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Recensione: BONI A., Sacralità del celibato sacerdotale

 
 
 
Foto Mercatali Andrea , Recensione: BONI A., Sacralità del celibato sacerdotale, in Antonianum, 54/4 (1979) p. 758-761 .

Lo scopo del libro, nato attraverso un periodo piuttosto lungo di ricerca e di riflessione, è quello di proporre un discorso completamente nuovo sulla tematica del celibato sacerdotale. L'A., professore al Pontificio Ateneo Antonianum di Roma, non è nuovo a studi di critica storica, spe­cialmente per quanto riguarda la problematica della vita consacrata. E' stato proprio esplorando questo settore che si è reso conto come, tanto l'impegno della vita consacrata in genere, quanto l'impegno del celibato sacerdotale in particolare, abbiano in comune un medesimo substrato biblico, teologico ed ecclesiale.

Questa constatazione ha consentito all'A. di rilevare come troppo spesso, sul celibato sacerdotale, si siano fatti molti discorsi all'insegna dell'emotività, senza una adeguata conoscenza del problema nella sua realtà teologica e storica. A parte il fatto che A. Boni non è solo ad ammettere che un problema così scottante non sia mai stato trattato con la serietà che merita, sono state proprio queste « sfasature » di moda a indurlo ad operare una revisione globale del tema a livello biblico, teolo­gico e giuridico. E' questo l'aspetto più caratterizzante della ricerca. Infatti, contrariamente a quanto si pensa, l'A. nega che il celibato sacer­dotale sia un'imposizione data ai suoi sacerdoti dalla Chiesa, e sulla scorta dei testi biblici, particolarmente del Levitico (cap. 21) e della 1 Timoteo (cap. 5), dimostra come, al contrario, il celibato sacerdotale sia la logica conseguenza di una maturazione spirituale a cui l'uomo, chiamato da Dio, perviene come esigenza della propria realizzazione di consacrato al culto di Dio e al servizio dei fratelli. In altre parole, l'A., leggendo in una nuova ottica le fonti bibliche, patristiche e giuridiche, dimostra che la Chiesa non ha mai imposto la legge del celibato sacerdotale, ma ha concesso il sacerdozio a coloro che, spiritualmente maturi, si consacravano a Dio come esigenza della realizzazione della propria personalità.

Il « nuovo » quindi dello studio è esattamente questo: il celibato non è oggetto di legislazione, ma emerge da un'esigenza da parte di Dio e da parte dell'uomo, in un rapporto di identificazione personale con Cristo sacerdote.

Se uno volesse ricercare nelle 300 pagine del libro, l'aspetto più quali­ficante di questa ricerca sulla « sacralità del celibato sacerdotale » mi sembra di poter affermare che è proprio questa apertura dell'impegno del celibato sacerdotale verso l'area della vita consacrata. D'altra parte, le conclusioni cui perviene l'A. mi sembrano pertinenti poiché, a ben riflet­tere, tanto l'impegno della vita consacrata che l'impegno del celibato sacerdotale, fanno capo ad una alleanza, ad un patto contratto con Cristo di consacrare « corde indiviso » la propria vita al culto di Dio e al servizio dei propri fratelli. Al di sopra di ogni deduzione che si espliciti a livello dell'impegno dei voti o delle promesse, in ogni persona consacrata c'è la volontà di contrarre un patto di conformazione della propria vita con la vita casta, povera, obbediente e sacerdotale di Cristo.

A proposito del celibato sacerdotale, conviene chiarire un problema che, nato in una particolare contingenza storica, ha avuto conseguenze tali da interessare la sua evoluzione culturale per più secoli. Mi riferisco alla dottrina di San Tomaso sul concetto di « professione religiosa » e di « stato di perfezione » e delle implicazioni che questi concetti hanno con il celibato sacerdotale. Per quanto ho potuto capire nelle pagine del P. Boni, San Tomaso avverte di trovarsi davanti a una posizione contraddittoria tra il filone dottrinale dei Padri (Gerolamo, Agostino, Basilio, Cri­sostomo, ecc.) e la dottrina dello Pseudo Dionigi, ma nella convinzione che lo Pseudo Dionigi fosse veramente portatore di un insegnamento apostolico perché del tempo degli Apostoli, opta per lo Pseudo Dionigi; e così è successo che la dottrina di questo autore del V-VI secolo, sotto la copertura di San Tommaso, ha tenuto cattedra fino ai nostri giorni. Chi desidera un'idea più precisa delle due diverse posizioni dottrinali, quella dei grandi Padri della Chiesa e quella dello Pseudo Dionigi il quale si proclama falsamente assertore e trasmettitore di un insegnamento apo­stolico (Padre Apostolico), seguita in buona fede da San Tommaso, veda sopratutto le pagine 215, 245-248.

