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Recensione: GREGORII ARIMINEN-SIS OESA, Lectura super Primum et Secundum Sententiarum;Lectura super Primum et Secundum Sententiarum;Tomus III Super Primum (Dist 19-48).

 
 
 
Foto Del Zotto Cornelio , Recensione: GREGORII ARIMINEN-SIS OESA, Lectura super Primum et Secundum Sententiarum;Lectura super Primum et Secundum Sententiarum;Tomus III Super Primum (Dist 19-48). , in Antonianum, 60/1 (1985) p. 194-197 .

La Casa editrice Walter de Gruyter sta pubblicando l'Opera di Gregorio da Rimini. Sono già usciti i primi tre volumi (I, IV e VI) della Lectun super Primum et Secundum Sententiarum, dei quali Antonianum ha riferito ampiamente {Antonianum, 56 [1981] 853-856). I due volumi ora editi ri portano rispettivamente le Dist 7-17 (II) e 19-48 (III) della Lettura sul Libro delle Sentenze. Sono editi come i precedenti nella benemerita Collana diretta da Heiko A. Oberman, « Spatmittelalter und Reformation Texte uni Untersuchungen » della quale formano i volumi 7 e 8. Il Professor Oberman presenta ambedue i volumi, indicandone le caratteristiche specifiche e ri» sumendone la trattazione. Nel volume II viene esposta la teologia trinità: con tutte le implicazioni e gli sviluppi riguardanti la salvezza dell'uomo. L'accentuazione della sovrana libertà di Dio porta Gregorio a ridurre l'ambito della cooperazione dell'uomo, aprendo in qualche modo la via alla soluzione estrema di Lutero, sempre appellandosi al Maestro comune ad ambedue, S. Agostino, del quale Gregorio meritò di essere chiamato • Il Discepolo ». L'esposizione sistematica del suo pensiero teologico-filo-sofico diviene così una serrata disputa con i rappresentanti della Scuola Francescana, in primo luogo Pietro Aureoli (f 1332), vivacizzando quel periodo piuttosto sconosciuto della teologia cattolica.

L'accurata composizione del testo merita il plauso degli studiosi. Bi­sogna dire che talvolta è stata necessaria una genialità inventiva nello scegliere di preferenza un codice posteriore e meno noto, quando il codice principale presentava delle vistose lacune. Così mi smbra felice la scelta del Cod d per la q 2 della Dist 17, invece del cod D. Anche la presentazione grafica è eccellente.

Il Volume Secondo tratta e ripresenta la dottrina trinitaria nelle sue linee fondamentali (Dist 7-13). Lo sviluppo del pensiero si colora di pas­sione nella difesa di un nominalismo agostiniano sulla grazia, nel contesto della dottrina della « acceptatio divina » (Dist 14-16 come pure Dist 17 q p e 6). Nelle Questioni 2-4 della Dist 17 l'Autore sviluppa una filosofia naturale, che presenta delle aperture  « moderne », tanto che egli viene considerato uno dei padri della filosofia moderna. E' certo che Gregorio figura, nei secoli XIV, XV e XVI, tra le Autorità indiscusse che propugnavano la concezione della natura con accenti « moderni ». Questo viene confer­mato anche dal fatto che questa parte della sua opera (Dist 17 q 2-4 lpp.250-417] sia stata divulgata come « Tractatus de intentione et remissione formarum corporalium » e abbia goduto una grande notorietà anche al di fuori degli ambienti ecclesiastici.

Il Volume Terzo presenta la struttura serrata e coerente del sistema ilosofico-teologico di Gregorio, spaziando nell'ampio orizzonte dei Trascen-lentali, delle Categorie, fino alla Teologia dell'onnipotenza di Dio, che nel lardo Medioevo assume un'importanza tanto grande (Quest 19-48).

Un netto Antipelagianesimo contraddistingue quella parte del corn­uto che tratta il complesso problema della predestinazione (Dist 40-41). laverò «Discepolo di Agostino» egli lascia sempre al Maestro l'ultima parola.

«Veruni, quia haec perscrutatio altissima est et imperscrutabilis nobis lortalibus, et in ipsa errare nimium est periculosum, idcirco nihil ex me in hac materia loqui intendo, sed simpliciter sententias, quas puto esse sanctorum, et maxime beati Augustini, nihil penitus temerarie aut pertina-citer asserendo » (In I Sent dist 40 et 41 q 1, 321, 17-20).

