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Revista Antonianum
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Foto Chrupcała Lesław Daniel , Recensione: Giuseppe De Virgilio – Pier Luigi Ferrari (edd.), “Lingue come di fuoco” (At 2,3). Studi lucani in onore di Mons. Carlo Ghidelli, in Antonianum, 86/3 (2011) p. 597-601 .

L’opera in esame e una collezione di studi pubblicata (seppure con qualche ritardo) per onorare il settantacinquesimo genetliaco di Mons. Carlo Ghidelli (nato nel 1934), che ha lasciato da poco la guida dell’arcidiocesi di Lanciano-Ortona. Il Festeggiato, oltre ad essere insignito della dignità di vescovo, ha ricoperto altre cariche importanti, tra cui quella di sottosegretario della CEI e quella di assistente ecclesiastico generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Per diversi anni e stato docente di Sacra Scrittura e ha sempre cercato di coniugare l’attività didattica con la pastorale biblica e con l’impegno ecumenico. Nel campo scientifico ha dedicato speciale attenzione all’opera di Luca, come si può appurare sfogliando un’ampia bibliografia nallegata alla fine del volume (p. 365-391), in cui spiccano due commentari, rispettivamente al Vangelo di Luca (1977) e al libro degli Atti (1978). I curatori dell’opera hanno pensato quindi di coinvolgere nell’iniziativa amici, colleghi e collaboratori a vario titolo di Mons. Ghidelli, concentrando gli studi sull’ambito degli scritti lucani, di cui egli e stato grande cultore.

Mi sembra indovinata l’esegesi che il Card. Carlo M. Martini ha fatto del titolo della presente miscellanea: “penso che il titolo di questo volume a lui dedicato, «Lingue come di fuoco» (At 2, 3), si possa attribuire non solo alle famose lingue di fuoco del capitolo secondo degli Atti degli Apostoli, ma anche alle parole ispirate che egli pronuncia nei diversi ministeri a lui affidati, in particolare nella spiegazione della Scrittura” (Prefazione, p. 2).

Il volume in parola raccoglie ben ventuno contributi distribuiti in tre parti. La prima, che comprende cinque articoli, verte sul contesto veterotestamentario degli scritti lucani. Mario Cimosa, “La Bibbia greca dei LXX e l’Opera lucana (Vangelo e Atti)” (p. 11-29), illustra con due esempi scelti (LXX Is 61, 1-2 e Is 58, 6 in Lc 4, 18-19; LXX Am 5, 25-27 in At 7, 42-43) il modo in cui il terzo evangelista rilegge e reinterpreta in chiave cristologica le profezie bibliche tramandate nella versione dei Settanta. Guido Benzi, “≪Per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte≫ (Lc 1, 79). Echi isaiani in Luca 1, 5-80” (p. 31-44), mette a confronto la sezione isaiana dell’Emmanuele (Is 6, 1–9,6) con Lc 1 e ne trae lo spunto per ipotizzare l’impiego intenzionale da parte di Luca della terminologia nonché della struttura retorica del libro profetico. Alviero Niccacci, “Gesù Maestro di sapienza e Sapienza in persona. Dalla cristologia sapienziale di Luca a una teologia cosmica” (p. 45-62) passa in rassegna cinque detti sinottici che includono elementi sapienziali (Lc 7, 31-35//Mt 11, 16-19; Lc 10, 21-22// Mt 11, 25-27; Lc 11, 29-32//Mt 12, 39-42; Lc 11, 49-51//Mt 23, 34-36) e in seguito delinea una traiettoria della Sapienza che dall’AT e dagli apocrifi giudaici giunge fino a Gesù, Maestro di sapienza e Sapienza incarnata (Luca- Matteo), ma anche Sapienza di Dio che crea, redime e integra il creato (la teologia cosmica di Giovanni e Paolo). Nel medesimo ambito si colloca lo studio di Luca Mazzinghi “Aspetti della tradizione sapienziale nell’opera di Luca. Il caso di Atti 7, 10.22” (p. 91-102), in cui l’Autore si sofferma sulla sapienza di Gesù nell’episodio del ritrovamento nel Tempio (Lc 2, 40.52) e indaga la questione delle fonti utilizzate da Luca per parlare della sapienza di Giuseppe e di Mose in At 7,10.22 (a suo avviso, emerge qui una dipendenza da Sap 10). Il saggio di Augusto Barbi, “La funzione ermeneutica e programmatica di Gioele 3, 1-5 (LXX) negli Atti degli Apostoli” (p. 63-90), il più lungo fra tutti e ben documentato, mette a punto alcune osservazioni sulla modalità con cui Luca si serve del testo di Gl 3, 1-5 e sulla funzione svolta da questo oracolo profetico nel contesto immediato (la pentecoste) e in quello più ampio degli Atti (una prolessi del prosieguo della narrazione).

