W. merita questo umile riconoscimento da parte nostra, ma non ci si può sottrarre ad un'osservazione metodologica (ma anche di contenuto) ge­nerale.

Già ci sembra laboriosa e talvolta eccessivamente « fine » la distinzione tra DtrG, DtrP e DtrN: perché una stessa scuola non avrebbe potuto contemporaneamente usare materiale storico, profetico e nomistico? E per­ché nel distinguere tale materiale si deve riandare a diversi « backgrounds » storico-cronologici, che rimangono fortemente ipotetici? Ma ciò non basta alla suddetta metodologia: anche all'interno della triplice redazione dtr si cerca di ricostruire con una « matematicità » che lascia impressionati e perplessi, tutte le fasi di un processo tradizionale-redazionale. Ad es., le concrezioni letterarie attorno alla figura di Elia si distribuiscono in ben dieci fasi! (pp. 269-272).

Noi siamo convinti, come dice FA. nella postfazione, che non si tratta di « Spielerei » scientifica. Tuttavia, talvolta si rende necessario il ri­chiamo alla distinzione tra predisposizione metodologica ed esigenza in-tratestuale: non tutto quello che desidera metodologicamente il ricerca­tore, è esigito dalla reale natura del testo. Perlomeno, su una superficie redazionale orizzontale, diviene altamente problematico scindere adeguata­mente la segmentazione cronologica verticale: un testo letterario, qua­lunque sia la sua composizione, non è equiparabile, se non per analogia approssimativa, al terreno scavato e studiato dall'archeologo.