In aperta polemica con Pietro Aureoli, chiamato non senza motivo I « Doctor facundus », Gregorio rivendica l'assoluta e inconcussa libertà di I Dio, giungendo a negare qualsiasi partecipazione dell'uomo alla decisione I riguardante la salvezza. Egli sintetizza la sua dottrina biblico-agostiniana della predestinazione, formulando cinque tesi:

« Harum prima est quod nullus est praedestinatus propter bonum usum I liberi arbitrii, quem deus praescivit eum habiturum, qualitercumque consi-deretur bonitas eìus. Secunda, quod nullus est praedestinatus, quia prae-scitus fore finaliter sine obice riabituali et actuali gratiae. Tertia, quod quemcumque  deus  praedestinavit,  gratis  tantummodo  et miserìcorditer praedestinavit. Quarta, quod nullus est reprobatus propter malum usum liberi arbitrii, quem illuni deus praevidit habiturum. Quinta, quod nullus est reprobatus, quia praevisus fore finaliter cum obice gratiae » {In I Sent dist 40 et 41 a 2, conclusiones quinque, 326, 19-26).

La questione tanto discussa dei bambini non battezzati, che gli meritò il nomignolo di « tortor infantium », trova nel contesto della dottrina sulla predestinazione una soluzione più positiva, in quanto appare evidente l'in- tenzione dell'A.  di occuparsi  dei bambini, i  quali, essendo predestinati, vengono pure battezzati per essere salvi.

« ...parvuli morientes post baptismum sunt sine obice peccati originalis, quia sunt baptizati, et ideo sunt baptizati, quia sunt praedestinati. Igìtur ipsi, non quia sunt sine culpa originali sunt praedestinati, sed econtra, I quia sunt praedestinati, sunt sine culpa tali » (In I Sent dist 40 et 41 ql, secunda conclusio probatur, 333, 8-11).

Nelle questioni 42-44 Gregorio propone la sua filosofia naturale quale I accanito propugnatore dell'infinito in atto, cercando di risolvere il para-1 dosso   dell'infinito,   mediante   i   concetti   « totum »,   «pars»,   «maior>.« minus ».

Infine   le   Distinzioni   46-48   affrontano   il   problema   della  «Volontà onnipotente di Dio in rapporto al male ».

L'importanza dei testi pubblicati, la preziosa opera di ricostruzione e il valore delle affermazioni di Gregorio devono venire situati nel periodo storico del basso Medioevo e nel pieno fiorire delle correnti nominalistiche. Gregorio opta per un nominalismo moderato che si distìngue da quello di G. Ockham e trova a Parigi larghi consensi. Si può riconoscere veramente che Gregorio è un pensatore moderno, che dispiega l'acume della sua argomentazione filosofica, per mettere quelle fondamenta della filosofia naturale che avranno il loro pieno sviluppo nella nuova concezione della vita come evoluzione  delle  forme.  Mantiene  tuttavia  un  atteggiamento estremo in certi punti, come nei confronti della salvezza dei bambini non battezzati. Il rigore del suo sistema gli impedisce di percepire l'ampio respiro della misericordia che inventa soluzioni nuove per soccorrere alla debolezza delle argomentazioni puramente razionali. Tuttavia bisogna ri­conoscere che « la filosofia naturale di Gregorio ha aperto le vie del tempo moderno », come afferma con la sua competenza il prof. Heiko A. Oberman nell'introduzione. Bisogna ammettere però che il suo eccessivo antipela-gianesimo lascia poco  spazio  alla libera iniziativa  dell'uomo nell'opera della salvezza. Veramente Gregorio presenta dei  tratti di  sorprendente affinità con Martin Luther, lui pure seguace di Agostino come Maestro, nella diffidenza verso l'uomo e la sua partecipazione all'opera della propria salvezza. L'esaltazione della grazia e della sovrana libertà di Dio tendono a eliminare quasi  assolutamente il  margine  di  operosità  salvifica  del­l'uomo, basandosi solamente sulla fede negli  « imperscrutabili giudizi » 'Rm 11,33) che determinano le sue « inaccessibili vie », per cui egli prefe­risce adorare il mistero:   « ...et ideo, ut ait (Augustinus), mirum est, « si bis consideratis non dignantur exclamare:   "O altitudo divitiarum sapien-iae etc". (In 1 Sent dist 40 et 41 q 1, ad rationes principales quaestionis, 354,6-8) ».

Non fa quindi meraviglia che Gregorio abbia dovuto continuamente contrapporsi alla visione più ottimistica e maggiormente rispettosa della ibertà dell'uomo, propugnata dai Maestri Francescani Pietro Aureoli (''1322) e Giovanni Duns Scoto (f 1308), che egli impugna quasi tendessero, specialmente l'Aureoli, a ridurre la maestà e la sovrana libertà di Dio, in quanto permettevano all'uomo di cooperare alla propria salvezza. La uà posizione è chiara: l'uomo non ha parte alcuna nella determinazione della volontà salvifica di Dio (In I Sent dist 40 et 41 q 1 a 2, 326,17-19).