Messa Pietro ,
Recensione: RAIMONDO MICHETTI, Francesco d’Assisi e il paradosso della minoritas,
in
Antonianum, 80/2 (2005) p. 377-381
.
Il volume, risultato del lavoro di dottorato dell’A., non si presenta come una novità assoluta, essendo già apparso un intervento cospicuo dello stesso Michetti, in riferimento al medesimo argomento, nella rivista Franciscana. Come evidenziato fin dalla Premessa (pp.5-6), punti di riferimento imprescindibili per tale studio sono, principalmente, i contributi di Roberto Rusconi e Sofia Boesch, quest’ultima frequentemente citata nel corso delle pagine.
L’Introduzione (pp.7-48) si sofferma ad analizzare il ruolo di Gregorio IX non solo come committente della Vita beati Francisci di Tommaso da Celano, ma anche come presenza più che significativa nella vicenda di frate Francesco d’Assisi il quale, in Ugolino d’Ostia, aveva scelto, quale interlocutore, con un gesto profondamente politico, il cardinale più potente e influente della Curia romana. Già come cardinale, ma ancor più come papa, egli conferì un assetto specifico all’Ordine minoritico, staccandolo dalla giurisdizione vescovile, ma anche mostrando la sua volontà, fin dal 1227, di canonizzarne il fondatore, portando così a compimento quell’approvazione pontificia che aveva avuto un momento importante nella conferma della Regola ad opera di Onorio III nel 1223.
L’A. mostra un’attenzione particolare anche per la presentazione di Tommaso da Celano, il frate agiografo. Pur inserendosi nella linea di coloro che «sono riusciti a sottrarre la storia del cristianesimo all’impostazione apologetica e provvidenzialistica, che era stata dominante almeno fino alla metà del XX secolo» (p.35) e che, nell’ambito degli studi storici, risentono del processo di secolarizzazione del mondo occidentale tuttora in corso, l’A. non tralascia di considerare la motivazione religiosa presente in coloro che agiscono in istituzioni religiose, restituendo così «alla dimensione religiosa dell’agire una sua peculiare e irriducibile valenza storica» (p.36). L’A. vuole ricollocare la Vita beati Francisci in una sua specifica dimensione, al punto di non doverla più considerare, in modo riduttivo, come una delle tante agiografie del Santo d’Assisi, come la Vita prima di una lunga serie. Partendo da queste premesse, Michetti propone una «lettura continua della narrazione agiografica» (p.43) che rispetti la struttura del testo, cioè «una lettura dei singoli episodi, che tenga conto della loro collocazione all’interno della narrazione agiografica e del legame con ciò che precede e ciò che segue» (p.44). Una particolare attenzione viene rivolta ai richiami biblici che costituiscono le chiavi di lettura di un determinato episodio narrato, così come ai tópoi agiografici. Riguardo a questi ultimi, la cui presenza ha condotto numerosi studiosi a mettere in discussione l’attendibilità storica della Vita beati Francisci l’A. mette in luce come abbiano influenzato il protagonista stesso, ossia frate Francesco, prima ancora dell’agiografo. Di conseguenza, l’analisi testuale è condotta nella continua attenzione sia alla tradizione del genere agiografico, sia alla novitas presente, a volte indicata anche da un semplice spostamento di vocaboli. Sulla base della convinzione per la quale soltanto un’analisi dell’opera nella sua dimensione letteraria di agiografia può condurre, in un secondo momento, ad individuare elementi storico-biografici utili per ricostruire la vicenda di frate Francesco d’Assisi, l’A. inizia un’analisi della Vita beati Francisci a tal punto dettagliata da poter sembrare addirittura una sorta di riesposizione narrativa della stessa. Il tutto si offre come una rappresentazione scenica con tanto di protagonisti in cui la voce o l’osservatore esterno a volte è Tommaso, a volte Michetti stesso.
Nel capitolo primo, La conversione (pp.49-96) si evidenzia come Tommaso presenti il Santo nel suo contesto sociale originario,, per poi mostrare l’irruzione della grazia nella sua vita ed il ritorno come uomo rinnovato al mondo dal quale era uscito. La narrazione della conversione secondo l’A. procede «secondo due distinti piani, apparentemente privi di relazione reciproca» (p.69), ossia quello superiore di Dio e quello inferiore della vicenda dell’Assisiate, ignaro della regia sovrannaturale che guida il suo cambiamento; il tutto viene commentato fuori campo dall’agiografo. Tale modalità di narrazione, che potremmo definire a più piani, è la stessa che ritroviamo nel libro biblico di Giobbe il cui incipt è usato per la stessa Vita beati Francisci.
