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Revista Antonianum
Datos sobre la publicación

 
 
 
 
Foto Nobile Marco , Recensione: Philip F. Esler (a cura), Israele antico e scienze sociali, (Introduzione allo studio della Bibbia. Suppl. 41), in Antonianum, 86/3 (2011) p. 588-589 .

L’apporto delle scienze sociali allo studio della Bibbia non e una novità assoluta, dato che si può risalire fino all’opera magistrale di Max Weber su Das antike Judentum (1917-1919) per ritrovare un testimone illustre di tale connubio metodologico. Naturalmente, da allora le scienze sociali hanno fatto molti passi avanti, dei quali il presente libro vuole essere un documento. Esso raccoglie gli atti di un convegno svoltosi nel 2004 presso il Mary’s College dell’Università di S. Andrews in Scozia sul tema del contributo che le suddette scienze possono offrire per l’interpretazione dell’Antico Testamento (=AT). Il libro e il pendant di una raccolta di saggi pubblicata esattamente dieci anni prima e dedicata allo stesso tema, ma in rapporto al Nuovo Testamento. La maggior parte dei collaboratori di entrambe le opere appartengono al “Context Group. Project for the Study of the Bible in Its Cultural Enviroment”, cioe un’associazione di docenti e ricercatori, soprattutto del mondo anglo-statunitense, che si sono proposti di avviare questo tipo d’impresa metodologica. A delucidare meglio l’intento dell’opera sono dedicati i primi due articoli del libro, il primo dello stesso curatore, P. F. Esler, autore anche del secondo insieme a A.C. Hagedorn. Entrambi i contributi sono costituiscono un’aggiunta agli atti veri e propri del convegno. Nel primo contributo, chiaro e commendevole, Esler espone il senso e l’utilità dell’approccio adottato dall’esegeta biblico nei confronti delle scienze sociali; lo studio e piuttosto una difesa accorata, ma convincente, del metodo. Le scienze sociali vogliono soltanto offrire ai veterotestamentaristi dei modelli euristici, utili a interpretare personaggi, ruoli e costumi presenti nell’AT, e non pretendono affatto di ricostruire la storia reale dell’antico Israele. Molto interessante e anche il secondo contributo, che entra nel merito del rapporto tra scienze sociali e AT, tracciandone una storia, che parte appunto dal XIX secolo e giunge fino alle ricerche odierne, per le quali gli autori offrono uno stimolante status quaestionis. La sensibilità contemporanea per l’obiettività dell’analisi scientifica da un lato (ricerche sul campo di antropologia e sociologia) e per il rilievo distintivo tra i punti di osservazione dell’indagatore e dell’indagato dall’altro (in termini tecnici emic vs etic) fa si che l’arricchimento metodologico offerto dal progetto in questione sia salutato con favore.

Naturalmente, com’e avvenuto fino ad oggi per il metodo storico-critico, la cui indubitabile funzionalità dipende molto anche dall’abilità dello studioso, così anche nell’approccio metodologico in questione i risultati non sono sempre convincenti. La serie di diciotto contributi del nostro libro, articolati in quattro parti (dopo la prima, già presentata, la seconda parte si occupa di“temi antropologico-culturali”, la terza di “testi biblici”, la quarta di “ermeneutica”) raccoglie articoli di vario valore, alcuni ottimi, ad esempio quello di R.B. Coote “Tribalismo. L’organizzazione sociale nell’Israele biblico”; altri meno convincenti, come quello di L.L. Grabbe “Profezia. Joseph Smith e la Gestalt del profeta israelita” o “Ezechiele. L’esperienza di uno stato modificato di coscienza” di J.J. Pilch. Ritroviamo invece un apporto stimolante negli articoli della quarta parte, che affrontano tematiche relative all’ermeneutica biblica e alle condizioni culturali della società occidentale odierna.

Un libro molto utile da usare come base di discussione e di ricerca.


 
 
 
 
 
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