La seconda Parte, riservata al Vangelo lucano, ospita undici contributi. Cesare Bissoli, “≪Perche ti possa rendere conto della solidità della “catechesi” ricevuta≫ (Lc 1, 4): fare catechesi con Luca. Considerazioni epistemologiche” (p. 105-117), offre alcuni suggerimenti di cammino pedagogico-pastorale desunti dalla presentazione di Luca in un catechismo italiano per l’iniziazione cristiana. Mauro Orsatti, “Mistero gaudioso. La gioia nei primi due capitoli di Luca” (p. 119-138), a partire dall’esame dei passi lucani sulla gioia (Lc 1, 14.28.44.46-47.58; 2, 10), originata in fondo dalla nascita di Gesù Salvatore, propone acuti spunti di riflessione sul concetto della gioia vera che va distinta dai suoi surrogati. Il tema della gioia risuona ancora nell’inno di giubilo e di lode, proveniente dalla fonte dei logia (Q), che viene sottoposto a un’analisi critica di tipo storico-redazionale da Bernardo Estrada, “Il loghion di Luca 10, 21-22” (p. 139-156). Un altro detto sinottico di Gesù nella sua versione lucana e studiato da Pier Luigi Ferrari, “Un peccato senza perdono: la bestemmia contro lo Spirito Santo. La prospettiva di Luca 12, 10-12” (p. 157-174). Giuseppe De Virgilio, “Parola di Dio e sequela. Prospettive teologico- narrative del Vangelo secondo Luca” (p. 175-197), prende in esame il rapporto tra Parola di Dio e sequela nel terzo Vangelo, catalizzando l’attenzione sulla dialettica chiamata-risposta presente nei cinque episodi lucani (Lc 1, 26-38: l’annunciazione a Maria; 5, 1-11: la chiamata di Simon Pietro; 8, 19-21 con 11, 27-28: la vera famiglia di Gesu; 10, 38-42: Marta e Maria; 24, 13-35: i discepoli di Emmaus). Del motivo del discepolato, e nel caso specifico della sequela di Gesu da parte delle donne galilee, di cui narra il sommario di Lc 8, 1-3, si occupa anche l’intervento di Marinella Perroni, “Ricche patrone o discepole di Gesu? (Lc 8, 1-3). A proposito di Luca ≪evangelista delle donne≫” (p. 199-211). Il saggio di Bruno Corsani, “Il regno di Dio negli scritti lucani. Problemi di traduzione” (p. 213-224), esamina il modo in cui la traduzione della CEI e quella interconfessionale in lingua corrente (TILC) hanno risolto le asperità di alcuni passi importanti riguardanti la basileía, soprattutto quelli che non fanno uso della formula piena: basileía toû theoû. Il professore valdese, scomparso di recente (2008), chiude questa verifica con una parola di rammarico: la lingua italiana, a differenza delle altre (francese, tedesco, inglese), non riesce a esprimere tutti i significati del greco basileía che raramente assume il senso locale (regno - reame) e nella maggioranza dei casi si riferisce invece al fatto di governare (regno - regalità). Le singolarità teologiche delle parabole proprie di Luca (quindici, secondo l’elenco di J. Jeremias) vengono messe in luce da Romano Penna, “Le parabole lucane. Alcune osservazioni marginali” (p. 225-230), il quale discute, seppure brevemente, l’origine del Sondergut parabolico lucano, la collocazione redazionale delle parabole, la sfaccettatura sociologica dei personaggi e delle situazioni di riferimento, l’assenza della formula introduttiva “il regno di Dio e simile a…” e, infine, l’interesse parenetico di Luca. Della memoria storica riflessa, fondata nella storia e finalizzata alla fede, si occupa il contributo di Giuseppe Segalla,“La memoria di Gesù in Luca tra la sua tragica morte e il compimento nel regno” (p. 231-245); l’autore si sofferma su due testi lucani più rilevanti circa la memoria storica di Gesù onde evidenziare l’intreccio tra il presente e la configurazione futura (Lc 22, 19) e passata (Lc 24, 6-8) della memoria: si tratta della “memoria di un passato che si realizza nel futuro passando per il presente: il regno di Gesù, del Signore crocifisso e risorto” (p. 244). Roberto Vignolo, “Alla scuola dei Ladroni (Lc 23, 33-49)” (p. 247-268), propone di interpretare il dialogo tra i due malfattori concrocifissi con Gesù “come una straordinaria espressione di poetica teologica lucana” (p. 248). La base marciana (Mc 15, 24-32), rielaborata redazionalmente da Luca, più che un fatto di cronaca, illustra in modo narrativo la verita salvifica della morte di Gesu – un evento di misericordia e di grazia che si tramuta in realtà per chiunque (il buon ladrone) riconosca il suo potere messianico-regale. L’ultimo apporto di questa parte, quello di Rinaldo Fabris, “Il contributo dell’opera lucana per la ricerca del Gesù storico” (p. 269-279), richiama all’attenzione l’importanza degli scritti lucani per l’indagine sul Gesu storico, che dovrebbe coinvolgere anche il libro degli Atti, il quale risulta invece erroneamente trascurato. E lo stesso proemio al terzo Vangelo, ripreso all’inizio degli Atti, ad attestare che Luca persegue uno scopo storiografico congiuntamente a quello teologico e kerygmatico.

