Peperoni Salvatore ,
Recensione: AA.VV., Il Codice del Vaticano II - Il matrimonio canonico ,
in
Antonianum, 60/2-3 (1985) p. 534-535
.
E', come si vede dal titolo un lavoro in collaborazione, al quale hanno posto mano giuristi valorosi: due insigni Uditori rotali J.M. Serrano Ruiz e F.M. Pompedda, Sua Ecc.za Z. Ghrocholewski, docenti come F.J. Castano e P.A. Bonnet.
Materia è la completa esposizione della legislazione canonica nuova riguardante il matrimonio.
A seconda delle varie collaborazioni, si avverte talora un tono un po' enfatico, che mi sembra esagerato. Citerei in particolar modo la introduzione scritta da Alfonso Longhitano. Sembrerebbe che con il nuovo Codice e con il Concilio Ecumenico Vaticano II si siano prodotti coeli novi et terra nova. E' un po' l'euforia del tempo nel quale il libro compare e che ha già prodotto sufficientemente demagogia, espressasi in infiniti fenomeni che il Pontefice regnante, cerca con tutta la sua saggezza di ridurre, ai limiti della realtà ecclesiale che è ancora quella fondata dà Cristo.
Sollecitato come ero da questa osservazione, con vivo interesse ho notato, come in altre collaborazioni, pur riconosdendo l'incontrovertibile rinnovamento del nuovo Codice, si è sottolineato come in nuce ciò era contenuto anche nel vecchio Codice. Serrano Ruiz: « Del resto non si può dire che gli elementi dottrinali ora messi in risalto non fossero1 presenti nella legislazione anteriore; la verità è che, appartenendo essi all'essenza del matrimonio ed essendo questo un istituto naturale sempre in vigore, la novità consiste più che altro nella presentazione più esplicita e nel chiaro riconoscimento dell'importanza anche giuridica di certi elementi » (p. 35, e poi: nota 53; p. 36, nota 55, ecc.).
Naturalmente, essendo il matrimonio una realtà quanto mai complessa è impossibile pretendere che stia comoda dentro gli schemi giuridici. Di qui anche il nuovo Codice in certi punti non poteva che richiamarsi a certi principii teologico-pastorali, che difficilmente sono esprimibili in termini cogenti, come sono quelli giuridici. Di qui due capitoli necessariamente fiaechetti: « La cura pastorale e gli atti da premettere alla celebrazione del matrimonio » (p. 79ss.) dove i testi citati sono più i documenti della Conferenza Episcopale e del Concilio, che non i canoni del Codice. E poi anche: « Gli effetti del matrimonio canonico: stato coniugale canonico e sue vicende » (p. 257ss.). Dove si utilizzano i rinvìi del Codice ai principi teologici (sempre di difficile attuazione) ma in sostanza non si riesce per natura di cose ad essere particolarmente incisivi.
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