Nobile Marco ,
Recensione: Rashi di Troyes, Commento alla Genesi ,
in
Antonianum, 61/4 (1986) p. 769-771
.
Con la collana « Ascolta, Israele », la casa editrice Marietti ha avuto un'idea felice, perché facendo opera di cultura ecumenica, con essa mette a disposizione del lettore italiano classici dell'arte del commento ai vari libri biblici, presi sia dalla tradizione dell'ebraismo che da quella delle varie confessioni cristiane.
La collana è aperta egregiamente da questo commento al Genesi redatto dal più grande commentatore biblico della tradizione ebraica, Rabbi Shelomoh ben Yishaq, le cui iniziali lo hanno consegnato alla storia con il nome di Rashi.
Parlare di questo grande erudito ebreo del medioevo (1040-1105), nato a Troyes, nel ducato della Champagne, significa presentare un maestro del commento biblico, non soltanto per la tradizione ebraica, bensì anche per quella cristiana. Difatti, oltre ad Ugo e ad Andrea di S. Vittore, soprattutto il francescano Nicola di Lira (1270-1340?) ha abbondantemente attinto ai commenti di Rashi, permettendone la conoscenza indiretta anche a Martin Lutero.
Un grande, quindi. Rashi ha impresso una svolta all'esegesi tradizionale ebraica, fondata soprattutto sul midrash (commento narrativo o aggadico) e ha aperto la strada a quell'interpretazione letterale {peshat) del testo biblico, che avrebbe avuto inaspettati sviluppi in seguito, nei tempi moderni, quando si è cominciato a intensificare le sofisticate regole di critica storica e filologica.
Certo, non ci si può aspettare da R. una metodologia esegetica come quella contemporanea, per vari motivi. Il primo, e più evidente, è la sua distanza cronologica dai risultati moderni conseguiti da una ricerca filologica ormai secolare; il secondo motivo è che anche i grandi innovatori, per poter comunicare agli altri le loro opere, devono rifarsi e confrontarsi con la tradizione, e, sotto questo aspetto, R. è un umile e fedele trasmettitore delle tradizioni rabbiniche delle quali riporta il prezioso contenuto in una forma tuttavia concisa e originale.
Si può dire che la grandezza di R. stia proprio nell'essere centro di convergenza del passato, del presente e del futuro.
D'altra parte, benché il Nostro dica di preferire l'interpretazione peshat, e qui abbiamo un altro motivo di lontananza esegetica, egli fa in realtà spesso del midrash. Ma questo non è solo un limite storico-metodologico: nel saper comporre con maestria la ricca e fantasiosa tradizione dei midrashim con la costante fatica di « pulitura » dell'interpretazione letterale, senza per questo rinunciare allo scandaglio profondo del testo sacro, che lo reimmette nel midrash più autentico, vi è la genialità di uno spirito sapiente e di un degno rappresentante dell'ebraismo.
Un'idea dello stile di R. lo si può avere con un esempio tolto dal presente commentario. Nello spiegare il testo del sacrificio d'Isacco (Gen 22), così il Maestro commenta il v. 2: «.Prendi, ti prego (na). La particella na esprime una supplica. Dio disse ad Abramo: « Ti supplico, supera, per me, anche questa prova, perché non si dica che le precedenti prove non erano vere. Il tuo figlio - Abramo obiettò: « Io ho due figli! ». Dio gli disse: Il tuo unigenito. Abramo rispose: « Questi è l'unico figlio
per sua madre, quello è l'unico figlio per sua madre! ». Dio gli disse: Quello che ami. Abramo replicò: «Io li amo entrambi! ». Dio allora gli disse: Isacco! Per quale motivo Dio non gli rivelò ciò ifn dall'inizio? Per non gettarlo improvvisamente nello sconforto, confondendolo e turbandogli la mente. E anche per rendergli più caro il suo comandamento, e per dargli ricompensa per ciascuna parola» (pp. 170s).
Il presente volume si raccomanda anche per la composizione editoriale. Oltre alla « sentita » prefazione di P. De Benedetti, vi è l'interessante introduzione di Luigi Cattani, che è anche il traduttore del testo di R.; inoltre, vi sono una buona bibliografia, un glossario essenziale, un indice dei passi biblici e un interessante indice dei termini francesi usati da Rashi.
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