Il testo raccoglie quattro saggi che l'autrice considera come preparatori di un più vasto ed approfondito studio sulla fisiognomica medievale. Attraverso tali apporti Agrimi si propone di individuare le linee fondamentali dello sviluppo della fisiognomica, attraverso i contributi offerti dai diversi autori, a partire dalle sue matrici greco-arabe, passando attraverso l'acquisizione da parte del pensiero occidentale, fino all'inizio dell'età moderna, con un'attenzione particolare rivolta agli apporti della filosofia e della religione.
Il primo saggio, Fisiognomica e «scolastica», si concentra sul contributo fondamentale che il medioevo ha offerto alla fisiognomica, dal momento che, proprio a partire del XIII sec, la filosofia ha iniziato a discutere istituzionalmente lo statuto epistemologico della disciplina. Il saggio si pone l'obiettivo di dimostrare fino a che punto la fisiognomica elaborata dal pensiero medievale sia riuscita a costituirsi come scienza autonoma, in particolare rispetto all'ambito religioso.
Viene subito posta in evidenza la diffidenza del pensiero scolastico nei confronti di questa forma di sapere, al punto che essa risulta assente dalle più importanti classificazioni filosofiche del XII sec. Anche nel XIII sec, in cui fanno la loro comparsa i testi fondamentali della fisiognomica greco-araba - quali il Liber ad Almansorem di Rasis, il Secretum secretorum, il Liber phi-sionomie di Michele Scoto - la disciplina si inserisce con difficoltà all'interno del sistema filosofico-scientifico, poiché continua ad essere vista dalla cultura ufficiale come strettamente connessa all'astrologia ed alle arti divinatorie.
E Michele Scoto, nel Liber Introductorius, a dimostrare la piena legittimità della fisiognomica, in quanto connessa alla scienza degli astri ed alla scienza meteorologica. Lo Speculum astronomiae di Alberto Magno contribuisce ulteriormente a depurare la disciplina da ogni commistione con la divinazione e la magia, nonché a favorirne l'istituzionalizzazione, attuando uno spostamento di prospettiva verso l'indagine naturalistica, sulla base dell'aristotelica Historia animalium, considerata alla stregua di un vero e proprio trattato di fisiognomica e consentendo, in questo modo, un accostamento alla fisiognomica da parte della cultura scolastica. Sempre in riferimento ad Aristotele e tenendo conto di una lunga tradizione di studi sviluppata a Parigi, è però Giovanni di Jandun a sancire la piena autonomia della fisiognomica. Un secondo modello di integrazione della disciplina nella cultura scolastica è quello offerto da Pietro d'Abano, il quale, rifacendosi a Scoto ed allo Speculum astronomiae, mira ad istituzionalizzare la fisiognomica, tentando un'armonizzazione delle sue diverse componenti naturalistiche, mediche, astrologiche e divinatorie, così come erano state trasmesse dal mondo greco-arabo.
L'autrice sottolinea come la correlazione tra le qualità interiori e le disposizioni del corpo che caratterizza la fisiognomica sia non solo di tipo biologico, ma anche ontologico, a sancire un'unione profonda della disciplina non solo con la scienza, ma anche con la filosofia. Tuttavia, Agrimi mette in evidenza come i rapporti tra l'anima ed il corpo non siano sempre riconosciuti quali univoci, continui ed omogenei, come testimoniato da Scoto stesso nel suo Liberphisionomie.
Il secondo saggio, Fisiognomica tra tradizione naturalistica e sapere medico nei secoli XII-XII con particolare riguardo alla scuola di Salerno, approfondisce ulteriormente la duplice anima che caratterizza la fisiognomica: quella legata alla spiegazione scientifica e quella connessa alla fisionomia quale visione simbolica ed intuizione dell'essenza delle cose. Se, infatti, nei primi secoli del XIV sec. la disciplina è entrata ormai a pieno titolo nell'ambito della physica, della philosophia e della scientìa naturalis, nel corso del XIII sec. il processo è ben più complesso e deve fare i conti con problematiche di ordine teologico ed antropologico. Ed è proprio l'esigenza di fondare una nuova antropologia a condurre gli ambienti naturalistici e medici di Salerno a riconoscere un rapporto di implicazione reciproca tra corpo e anima, in una visione unitaria della persona. Il primo testo fisiognomico ad essere riscoperto nel XII sec. è la Physiognomo-nia dell'Anonyme Latin, il quale sancisce la rinascita della disciplina in Occidente. L'autrice prosegue con una breve analisi degli altri testi fondamentali che hanno contribuito allo sviluppo della fisiognomica medievale, soprattutto per quel che riguarda la sua connessione con la medicina. La dottrina antica che maggiormente viene ereditata è quella galenica dei temperamenti, che si diffonde anche a Salerno e nei principali centri universitari.
Nel terzo saggio, Fisiognomica: nature allo specchio ovvero luce e ombre, viene analizzato il recupero della metafora dello speculum, centrale nel pensiero medievale, in relazione alla rinascita della fisiognomica tra il XII ed il XIII sec, con particolare riferimento allo Speculum phisionomie di Michele
Savonarola, per il quale corpo e anima vengono posti in un rapporto di implicazione reciproca.
Il problema della veridicità dello specchio viene affrontato da Guglielmo di Mirica il quale, rifacendosi alle figure principali della metafisica e della gnoseologia neoplatonica, giunge a riconoscere la piena dignità della fisiognomica quale via d'accesso alla verità. Agrimi analizza gli snodi principali del commento alla Fisiognomica dello Pseudo Aristotele, ponendone in evidenza i riferimenti costanti ad Aristotele, Boezio, Avicenna, Averroè ed Alberto Magno e giungendo ad individuare l'esito fondamentalmente etico-politico che Guglielmo riconosce alla fisiognomica, nell'utilitas che tale disciplina ha rispetto al bene comune e nell'ambito del controllo dell'ordine sociale. Ciò è possibile solo riconoscendo la piena corrispondenza tra corpo e anima che la dottrina pitagorica della trasmigrazione tende, invece, ad incrinare. Per contrastare quest'ultima, Mirica è portato a confrontarsi con il dibattito classico sull'intelligenza delle bestie, giungendo a riconoscere negli esseri creati gradi di perfezione diversi e decrescenti.
L'ultimo saggio, La fisiognomica e l'insegnamento universitario: la ricezione del testo pseudoaristotelico nella facoltà delle arti, si incentra sull'analisi di alcuni libri fondamentali nell'ambito della facoltà delle arti, fra i quali il Liberphisionomie di Michele Scoto, il De physiognomonia Liber dell'Anonimo Latino e il secondo libro dell'Ad Almansorem di Rasis. Fondamentale per il processo di codificazione della disciplina è poi la glossa al Secretum secretorum di Ruggero Bacone. Vengono analizzati con particolare attenzione gli orientamenti istituzionali della facoltà parigina. Importante in questo processo, in Francia come in Italia, la stesura alla fine del XIII sec. del Liber compilationis phisionomie di Pietro d'Abano. In ultimo, l'autrice illustra i principali commenti alla Physionomia pseudoaristotelica, tra i quali quelli di Guglielmo Hispanus, Guglielmo di Mirica e Giovanni Buridano.