Herman Z.I. ,
Recensione: P. GRECH-G. SEGALLA, Metodologia per uno studio della teologia del Nuovo Testamento,
in
Antonianum, 54/2-3 (1979) p. 531-535
.
Siamo lieti di poter presentare un lavoro che si mostrerà utilissimo per uno studio metodologico della teologia neotestamentaria, l'unico, a nostro avviso, di questo genere sul mercato esegetico, e non solo italiano. L'opera di Grech-Segalla colma una lacuna molto sentita, soprattutto tra quelli che stanno per iniziare lo studio esegetico. Anche gli addetti al lavoro, però, ne trarranno proficuo interesse.
Precisiamo subito che non si tratta di una semplice sintesi; il nostro libro si propone anzitutto di essere il manuductor a chi vuole scientificamente, con una metodologia appropriata, penetrare i molteplici problemi della teologia neotestamentaria. Lo studio è nato infatti da lezioni di metodologia biblica, tenute da Prosper Grech al Pontificio Istituto Biblico. Gli autori così sintetizzano lo scopo di tanta fatica: « Il presente lavoro non ha la pretesa di esaminare la metodologia teologica, che includerebbe lo studio dei padri, dei concili, ecc.; né di esporre una metodologia esegetica con lo studio della critica testuale, filologica, morfologica, ecc.; e nemmeno intende trattare i contenuti della teologia biblica. Vogliamo solo presentare quella metodologia, che si dovrebbe seguire, se vogliamo scrivere, recensire o anche semplicemente leggere una teologia biblica del NT... Potrebbe risultare utile per la compilazione di una tesi o di una esercitazione in teologia biblica del NT, che non sia criticabile dal punto di vista metodologico» (p. 5). Insomma, una mano amica allo studioso del NT. Ma non solo questo; gli autori sono riusciti, discutendo i temi particolari e scorrendo criticamente gli studi recenti (fino al 1977), a dare anche uno sguardo d'insieme sulla complessa problematica della teologia neotestamentaria e, in un certo senso, a presentare lo status quaestionis della ricerca attuale che si muove su un terreno molto delicato e scivoloso.
Il libro è diviso in quattordici capitoli. Il primo (pp. 7-13) indaga sullo sviluppo della teologia del NT dalla magna charta di Gabler nel 1787 fino all'ultima teologia neotestamentaria di L. Goppelt (1976). Viene sottolineato con ragione « un forte elemento soggettivo nella composizione di una teologia del NT... imponendo uno schema aprioristico al materiale raccolto secondo la moda prevalente: filosofica, critica o teologica » (pp. 11-12). Gli autori si domandano «come si può fare per avvicinarsi il più possibile ad un punto di vista oggettivo » nello stilare una teologia del NT e si augurano che la loro metodologia possa offrire « una possibile risposta» (p. 12). L'auspicio si è avverato. - Nel secondo capitolo (pp. 15-21) viene suscitato il problema dell'unità della teologia del NT: si può parlare di teologie o di una teologia del NT? E' noto che uno dei dogmi della scuola bultmanniana è proprio una certa « pluralità conflittuale di teologie nel canone del NT » (p. 15). Secondo Kàsemann, questa pluralità anziché fondare l'unità della dottrina neotestamentaria, giustifica la pluralità delle confessioni cristiane. Vengono esaminate poi le posizioni di Braun, Stock, Dunn i quali, ciascuno a suo modo, cercano di individuare il canone dentro il canone, cioè il criterio interno, una costante dottrinale nel NT. Grech-Segalla, a loro volta, sostengono sì la diversità dottrinale nel NT, ma non una diversità contraddittoria: « una confessione completava e spiegava l'altra, non la contraddiceva. In questo senso il canone è pluralistico, ma unitario e la cristologia non è per niente una variante, ma l'unica costante essenziale» (p. 