I Convegni che annualmente si svolgono a Greccio sono un appuntamento importante per gli studi francescani, come confermano gli Atti pubblicati con meticolosità. Il terzo incontro è stato dedicato a Giovanni da Parma, ministro generale dei frati Minori dal 1247 al 1257 e figura molto importante nella storia del francescanesimo; come spiegato da Alvaro Cac-ciotti nella Presentazione (p.5-6) e riaffermato dai saluti dei rappresentanti degli enti organizzatori (p.7-12), in un certo senso non poteva esserci luogo più appropriato per affrontare tale argomento, visto che il Parmense vi soggiornò al termine del suo generalato. Marco Bartoli illustra la storia dei Minori Da frate Elia a Giovanni da Parma (p. 13-37) evidenziando alcuni aspetti storiografici bisognosi di rettificazione, quale il «mito (perché esattamente di un mito storiografico si tratta) del "tradimento" delle intenzioni del fondatore da parte dell'istituzione che da lui aveva preso avvio» (p-17). Importante nel periodo considerato anche la svolta del 1239, con la deposizione di frate Elia: infatti, da quel momento avvennero diverse trasformazioni, non ultima quella inerente la costruzione della memoria di san Francesco, ambito in cui si riflettono le diverse posizioni riguardanti il processo evolutivo in atto nell'Ordine minoritico. Grado Giovanni Merlo, nel contributo Questioni intorno a frate Giovanni da Parma in quanto ministro generale (p.39-59), analizza le diverse fonti che parlano del Parmense, quali la Chronica XXIV generalium, il Liber chronicarum di Angelo Clareno, la Cronica di Salimbene de Adam e il Tractatus de adventu fratrum Minorum di Tommaso da Eccleston, contenente anche il Chronicon di Pellegrino da Bologna. Nel tentativo di comprendere il suo generalato, Merlo evidenzia che non è facile comprendere le cause delle dimissioni da ministro generale, peraltro descritte nelle diverse fonti con toni elogiativi. Secondo lo studioso, tali cause non sono tanto da ricercarsi nelle accuse a lui mosse di essere gioa-chimita - come sostiene invece Salimbene — ma nei «complessi e non sempre lineari intrecci tra Ordine dei frati Minori e curia romana» (p.59), emersi nel momento delle decisioni del Capitolo generale di Metz del 1254. Infatti in tale raduno, non senza un impulso di Giovanni da Parma, si rinunciò alle concessioni papali fatte nel 1245 da Innocenzo IV con la Ordinem vestrum. Cesare Vaiani, in II gioachimismo di Giovanni da Parma (p.61-99), illustra - mediante un continuo rimando alle fonti — lo svolgersi storico di tale questione, per poi passare ad una lettura teologico-spirituale che coglie il vissuto di Giovanni da Parma. Una particolare attenzione viene rivolta al problema del gioachimismo, la cui «idea di una Chiesa spirituale che supera quella fondata da Cristo, che è strutturalmente "carnale" per riferimento al mistero fondante dell'incarnazione, diventa una proposta che in ultima analisi vuole superare Gesù Cristo attraverso il riferimento allo Spirito Santo» (93). Fabio Troncarelli, in Magnus joachita: Ugo di Digne e Giovanni da Parma (101-152), cerca di ricostruire le modalità dell'incontro tra i florensi, diffusori degli scritti e del pensiero di Gioacchino da Fiore, e i francescani, evidenziando l'importanza del substrato escatologico presente in Provenza e Linguadoca. Espressione di questo intreccio sarebbe Ugo di Digne il cui pensiero, come ebbe ad esprimersi Damien Ruiz, è caratterizzato da un «gioachimismo del buon senso» (p. 149), diverso da quello dirompente di Gerardo da Borgo San Donnino. Concludendo il suo intervento, Troncarelli scrive: «Giovanni, come Ugo, era infatti il rappresentante di quel recupero dei valori evangelici che aveva accomunato florensi e francescani nella prima età del XIII secolo e che avrebbe favorito di nuovo, alla fine del Duecento, l'incontro tra i seguaci di Francesco e i seguaci di Gioacchino» (p. 152). Giulia Barone, nelle Conclusioni (p. 153-160), richiama i due problemi inerenti la vicenda di Giovanni da Parma, ossia il suo gioachimismo e le cause della sua abdicazione/deposizione, tra cui non secondarie sono le decisioni del Capitolo generale di Metz, peraltro pienamente in linea con «l'avversione di Giovanni alla moltiplicazione di privilegi e Costituzioni» (p. 158).
L'augurio che sorge alla fine è che si compia quella «nuova stagione di studi su questo generalato» a cui accennava Giulia Barone e che certamente dovrà tener conto degli studi contenuti nel presente volume.