Nobile Marco ,
Recensione: Umberto Neri (a cura di), Genesi ,
in
Antonianum, 61/4 (1986) p. 771-773
.
Un'opera erudita che si vergogna dell'erudizione. Così potremmo definire questo primo monumentale volume della collana Biblia. L'iniziativa editoriale, forte dell'immagine dello scriba evangelico, che sa cavar fuori dal suo seno cose antiche e cose nuove, si riallaccia all'antica tradizione delle « catene » (sequenze di commentari patristici a testi biblici), per offrire al lettore odierno, desideroso dello spirito più che della lettera, una nuova catena biblico-patristico-teologica.
E' questo il senso della prefazione prestigiosa di G. Dossetti (non un biblista, ma certo un fine uomo spirituale) e dell'idea esposta dal Neri nella prima parte dell'introduzione (pp. XXXI-LVII), dedicata appunto al significato dell'iniziativa di Biblia.
A nostro parere, il piano editoriale è affascinante e senz'altro promettente. Tuttavia, il compito non è facile, come dimostra questo primo ponderoso volume, non certo consigliabile per un'amena e lieve meditazione spirituale avulsa da ogni tecnicismo biblico.
In realtà, il curatore sente il bisogno di stilare un'erudita introduzione di ben 146 pagine, per predisporre il lettore a capire il pianeta del testo della Bibbia, sul quale egli si avventurerà. Dato che la « catena »
consterà della traduzione italiana dei versetti biblici, seguita di volta in volta dal testo ebraico (tradotto), dalle antiche versioni (tradotte), dai targumin (tradotti), dai commenti patristici, medievali, di riformatori e, infine, di tre autori moderni (Clamer, von Rad e Zimmerli), il N. deve necessariamente spiegare (e lo fa in modo magistrale) tutto ciò: il significato della terminologia, i problemi testuali, lo sviluppo e le forme delle tradizioni interpretative, la giustificazione della scelta di alcuni commentatori antichi e moderni piuttosto che altri. Quest'ultimo punto lascia e lascerà sempre da discutere, perché il criterio della selettività antologica presenterà ognora un alto margine di opinabilità. Ad es., con tutti i limiti metodologici e contenutistici che possa avere un commentario importante, ci sembra discutibile liquidare il grande commento moderno al Genesi del Westermann con idiosincrasie del tipo: « Un'opera colossale..., ma, a nostro parere, purtroppo molto meno apprezzabile per ciò che dice sui veri e propri contenuti del testo, che non di rado sembrano dissolversi nell'ovvio o nell'insignificanza, o addirittura essere fraintesi » (p. CXXXVII). Con tutto l'onore che spetta al grande von Rad, certo teologicamente superiore al Westermann, il suo commentario divulgativo al Genesi è così decisamente sempre « forte e penetrante » e, quindi, esegeticamente attendibile? Ma noi comprendiamo ormai l'opzione del curatore. Si vogliono risparmiare al lettore medio le asperità della tecnica esegetica e le fatiche eccessive dell'intelletto (ma è proprio così necessario coniugare il godimento della fede con l'assenza di sforzo intellettuale?).
Ora, è proprio qui che si rivela la problematicità dell'uso dei criteri adottati per l'opera in questione. Ci si domanda, infatti, se il lettore non verrà sommerso lo stesso dalla confusione, dallo smarrimento e dalla frustrazione prima, dalla stanchezza poi, di fronte alle tante sigle e varianti testuali che poco o nulla aggiungono ai versetti biblici di turno e che possono interessare solo... il tecnico.
In realtà, data la simpatia che abbiamo per l'iniziativa, ci permettiamo di suggerire, a maggior efficacia dei criteri teologico-spirituali perseguiti, uno sfrondamento (non cancellazione) dal testo di oscuri cifrari e lezioni varianti, teologicamente non rilevanti, e lo sviluppo, piuttosto, dei brani di commento che possono veramente far accedere il lettore al gusto della profondità della Parola di Dio, sulle orme della grande Tradizione, che ancora oggi continua. Lamentiamo, ad es., l'assenza del bel commentario al Genesi di Rashi di Troyes, uno dei più grandi esegeti della tradizione ebraica, al quale gli stessi esegeti cristiani del medioevo hanno molto attinto (la tradizione ebraica appartiene anch'essa alla grande Tradizione...).
Suggeriamo, infine, una più agevole e più chiara collocazione degl'indici e delle abbreviazioni. Ad es., all'apparato testuale si arriva solo a p. CXLI, mentre in precedenza se ne è già fatto ampio uso (vedi le pp. LXIIss.): si desidererebbe trovarlo agevolmente all'inizio o alla fine del libro.
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