Nobile Marco ,
Recensione: GIANFRANCO RAVASI, Giobbe, 2a edizione,
in
Antonianum, 59/3-4 (1984) p. 660-661
.
Dopo la prima edizione di questo commentario nel 1979, se ne è resa necessaria una seconda. Certamente non solo per motivi tecnici, anche se la presente edizione li ha tenuti davanti, come mostrano l'aggiornamento bibliografico, anche all'interno del libro, e l'appendice finale « Giobbe ancora vivo » (pp. 837-844), dove il R., coerente col suo taglio metodologico, fa qualcosa che è un agiornamento e insieme una sintesi finale della modernità del messaggio di Giobbe.
Ma, come si diceva, non è certo l'aspetto tecnico soltanto che ha richiesto una nuova edizione, quanto, a nostro parere, il valore del commentario, che si presenta con caratteristiche originali e da imitare nell'ambito degli studi biblici italiani e non.
L'originalità del R. non sta nei contenuti del suo lavoro, che non sembrano aggiungere molto all'esegesi corrente del libro; essa sta piuttosto nella metodologia seguita, che insuffla vivacità e ampiezza di spessore culturale in un « genere letterario » qual è il commentario biblico, normalmente grigio e iniziatico, quando non « clericale ». E' vero che Giobbe sì è sempre prestato e sempre si presterà all'ammirazione estetica e alla riflessione filosofico-teologica di persone di ogni fede, per cui, si potrebbe osservare, il R. ha avuto buon gioco nel servirsi per il suo commentario di tanto materiale. Tuttavia, lo stile metodologico da lui rivelato, se applicato con spigliatezza, non staccata naturalmente da rigorosità, ad altri libri biblici, può ottenere degli eccellenti risultati, soprattutto nel dialogo con la cultura moderna. E' ad essa, infatti, che il R. sembra rivolgersi nel suo lavoro, che ad una traduzione scorrevole e moderna, pur nella disperante difficoltà del testo originale ebraico, premette una sostanziosa introduzione di ben 274 pagine. Possiamo dire che essa è un vero e proprio trattato, suddiviso in tre parti.
Nella prima si studia il Poema alla luce delle coordinate letterarie: è un lavoro di stretta tecnica esegetica che cerca di restituire il percorso genetico dell'opera, non di un solo getto (VI-IV sec. a.C), e di definirne il genere letterario, rivelantesi piuttosto come un « arcobaleno letterario » (p. 39).
Nella seconda parte, la più densa e profonda, il R. analizza le coordinate teologiche del Libro: è un'indagine a fondo sul mistero di Dio, dell'uomo e del dolore, così come emerge dall'opera. La terza ed ultima parte, invece, intitolata la « Tradizione-Giobbe » (titolo non proprio bello, in verità), è la più erudita. Si spazia da una comparazione sincronica col mondo sapienziale nel quale ha trovato origine Giobbe, ad una rassegna diacronica dell'influssi del Libro sui Padri della Chiesa, l'Islam, il pensiero contemporaneo, il teatro e l'arte.
Com'è evidente, è arduo commentare questo studio nei dettagli, anche se la mole tipografica è umile, pur nella sua eleganza.
Rimane la voglia di tenerlo come compagno di studio e di meditazione di un'opera che è tra le più alte che lo spirito umano abbia mai concepito.
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