Introduzione
Finalità di questo evento culturale era prendere a pretesto la presentazione del mio libro, per offrire a) un'occasione di dialogo all'Antico e al Nuovo Testamento; b) una base biblica documentata da cui partire per un autentico lavoro di dogmatica cristologica che voglia fondarsi sulla Parola di Dio; e) informare i convenuti sulla ricchezza della tematica affrontata dal mio studio e sviluppata autonomamente nei rispettivi campi di competenza dai miei due colleghi che mi hanno preceduto.
L'idea del libro
Il mio compito ora non è quello di fare il riassunto del libro, che avrebbe poco senso e sarebbe poco stimolante; del resto, esso è già un consommé dell'argomento, per cui strizzarlo ancora significherebbe non poterne presentare adeguatamente la portata.
L'unica cosa importante che si può fare, brevemente e adeguatamente, è allora presentare l'idea che anima il mio studio.
Lo sviluppo progressivo della scienza esegetica moderna, cominciata in modo ufficiale e consistente alla fine del secolo scorso, ha portato via via ad una sempre maggiore specializzazione nei vari ambiti biblici, così che, oltre alle competenze specifiche nelle discipline secondarie (archeologia, storia, geografia, ecc.), ultimamente accresciutesi di nuovi campi, quali la sociologia, la psicoanalisi e la linguistica moderna, si è accentuata sempre più la divaricazione tra studi vetero e neotestamentari; non solo, negli stessi ambiti rispettivi dell'AT e del NT, si sono venute a costituire delle competenze ulteriori nei singoli libri e talora nei singoli soggetti tematici.
Risultato: poca o nulla conoscenza reciproca tra studiosi dell'Antico e del NT. I primi difficilmente sanno giustificare la intrinsecità del rapporto tra l'autonoma letteratura veterotestamentaria e il NT; i secondi presuppongono troppo spesso il carattere di previetà e di anticipazione funzionale confessionale dell'AT, ma in realtà ne conoscono poco l'anima storico-culturale.
Lo sviluppo attuale degli studi biblici e affini, ha curiosamente condotto a degli orientamenti esegetici (non quindi confessionali), che possono venire incontro all'esigenza di una maggiore conoscenza reciproca tra i vetero e i neotestamentaristi.
La ricerca nel campo del pentateuco e in quello dei libri dtr ha assunto oggigiorno degli orientamenti metodologici consistenti che portano tra l'altro al risultato sorprendente dell'abbassamento delle date di redazione dei cosiddetti libri storici. Addirittura, con perplessità di qualche studioso che teme un imperversante pandeuteronomismo, ormai è abbastanza diffusa la convinzione che circoli dtr abbiano messo mano anche nella letteratura profetica, pure qui con le suddette conseguenze di datazione. In breve, l'arco cronologico della composizione-redazione di grossa parte della letteratura anticotestamentaria viene schiacciato sempre più, fino ad essere molto prossimo a quel giudaismo che interessa i neotestamentaristi.
Un ulteriore ponte a questa prossimità storico-culturale e letteraria, è offerto da quel pianeta, che sempre più va scoprendosi e che è in buona parte ancora sconosciuto, che è la letteratura intertestamentaria, cioè gli apocrifi o pseudoepigrafi, una letteratura ricca e lussureggiante, che non è meno importante dei libri canonici per venire a capo di molti problemi storici e letterari dell'AT e del NT.
Qual'è questa importanza? Ed arriviamo ad un'altro elemento fondamentale che caratterizza la mia ricerca. Per poter comprendere il fenomeno cristiano nel quadro delle Scritture dobbiamo distinguere due piani, quello che attiene alla ragione e quello che attiene alla fede. Spesso questi due piani vengono indebitamente mescolati con la conseguenza che viene preso per originale e rivelato ciò che invece appartiene all'ordine della storia e del mondo dello spirito dei tempi. Ora, il fenomeno cristiano, dal punto di vista della sua formulazione biblica, è profondamente radicato nel tessuto storico: esso è originariamente un fenomeno del giudaismo tardo biblico e intertestamentario.