La dimestichezza acquistata dall'A. nel campo degli studi deuteronomi-co-deuteronomistici per il suo commentario Deuteronomy (New Century Bible Commentary), ha permesso questo studio sintetico sulla problematica.
Finora sono proliferati per lo più studi parziali che impostano il problema della cosiddetta storia deuteronomistica (= dtr) solo a partire da una pericope o da una sezione. Il lavoro in questione, invece, cerca di fare il punto su tutta quella vasta opera storico-teologica che comincia col Deuteronomio ( = Dt) e termina con 2Re.
Il merito dell'A. sta proprio in questo, nell'aver saputo assumere, sintetizzare e presentare in forma personale gli orientamenti attuali sulla problematica, a cominciare dalla svolta decisiva inferta alla ricerca dalla teoria di M. Noth (1943). L'esegeta tedesco aveva tagliato la questione circa il modo e la quantità dell'estensione delle fonti pentateucali nei libri biblici susseguenti (Dt, ecc.), ipotizzando per Dt - 2Re un'unica redazione, un grande affresco storico-teologico creato da una mente geniale nel periodo esilico (dopo il 587 a.C). Come avviene sempre di fronte a una grande svolta scientifica, gli studi successivi hanno ruotato tutti attorno ad essa, sia per sostenerla che per modificarla, anche radicalmente.
Dopo quasi 50 anni dall'edizione della suddetta teoria, pur non mancando ancora validi sostentori, tuttavia, non meno validi studi hanno trovata inadeguata la teoria unitaria del Noth. Autori come F.M. Cross e R.D. Nelson hanno mostrato la consistenza non frammentaria di più redazioni dell'opera dtr.
E' la posizione dell'A., il quale afferma, dimostrandolo, che l'opera conta due redazioni. La prima è quella di uno storico dtr che, pur adoperando materiale preesistente, ha saputo comporre una storia che, ruotando attorno alla profezia dinastica di Natan (2Sam 7) rivolta a David, novello Mosè, trova il suo culmine nel regno del pio re Giosia (640-609 a.C). E' la cosiddetta redazione giosiana, che, quindi, dovrebbe essere stata composta in Palestina.
La seconda redazione, invece, è quella dell'editore dtr.
Questi, di tendenza fortemente antimonarchica, ha ripreso la precedente storia, intervenendo sia nella cornice della nuova redazione che nei contenuti, per portarla fino al suo triste periodo, quello esilico. L'esilio è la conseguenza della rottura peccaminosa del patto sinaitico, rottura perpetrata da una monarchia fallimentare.
E' dubbio se questa seconda redazione sia stata compiuta in Palestina o a Babilonia.
Nel testo attuale è riscontrabile un intervento postdeuteronomistico che dovrebbe avere a che fare con elaborazioni sacerdotali, quelle all'opera nel pentateuco o tetrateuco.
E' qui che s'innestano quel problema e quell'esigenza, esposti dal M. in un importante paragrafo della conclusione (pp. 139-149), circa lo studio delle possibili relazioni tra l'opera dtr e il pentateuco. A detta del M., e noi ci sentiamo di condividerne la posizione, un redattore finale deve aver sistemato la Torà e l'opera dtr, in modo da costituire un quadro unitario, nel quale la Torà farebbe da introduzione alla storia dtr (p. 141). La nostra condivisione, però, non si estende fino a questa visione riduttiva del ruolo del pentateuco. Ad ogni modo, gli studi esegetici dovrebbero svilupparsi in futuro in questo ambito: il lavoro delle ultime redazioni.
Se ne sente il bisogno.