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Rivista Antonianum
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Foto Pica Girolamo , Recensione: FIORENTINO FRANCESCO, Francesco di Meyronnes. Libertā e contingenza nel pen-siero tardo-medievale, in Antonianum, 82/3 (2007) p. 586-587 .

Il mio agire è libero ed autonomo? Quando agisco cosí da porre in essere l’effetto del mio agire, la mia azione è necessaria o contingente, naturale o libera? Cosa si intende per libertá? A Partire da Aristotele, nel suo libro De Interpretazione, l’interesse per questo tipo di problemi, quello dei futuri contingenti, è stato sempre particolarmente vivo fra i grandi pensatori, soprattutto medievali, e sino ai giorni nostri con i primi studi di J. Łukasiewicz (1957, 1967). Fra gli eminenti pensatori tardo medievali che ebbero un approcio speculativo piú determinate al problema vi è Giovanni Duns Scoto e la sua nuova teoria metafisica dell’essere univoco, definito come “id quod non repugnat esse”. Gli esseri, in questo senso metafisico, sono realtá attuali come pure realtá possibili non attuali, la cui immaginata attualitá non implica contraddizione. Scoto spiega che questa nozione insolitamente ampia di essere è giustificata perché gli esseri possibili si differenziano dall’assoluta nullezza delle realtà impossibili, i cui concetti sono contradittori. Per maggiormente comprendere la posizione di Scoto sui futuri contingenti, come pure quella di coloro che si muovono nella sua prospettiva speculativa, è particolarmente importante tener conto di alcuni concetti chiave, derivanti dalla nozione dell’essere univoco. Questi sono, in modo particolare, quello di libertà – che ha un’accezione molto diversa da quelle comuni – e quella di necessità. Tutte le incompresioni e le critiche al suo pensiero sono derivate spesso proprio dalla mancanza di familiarità con il suo linguaggio. Soltanto alla luce di tali considerazioni è possibile comprendere e maggiormente apprezzare anche lo studio di Francesco Fiorentino sul noto scotista Francesco di Meyronnes. Egli è stato sempre considerato come uno dei discepoli di Scoto piú fedeli al suo pensiero, benché, secondo le acquisizioni più recenti, non di rado si sia discostato alquanto dal maestro su vari punti della sua dottrina filosofico-teologica. 

In questo studio di Fiorentino sulla distinzione 38 del Commento alle Sentenze o Conflatus maironiano, ci è fornito un magistrale esempio di come ci si possa accostare alle opere di uno scrittore medievale per comprenderne con chiarezza il pensiero. Il lavoro del Fiorentino si apre con una Introduzione bio-bibliografica al Mairone (pp. 9-16). Segue uno studio dettagliato del Conflatus da un punto di vista codicologico-paleografico. Si prende in esame il retroterra culturale e la genesi del testo (pp. 17-37), il rapporto tra il testo edito e gli altri suoi testimoni, gli elementi contenutistici formali e gli studi precedentemente condotti (pp. 37-56). Il primo capitolo è una presentazione degli Strumenti concettuali di cui si è servito il Mairone per sviluppare il suo tema, una sorta di esplicatio terminorum. Si analizzano le nozioni di “tempo”, “necessità logica”, i due sensi della proposizione modale e altre nozioni relative. Il capitolo secondo, invece, prende in considerazione le principali fonti di riferimento maironiane: Scrittura, Agostino, Tommaso d’Acquino, Enrico di Gand e altri studiosi coevi. Il terzo capitolo costituisce la parte centrale del lavoro del Fiorentino, con un’analisi contenutistica del testo di Meyronnes. Esso è così strutturato: la scienza divina del futuro (pp. 148-178); il rapporto tra le due volontà (pp. 171-193); la volontà divina ed il peccato (pp. 194-209). Al tutto fa seguito una Conclusione di quanto acquisito da Fiorentino nel suo lavoro (pp. 215-218). Completano il volume una Appendix con il testo critico della distinzione 38 (pp. 219-246) e una Bibliografia scelta (pp. 247-260).

Fra i tanti pregi dell’opera di Fiorentino due sono particolarmente importanti: la documentazione e l’analisi diretta dei testi. Il nostro studioso mostra di essere a conoscenza della migliore letteratura, straniera e non, su Meyronnes e il tema studiato, aspetto che sottolinea la serietà documentaria del lavoro. Ma, ancor più importante, è il fatto che lo studioso conduca il suo lavoro direttamente sui testi maironiani, con i quali mostra grande familiarità. Pregio questo, particolarmente degno di rilievo. In materia di studi storici infatti, accade non di rado, purtroppo, che si preferisca fondare la proprio ricerca più sulle opinioni di altri studiosi, che sul diretto contatto con i testi.  A questi pregi deve aggiungersi anche l’attenzione di Fiorentino per gli autori coevi a Meyronnes. In tal modo si può comprendere e far risaltare maggiormente l’originalità e il contributo del pensiero maironiano, nonché trovare in questo studio un’utile fonte documentaria di riferimento per ulteriori ricerche e approfondimenti.


 
 
 
 
 
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