17). - Il terzo capitolo (pp. 23-46) è dedicato agli studi dello sfondo culturale del NT: il giudaismo (il rabbinismo, la letteratura apocrifa, Qumran, i targumim, il giudaismo ellenistico), il mondo ellenistico pagano, gnosi e gnosticismo, il giudeocri-stianesimo. Con mano sicura gli autori ci mostrano i sentieri ormai percorsi da una ricerca in pieno svolgimento. E' uno dei capitoli meglio riusciti. Il problema dei LXX avrebbe meritato, però, più di due righe (p. 35). - La reinterpretazione dell'AT nel Nuovo è discussa nel quarto capitolo (pp. 47-61). Dagli studenti saranno gradite specialmente le pagine che pongono i criteri per uno studio dell'uso dell'AT nel Nuovo (56-61), dove su alcuni esempi viene mostrato il metodo diacronico e quello sincronico. - Le pagine seguenti (pp. 63-66) esaminano l'uso dei dizionari biblici; è accettata la messa in guardia di Barr (precisata con un contributo positivo di J. Van Nuland) sul metodo di alcuni dizionari, specie quello di Kittel. La discussione si conclude con alcuni accenni pertinenti sul metodo strutturalista, che pian piano si fa strada nel campo esegetico. - Nel capitolo sesto ci si interroga se è possibile o meno rielaborare una «teologia di Gesù» (pp. 66-72). Gli autori sottolineano in questo senso alcuni criteri per individuare gli autentici logia di Gesù (p. 69), affermando che « l'atteggiamento più ragionevole da prendere sarà quello di considerare sostanzialmente autentici i detti riportati, eccettuati quei casi dove è chiara la mano redazionale... » (p. 70). In seguito vengono discussi, sempre in forma di note metodologiche, i problemi riguardanti il concetto del Regno di Dio, delle parabole di Gesù, della sua coscienza messianica, della storicità della risurrezione di Gesù. - La teologia dei sinottici è studiata nel settimo capitolo (pp. 73-80). L'attenzione speciale è dedicata allo studio redazionale (la scelta del materiale, la strutturazione, la cornice), a quello sinottico (correzioni stilistiche, omissioni, trasposizioni, aggiunte, abbreviazioni, sommari) e allo studio del genere letterario « vangelo ». - Vengono presentati poi i problemi principali di uno studio metodologico della teologia paolina: le fonti (non si tiene conto degli Atti, perché « i discorsi paolini contenuti negli Atti sono composizioni lucane. Anche se mantengono e contengono elementi di predicazione paolina sarebbe metodologicamente sbagliato usarli come fonte della teologia paolina », p. 83; è accettata invece l'autenticità di Col, Ef [in senso largo] e di 2 Ts), gli avversari di Paolo, l'ambiente della sua attività, il suo uso dell'AT e le relazioni con la chiesa primitiva. Infine si danno alcuni suggerimenti sul come costruire una teologia paolina: alia base di tutto deve esservi « un'esegesi che non spiega solamente ciò che è esplicito, ma che esplicita anche ciò che si dice fra le righe » e a titolo d'esempio vengono nominati i tre volumi di K. Priimm sulla teologia della 2 Cor (p. 96). - La metodologia per lo studio della teologia di Giovanni, scritta per intero da G. Segalla, viene discussa dettagliatamente nel capitolo nono (pp. 99-128): i problemi dell'ambiente giovanneo (si suppone Efeso come il luogo di composizione, anche se « gli influssi più determinanti sul vocabolario e sui temi teologici provengono dall'ambiente palestinese », p. 104), tradizione e redazione, cristologia e pneumatologia, ecclesiologia e sacramentalismo, morale ed escatologia. - Ai problemi di un approccio metodologico della cristologia neotestamentaria è dedicato il decimo capitolo (pp. 129-137). Dato che la questione fu già ampiamente trattata da H.R. Balz, gli autori si accontentano di esporre i suoi risultati