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Recensione: EDUARDO BAURA, La dispensa canónica dhlla legge

 
 
 
Foto Papez Viktor , Recensione: EDUARDO BAURA, La dispensa canónica dhlla legge , in Antonianum, 73/1 (1998) p. 177-179 .

Nella serie di monografie giuridiche del Pontificio Ateneo della Santa Croce é uscito il libro di E.Baura La dispensa canónica dalla legge. In sostanza l'Autore trat-ta «dei profili giuridici della dispensa dalla legge ecclesiastica, quale istituto espressamente tipizzato dalla vigente normativa canónica». La dispensa ossia «legis relaxatio» (can.85) dall'osservanza di una legge puramente ecclesiastica in caso partico-lare, pone alio studioso di diritto parecchi problemi che toccano il principio di uguaglianza dinanzi alia legge e quello di legalitá, inoltre come giustificare l'atto di spensatorio contra legem, quali sono i tratti essenziali della dispensa e a chi spetta il diritto dì rilasciare la dispensa, attorno alla dispensa nasce anche il problema del rapporto tra giustizia e carità, tra diritto e morale, tra esigenze normative e pasto­rali, tra il bene della comunità e le esigenze del singolo. Per questo la dottrina ca­nonistica ha dedicato un grande interesse e attenzione all'istituto giuridico della di­spensa canonica dalla legge. A tutti questi interrogativi l'Autore offre le risposte chiare, persuasive e sintetiche.

Il contenuto dell'opera è diviso in sei capitoli, seguendo una metodologia lo­gica che porta il lettore attraverso la storia sino al Codice vigente. I primi tre capi­toli sono dedicati alla presentazione della sintesi del processo storico dell'istituto dispensatorio «illustrandone soprattutto le dibattute questioni di tipo concettuale, per meglio comprendere la natura e la disciplina attuale» (p.8). Viene presentata l'origine della dispensa canonica e la sua nozione. La Glossa ordinaria al Decreto dà una nozione di dispensa che è stata accettata dalla dottrina posteriore. La di­spensa viene concepita come «iurìs communis relaxatio facta curri causae cognitione ab eo, qui ius habet dispensarteli». La dispensa dipende dalla necessità o dall'utilità, non trascurando la misericordia quando la carità lo esige.

Nel secondo e nel terzo capitolo viene presentato lo sviluppo storico dell'isti­tuto dispensatorio e la codificazione canonica nel 1917. L'epoca post-decretalìsta apre molti problemi collegati con la prassi e l'oggetto della dispensa. Il concilio di Trento, volendo ristabilire la disciplina ecclesiastica e rimediare agli abusi, non si esprime troppo favorevolmente allo sviluppo della prassi della dispensa. Essa viene ammessa se c'è «urgens iustaque ratio». Gli Autori vicini al Concilio di Trento con­centrano il loro interesse soprattutto sulle cause che determinano la qualificazione giuridica della dispensa. Il Codice del 1917 nei canoni 80-86 offre una nozione pre­cisa della dispensa distinguendola nettamente dagli altri istituti che pure mirano a rendere flessibile il rigore del diritto. Basandosi sull'ecclesiologia del Vaticano I, il Codice precedente rafforza il principio secondo cui è il conditor legis, cioè l'autorità suprema, che può dispensare dalla legge universale, trascurando il potere dei Ve­scovi i quali non avevano questa potestà. Praticamente il Codice del 1917 con la sua normativa identifica il dispensante con l'autore della legge. Prima del Concilio Va­ticano II il papa Paolo VI nel 1963 emana il motu proprio Pastorale munus conce­dendo ai Vescovi numerosi privilegi e facoltà di dispensare anche dalle leggi la cui dispensa era finora riservata al Pontefice. La dottrina canonistica, commentando il documento, sottolinea che queste facoltà «non erano da considerarsi abituali, bensì facoltà rientranti nella potestà ordinaria dei Vescovi»(p.llO). La cost. dogmatica Lumen gentium, n. 27 apre la porta ad una nuova disciplina sulla potestà di dispen­sare che viene precisata ulteriormente con il decreto Christus Dominus, n.8. I Ve­scovi «ut vicarii et legati Chrìsti», e non più vicari del Pontefice, hanno la facoltà di dispensare dalle leggi universali, salvo la riserva esplicita dell'autorità suprema della Chiesa.

Il Codice vigente annovera la dispensa tra gli atti amministrativi singolari. Dal­la legge possono dispensare coloro che «potestate gaudent exsecutiva» (can. 85), rompendo così il principio tradizionale che indentificava l'autorità dispensante con il legislatore. Questo cambiamento rappresenta un passo importante nella storia dell'istituto dispensatorio (p.127).

I profili canonici della dispensa vengono presentati nel capitolo quarto. I tratti essenziali e le caratteristiche della dispensa sono «legislativamente» delineati: «relaxatio legis, derogatio casualis et causalis», cioè la singolarità è un elemento essen­ziale della dispensa; resta ferma l'indispensabilità della legge divina e di alcune leg­gi ecclesiastiche (can. 86). Diffatti il Vescovo non può dispensare, per esempio, dal­la prescrizione del can. 767 § 1 che riserva l'omelia al sacerdote o al diacono.

Il capitolo quinto raffronta l'istituto dispensatorio con le altre figure simili alla dispensa che sono presenti nel diritto canonico e che corrispondono all'esigenza di rendere più flessibile il rigore della norma: la sanazione, che è una dispensa post fa­ctum, la dissimulazione, la tolleranza, la licenza, l'epicheia, il privilegio. Molte delle osservazioni valide per la dispensa si applicano anche a questi istituti simili alla di­spensa.

Nell'ultimo capitolo l'Autore analizza il profilo giuridico dell'atto emanato dall'autorità con cui si rilascia la dispensa. Si tratta della natura dell'atto dispensa-torio e del potere di concedere la dispensa dalla legge canonica. La dispensa non è tollere legem, ma ordinare ex causa, è un atto che genera una norma, ossia crea una nuova ratio operandi per il caso singolare, attraverso la deroga ad una legge (p.224); è un atto amministrativo previsto dalla legge stessa e perciò rientra nel quadro le­gale; è contro legem, ma non è contra ius, è sub lege (p.230).

L'opera dell'Autore sarà senza dubbio utile agli studiosi di diritto che vogliono approfondire la conoscenza della storia dell'istituto dispensatorio nel diritto cano­nico e le novità introdotte con il Codice vigente.