Nel capitolo secondo, Fuori d’Assisi (pp.97-134), la permanenza con i lebbrosi è considerata come l’«aspetto caratteristico dell’identità minoritica» (p.107), mentre un’attenzione particolare è rivolta, e non poteva essere altrimenti, alla digressione di Tommaso relativamente alla vicenda di Chiara d’Assisi, o meglio, alla nuova religio, da lei inaugurata, che tanto stava a cuore allo stesso committente dell’opera, Gregorio IX.
Il capitolo terzo, Verso Roma (pp.135-171), con pagine assai poetiche, per non dire addirittura liriche, descrive il ritorno della fraternitas minoritica da Roma nella valle spoletana (pp.164-171). Nel capitolo quarto, Un santo nuovo (pp.173-188), l’A. evidenzia i forti connotati agiografici dei racconti in esso raccolti, ma, nello stesso tempo sottolinea come sia «difficile non riconoscere, nel riferimento ad alcuni concreti episodi, l’intenzione di aspetti caratteristici della personalità storica dell’Assisiate» (p.187).
Il capitolo quinto, Nel mondo (pp.189-232), presenta la sezione conclusiva del primo opuscolo della Vita beati Francisci che termina con la narrazione della sacra rappresentazione del Natale di Greccio. Analizzando il testo l’A. fa notare come «Tommaso [oscuri] Onorio per illuminare Ugolino, che gli era appena succeduto sul trono pontificio» (p. 218, ripreso a p. 278). Tale aspetto, rilevato da Michetti, risulta assai problematico, se si tiene anche conto del fatto che le future costituzioni dei Minori, sia le prenarbonensi che quelle di Narbona, prescriveranno l’ufficio dei defunti sia per Innocenzo III, che per Gregorio IX, ma non per Onorio III, nonostante proprio quest’ultimo avesse confermato la regola nel 1223. Probabilmente si trattava di un modo di dimostrare come la regola minoritica fosse antecedente al Concilio lateranense IV.
Il capitolo sesto, La passione secondo Tommaso (pp.233-296), è dedicato al secondo opuscolo della Vita beati Francisci che secondo l’A. appare come un racconto autonomo, il quale scandisce un passaggio fondamentale nella vicenda biografica di Francesco, in cui l’avvenimento della Verna è presentato con quei caratteri di novità che non trovano riscontro in nessun altro modello agiografico. Michetti si inserisce nel dibattito inerente le stigmate, pur limitandosi all’analisi di quanto scritto da Tommaso nella sua prima opera. In questo contesto, ha un ruolo importante la figura di Gregorio IX, a cui il Santo d’Assisi avrebbe profetizzato l’ascesa al soglio pontificio, tanto che l’A. può scrivere che «Francesco, l’ordine e il cardinale divenuto papa finiscono per ritrovarsi in un’unica storia comune» (p.279), come dimostrato, recentemente, anche in un testo di Francesco Mores riguardante i dipinti di Subiaco. Altra figura significativa è quella di frate Elia che Tommaso, pur evidenziandone unicamente le capacità organizzative a discapito delle virtù spirituali, presenta costantemente accanto a Francesco e che, secondo Michetti, probabilmente ricevette la benedizione del Santo.
Il capitolo ottavo, Il santo del papa (pp.297-339), analizza quella che di per se è un’anomalia, dal momento che il vero protagonista è lo stesso committente della Vita, ossia Gregorio IX nell’atto di canonizzare Francesco d’Assisi. Il tutto si presenta come una narrazione più vicina alla cronaca che all’agiografia, che si conclude con il trionfo del pontefice. Proprio a causa di ciò, secondo Michetti, tutto porta a far pensare che non solo la canonizzazione, ma anche la Vita beati Francisci faccia parte della propaganda papale anti-imperiale. In questo modo, gli stessi miracoli si presenterebbero come la constatazione della diffusione del culto, che ha bisogno di essere incentivato, come mostra il caso del frate Guglielmo Anglico – deceduto nel 1232 circa – il quale, anche dopo morto, rimane fedele all’ordine impartitogli da frate Elia di non compiere miracoli per non offuscare la santità di Francesco.