Il libro si articola in dieci capitoli, che mi sembrano organicamente rapportati tra loro.

Il capitolo primo può considerarsi una introduzione generale al pro­blema: 77 celibato sacerdotale come esigenza di Dio e come esigenza del­l'uomo. Il secondo tratta delle Motivazioni bibliche del celibato sacerdotale e il terzo cerca di verificare l'interpretazione dei testi biblici alla luce della riflessione teologica dei Padri. A questo punto della ricerca ci si rende conto che il celibato è essenzialmente una scelta operata dall'uomo nel suo impegno di risposta alle attese di Dio. Di qui il contenuto del capitolo quarto: Obbligo del celibato sacerdotale: sua origine e qualifica­zione giuridica. Parallelamente al discorso del capitolo quarto, per chia­rire maggiormente i contenuti dell'obbligo del celibato sacerdotale, l'A., nel capitolo quinto, passa a trattare dell'Obbligo della continenza sacer­dotale (sacerdoti uxorati): sua origine e qualificazione giuridica: è questa una distinzione fondamentale, operata per la prima volta dall'A., per la comprensione di questo problema.

Le conclusioni di questa indagine sono riportate nel capitolo sesto: Irreversibilità a-matrimoniale del sacerdozio: sua origine e qualificazione giuridica. E' qui dove troviamo in sintesi il « nuovo » del libro: non è la Chiesa che pone al sacerdote l'irreversibilità a-matrimoniale del sacerdo­zio; la fedeltà a questo impegno promana direttamente dal « patto » che il sacerdote volontariamente e consapevolmente si assume con Cristo il giorno della sua ordinazione.

Nel lavoro non poteva mancare un capitolo sulla contestazione antica e moderna del celibato sacerdotale. L'A. assume una posizione chiara e netta con una impostazione dottrinale del problema saldamente ancorata ai dati biblici e alla riflessione teologica dei Padri.

Il capitolo ottavo, dal titolo Sacralità consacrante del celibato sa­cerdotale intende, appunto, dimostrare il potere consacrante della scelta celibataria, la quale, a prescindere dall'Ordine sacro ricevuto, fa del sacerdote un uomo totalmente consacrato in Cristo al culto e al servizio di Dio e, di conseguenza, alla promozione e al servizio dell'uomo.

Il tema viene ripreso nel capitolo decimo, dove l'A., dopo aver posto le premesse di un discorso documentato nelle fonti del diritto, considera la vita celibataria sacerdotale come vita consacrata a Dio nella castità, nella povertà e nell'obbedienza, rivendicando ai sacerdoti celi­batari un proprio spazio nell'ambito dello stato di perfezione e nella sacralità di vita di tutti coloro che contraggono un'alleanza con Cristo di consacrarsi interamente e per sempre al culto e al servizio di Dio.

Il capitolo nono tratta della Dispensa dal celibato sacerdotale, la quale viene intesa come provvedimento estremamente grave e straordi­nario, da parte della Chiesa per venire incontro alla debolezza di chi non ha saputo o potuto rimanere nella fedeltà al patto contratto con Cristo.

Quanto l'A. vi dice trova riscontro nell'ultimo pronunciamento sul problema da parte del magistero di Giovanni Paolo II che, nei momenti di crisi, esorta i sacerdoti alla preghiera e alla riflessione, rifiutando categoricamente l'idea che si debba ricorrere alla dispensa come ad un fatto di ordinaria amministrazione.

Nella conclusione P. Boni afferma che il suo lavoro incontrerà certa­mente « più critiche che consensi, tanto da destra che da sinistra », ma che nessuno potrà negare la sua scrupolosa fedeltà, tanto alla lettera che allo spirito delle fonti (p. 287). Sono convinto che sarà proprio questa rilettura approfondita delle fonti, compiuta dall'A., che aprirà nuovi orizzonti nella comprensione del celibato sacerdotale, ponendolo nella Chiesa di Cristo come elemento di comunione a cui dovranno guardare, in spirito di carità ecumenica, tutti coloro che sotto le diverse denomina­zioni cristiane, guardano al sacerdozio di Cristo, rinnovato nel tempo dai suoi sacerdoti, come alla suprema speranza della salvezza. Nella nuova ottica aperta dall'A. sul celibato sacerdotale, si apre al sacerdote una nuova impostazione di vita che, se accettata, lo porterà ad una piena con­formazione con Cristo sacerdote, casto, povero e obbediente.

In questa prospettiva, mi auguro che si compia il voto dell'A.: « Faccia il buon Dio che questo nostro lavoro serva a qualcuno, prima ancora che a qualcosa » (p. 292).