Mariani Eliodoro ,
Recensione: AA.VV., Progetto scientifico e speranza religiosa, a cura di G. Santinello ,
in
Antonianum, 60/2-3 (1985) p. 536-538
.
Il volume è il risultato dei contributi di sedici collaboratori al XXVIII Convegno dei Ricercatori di Filosofia tenutosi a Padova dall'8 a! 10 settembre 1983, ed è stato curato da Giovanni Santinello del Centro di studi filosofici di Gallarate. Esso si inserisce nell'ormai lunga e meritatamente riconosciuta azione promozionale del movimento gallaratese, che ci rimanda al caro ricordo del compianto p. Carlo Giacon SJ., anche se, in questo caso, il convegno si è svolto al di fuori della prestigiosa sede dell'Aloisianum.
Non possiamo non rilevare subito una felice coincidenza, e cioè che il tema della Speranza era stato già oggetto di un Congresso promosso dal Pontificio Ateneo « Antonianum » di Roma dal 30 maggio al 2 giugno 1982, cioè poco più che un anno prima del Convegno padovano, e che gli Atti furono pubblicati in coedizione da « La Scuola » di Brescia e « Antonianum » di Roma nel 1984, in due volumi, di cui il primo è dedicato a studi filosofici e pedagogici, il secondo a saggi biblico-teologici e al pensiero francescano, specialmente spirituale. La coincidenza della scelta tematica e cronologica, ovviamente casuale, ci sembra degna di nota anche perché risponde in qualche modo all'esigenza del curatore del volume, Santinello, il quale, nella presentazione, osserva che il libro che porta il titolo « Progetto scientifico e speranza religiosa », svolgentesi su una impostazione del Convegno affidata a un filosofo della scienza come Evandro Agazzi (Progetto scientifico e speranza religiosa) e a un biologo come Giuseppe Sermonti, pur sensibile agli aspetti filosofici delle teorie scientifiche [Angoscia e simbolo nella scienza), potrebbe essere senza speranza, perché non c'è la presentazione di questo aspetto del tema che si sarebbe dovuto affidare a un esperto di religione. Gli Atti del Congresso dell'Antonianum toccano appunto questo aspetto del problema, mentre quelli del Convegno Padovano affrontano con rigore, da vari punti di vista, il rapporto tra scienza e speranza religiosa, con qualche inevitabile ripetizione (Agazzi, Brena, Piaia, Schoepflin) ma con particolare rispetto del momento scientifico, proprio per esigenze metodologiche. La ricca problematica che il tema offre (« contrapporre, distinguere, interferire, unire, identificare » i due termini di scienza e speranza) non impedisce ai vari relatori di offrire una risposta univoca sulla legittimità della dimensione religiosa e quindi della salvezza che la religione sola è in grado di dare all'uomo e che la scienza, nell'angoscia dei suoi limiti, significa » o « simboleggia » secondo la suggestiva proposta di Sermonti, E' probabilmente eccessivo legittimare la speranza con l'ottimismo scientifico di un Teilhard de Chardin (come nel contributo del Baldo, pp. 71-79, leggermente acritico) ma non lo è più se si riconoscono i limiti inevitabili e insuperabili e anche la provvisorietà dei risultati scientifici. Questa consapevolezza rende ormai anacronistici i contrasti pregiudiziali i scienza e fede (ne tratta Paolo Nepi alle pp. 200-202, rifacendosi all'Agazzi) e anzi consente di comprendere quanto ampio possa essere il dialogo tra loro da due posizioni distinte. « Una fede intensa e proiettata sul terreno dell'impegno — scrive lo Schoepflin — è una fede che dialoga, che non disconosce la mediazione culturale, che non rifiuta l'incontro col progresso tecnico-scientifico, senza per questo perdere la sua potenzialità contestativa del meramente terrestre, senza rinunciare al suo ruolo di stella rectrix, alla sua inesauribile novità, alla sua profetica capacità di giudizio » (p. 237).
Il volume non manca di aperture generose, ad es. verso avventure di pensiero che non possono, a rigore, dirsi cristiane o religiose in senso stretto, come quelle dell'ebreo goriziano Carlo Michelstaedter, il « nihilista assetato di Dio » come scrisse la Raschini, o di Albert Einstein, che viene presentato in un contributo ricco di notizie da Gilberto Campana, dal quale risulta che, per il più grande scienziato del nostro secolo, la scienza « o è al servizio dell'uomo o non è nulla »; e che lo scienziato « non può ignorare l'imperativo morale » né essere « senza una fede profonda »: testimonianze in ogni caso preziose, anche se non esplicitamente rivolte alla speranza « che salva » e che proviene dalla fede in un Salvatore. Tuttavia esse ne indicano le condizioni, e quasi le premesse psicologiche: in ogni caso sono sufficienti a sgombrare il campo da coloro che interpretano il mondo come « un caso » (Monod) o la vita dell'uomo come «inutile passione» (Sartre). La scienza cerca il senso del mondo entro i limiti dell'esperienza; la speranza religiosa li trascende senza togliere valore al progetto scientifico.
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