Nell’Epilogo (pp.341-353) l’A. ribadisce nuovamente come all’interno della Vita beati Francisci, la figura di Gregorio IX risulti inserita in una storia sacrale che deve ormai misurarsi con l’interpretazione del Vangelo vissuta da san Francesco. In riferimento a ciò l’A. sostiene che «Tommaso ci restituisce un’interpretazione della vita dell’Assisiate tutt’altro che convenzionale o neutra, esempio per eccellenza dei valori della vita minoritica» (p.344). La minoritas viene innalzata «a categoria interpretativa per eccellenza, e quasi esclusiva, della vita evangelica» (p.345). Come già sottolineato, centrale nell’opera di Michetti è il ruolo svolto da Gregorio IX, o meglio dal cardinal Ugolino d’Ostia, la cui azione è ritenuta determinante per lo sviluppo dell’ordine, ed in ciò l’A. riscontra «un protagonismo politico di Francesco d’Assisi e una convinta alleanza con il vescovo ostiense, più che la passiva e ingenua accettazione di un’abile strategia curiale» (p.348). A tale conclusione Michetti giunge nella volontà di superare «quella antitesi tra il cristianesimo di Francesco e il cattolicesimo della gerarchia che ha contrassegnato nel bene e nel male, la migliore storia degli studi francescani del Novecento» (p.351).
Al termine del volume vengono indicate le Fonti (pp.355-361), distinguendo tra quelle di ambito minoritico, le lettere pontificie e le fonti di altra natura. Per quanto riguarda il testo della Vita beati Francisci Michetti fa riferimento al testo latino edito dai Fontes franciscani, a sua volta ripreso dall’edizione pubblicata nel volume decimo di Analecta Francescana. Se tale scelta rende più facilmente reperibili i brani cui l’A. fa riferimento, tuttavia un rimando diretto all’edizione critica avrebbe permesso di evidenziare meglio le differenze testuali tra i diversi codici che sarebbero potute diventare esse stesse tasselli importanti per la comprensione del testo.
Molto interessanti le osservazioni riguardanti gli elogi di Tommaso nei confronti di personaggi viventi e ben riconoscibili all’epoca, fra cui Chiara d’Assisi, il cardinal Ugolino, ossia Gregorio IX ed Antonio da Padova.
Michetti apre inoltre nuove e stimolanti prospettive di lavoro, quali l’indicazione a rivedere in modo diacronico la storia dei rapporti tra frate Francesco ed il cardinal Ugolino (p.11, nota 12), oppure l’esigenza di uno studio approfondito sulla politica di Onorio III nei confronti degli ordini religiosi, anche in relazione all’azione dello stesso cardinale ostiense, futuro papa Gregorio IX (p.217, nota 84).
La bibliografia è scarna ed essenziale e se ciò da una parte rende il lavoro più snello, dall’altra fa sorgere l’esigenza di qualche rimando più approfondito in nota. Sempre a proposito della bibliografia c’è da dire che quella finale presenta soltanto le fonti usate, ma non gli studi, per cui se in nota si trova un’opera segnalata come già citata precedentemente risulta pressoché impossibile ritrovare la citazione iniziale completa dei dati bibliografici.
Ciò che senz’altro va riconosciuto come una novità nell’opera di Michetti è la relativizzazione dell’influenza “deformante” del genere agiografico; pertanto egli attribuisce una maggior attendibilità storica a narrazioni generalmente considerate di poco rilievo per una ricostruzione della vicenda storica di Francesco d’Assisi, dal momento che in esse risulta predominante l’elemento agiografico (cfr. ad esempio pp. 73.112.115.122.148.164.205.216.294-295). Secondo l’A. è «come se la memoria storica premesse sulla maglia agiografica per trasformarla» (p.112). Nel tentativo di «recuperare tale spessore storico dell’opera» Michetti giunge a volte a conclusioni diverse da quelle che hanno fatto scuola negli ultimi anni, quali quella di Giovanni Miccoli (cfr. ad esempio nota 64 a p. 118). Quello che Michetti ci presenta è un libro che si articola tra storia e agiografia e se la preoccupazione di Miccoli era trovare i modi per passare “dall’agiografia alla storia”, cercando di decifrare i modi con cui l’agiografia ha deformato la storia, l’A., invece, cerca innanzitutto di vedere come la storia abbia “forzato” l’agiografia, costringendola a cambiamenti certamente significativi. Ciò non impedisce, tuttavia, a Michetti di concludere il suo volume riconoscendo frate Tommaso da Celano, in quanto autore della Vita beati Francisci, come «l’inventore del san Francesco d’Assisi» (p.353). In questo modo si torna nuovamente al problema del rapporto tra storia e agiografia, tra storia e mnemostoria, tra storia e costruzione della memoria.
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