La terza e ultima Parte del volume raccoglie cinque interventi dedicati agli Atti degli apostoli. Francesco Mosetto, “Alle origini della domus ecclesiae” (p. 283-300), in base alle testimonianze dei vangeli sinottici e del libro degli Atti, traccia l’evoluzione dei luoghi di riunione dei primi cristiani: dalla casa (luogo privilegiato dell’attività di Gesù), al cenacolo (archetipo dei futuri spazi ecclesiali), alle case private (chiese domestiche). Giuseppe Ghiberti,“Gesù Figlio, risuscitato da Dio. Risurrezione e Scrittura in Atti” (p. 301- 314), tenta di dare risposta a una serie di interrogativi lasciati aperti dal testo di At 13, 32-33, in cui si dichiara compiuta nella risurrezione di Gesù la promessa biblica (Sal 2, 7). Santi Grasso, “Due indizi di una leadership ecclesiale femminile nell’Europa del primo cristianesimo” (p. 315-333), rivista la vicenda di Lidia, diventata dopo la sua conversione animatrice e responsabile della chiesa di Filippi, e quella di Priscilla, impegnata con il marito Aquila nel campo missionario e catechistico, al fine di dimostrare un forte coinvolgimento delle donne nella costituzione e nella formazione delle comunità protocristiane. Secondo Grasso, l’attività di queste e di tante altre donne (“le punte di un iceberg”) avrebbe spinto Luca a far risaltare le figure femminili nel Vangelo, ancorandole nella missione di Gesu, di modo che potessero ispirare l’agire delle donne animatrici delle comunità cristiane del suo tempo. Il proposito di ridare un volto ai cristiani della città di Pozzuoli (At 28, 13-14), alle loro origini e al loro status sociale, muove lo studio di Antonio Pitta “Paolo e i fratelli di Pozzuoli” (p. 335-350), che a tale scopo si affida alle fonti letterarie esterne al NT e ai resti archeologici. Infine Carlo Buzzetti,“Apostolato biblico interconfessionale. Il posto di Luca in una proposta quasi nuova: la ≪Bibbia in crescendo≫” (p. 351-361), presenta il progetto di leggere e studiare la Bibbia in ≪crescendo≫, ossia come un cammino graduale, pianificato e ragionato che comporta quattro livelli o tappe di familiarizzazione con la Parola di Dio, da realizzare a scuola, in parrocchia o in famiglia. In questa proposta, gli scritti lucani sono inseriti – per motivi di opportunità comunicativa (didattica) – nel primo livello che valorizza i libri biblici di carattere narrativo.

Gli estensori dei saggi, tutti docenti italiani di esegesi biblica, sono garanzia di qualità dei contributi raccolti nella presente miscellanea, della quale abbiamo cercato di dare una succinta presentazione. I singoli apporti si distinguono tra di loro per contenuto, lunghezza, metodo e impostazione, e per lo più confermano quanto conosciamo del corpus lucano. Non manca qualche spunto originale o ipotesi di lavoro. Il volume nel suo insieme, con dotto con tutti i carismi della scientificità, si rivelerà utile agli esperti del settore ma sarà accessibile anche per un largo pubblico interessato, grazie al suo linguaggio chiaro e scorrevole. L’opera rende indubbiamente onore al lavoro biblico-esegetico svolto da tanti anni con passione da una figura di spicco nel panorama italiano degli studi biblici. Al Mons. Carlo Ghidelli, fine studioso, maestro sapiente e pastore infaticabile, va il nostro cordiale augurio… ad multos annos, unito ad un ringraziamento colmo di ammirazione per quanto ha fatto e potrà fare ancora con la grazia di Dio.


 
 
 
 
 
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