complementandoli con i lavori più recenti. Vengono presentati, con qualche riflessione critica, i rappresentanti principali di quattro metodi fin'ora usati neh'esporre sistematicamente una cristologia del NT: il metodo della cristologia implicita (W. Marxen, J. Jeremias, E. Trocmé), quello dei titoli cristologici (V. Taylor, O. Cullmann, F. Hahn, W. Kramer, E. Schwei-zer, L. Sabourin), quello della storia della fede (R.H. Fuller) e infine il metodo che esamina la cristologia di ogni autore (R. Schnackenburg nel « Mysterium salutis »). Una bibliografia particolarmente abbondante conclude il capitolo. - La metodologia per lo studio dell''ecclesiologia del NT (cap. XI) avrebbe meritato più delle tre pagine che le sono state riservate (pp. 139-141). Nell'ambito di questo capitolo è stato discusso anche il problema dell'eucaristia (p. 141): la bibliografia dovrebbe essere aggiornata con il recente importante studio di R. Pesch, Das Abendmahl una lesa Todesverstàndnis (Quest. disp. 80), Freiburg 1978. - La metodologia dell'etica dell'NT è stata presentata diffusamente nel cap. XII (pp. 143-161). Sono discusse criticamente quattro maniere di studiare l'etica del NT: l'etica escatologica (H. Preisker, H.D. Wendland, . Schnackenburg, A. Dihle), l'etica attuale (L.H. Marshall, J.L. Houlden, J.T. Sanders), l'etica per temi (K.H. Schelkle, C. Spicq) e l'etica per modelli di tensione (E. Osborn). Ci sembra poco fondata e troppo combattiva la critica rivolta alla Theo-logie morale du NT dello Spicq che da anni dominava questo campo nella esegesi cattolica. - L'escatologia neotestamentaria (cap. XIII, pp. 163-171) conclude la rassegna. Sono esaminati i quattro filoni dell'escatologia dell'AT e i modelli giudaici (filone del giudizio di Dio nella storia, il filone messianico, l'escatologia giudaica ed escatologia cristiana, l'mminenza della fine in senso profetico e l'apocalittica del NT. - Infine (cap. XIV) sono discussi problemi suscitati dalla cosiddetta ermeneutica esistenziale. E' presentato il suo iter storico dallo Schleiermacher fino a Heidegger e Bultmann. Viene esposto poi l'ulteriore sviluppo ermeneutico portato avanti anzitutto da Fuchs e Ebeling, denominato come « la nuova ermeneutica », e le sue ripercussioni sulla teologia in genere.
Come si vede, il lavoro di Grech-Segalla abbraccia un vastissimo arco e tocca praticamente quasi tutti problemi della teologia neotestamentaria. Avremmo sperato, però, che un capitolo a parte fosse stato dedicato alla soteriologia del NT, dato che essa assume nella ricerca recente sempre di più una fisionomia propria e non possiamo più accontentarci di riservarle un angolino nell'ambito della cristologia, escatologia o etica. L'opinione di Bultmann: « die... Christologie ist zugleich Soteriologie » (Theologie des NT, p. 192) è vera sul piano teologico solo fino a un certo punto, e non è vera per niente quando si tratta di metodologia. Perciò, un libro come questo di Grech-Segalla, che si propone di essere la guida metodologica per uno studio della teologia neotestamentaria, avrebbe dovuto tenerne conto. Ci sia permessa un'altra osservazione: malgrado l'avvertenza degli autori (cf. p. 6), il libro risente troppo dello stile orale delle lezioni da cui è nato e, di conseguenza, certe ripetizioni secondarie, abbastanza frequenti, affievoliscono il rigore della discussione. Si riscontrano inoltre molti errori di stampa (soprattutto quanto a nomi stranieri), per es. p. 65, riga 13 al posto di « Dio che » dovrebbe stare evidentemente « Dato che». Infine, un indice degli autori, numerosissimi dato il carattere del lavoro, sarebbe molto auspicabile.
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