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Revista Antonianum
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Foto Oviedo Lluis , Recensione: GIUSEPPE LORIZIO, G. (ed.) Teologia Fondamentale (4 vol): 1. Epistemologia; 2. Fondamenti; 3. Contesti; 4. Testi Antologici , in Antonianum, 80/3 (2005) p. 566-569 .

La teologia fondamentale si presenta oggi come un cantiere aperto e pieno di possibilità di sviluppo; forse siamo dinanzi alla disciplina più dinamica della teologia, o almeno così dovrebbe essere, per la sua stessa natura e vocazione a confrontarsi costantemente con le sfide che pone il dialogo tra fede e ragione, e la premura a “dar ragione della nostra speranza”.

Giuseppe Lorizio, veterano professore dell’Università Lateranense, ha incoraggiato e diretto questo grande lavoro di sintesi e sistemazione di un’area teologica non facile da ordinare. Il suo è molto più che un manuale o un trattato: vuole essere un progetto, un modello di elaborazione della disciplina, una specie di guida con un indirizzo proprio, che intende costituire una propria “scuola” differenziata riguardo ad altre linee o offerte di teologia fondamentale presenti oggi nell’ambiente accademico.

Forse quest’ultimo è uno dei motivi che spiegano l’edizione di un’opera di 1500 pagine in quattro volumi, in un ambiente editoriale già un po’ saturo di questo tipo di opere. Certamente, molte cose fanno pensare al già invecchiato Handbuch der Fundamentaltheologie della metà degli anni 80. Infatti sono passati vent’anni dalla sua pubblicazione, e alcuni sviluppi all’interno e al di fuori della disciplina possono giustificare un’impresa del genere, puntando a uno stile diverso e con un programma specifico.

L’introduzione dell’editore rivela alcuni motivi d’interesse. In primo luogo, essa definisce la natura del progetto: “l’elaborazione di un modello di teologia fondamentale fondativo-contestuale in prospettiva sacramentale” (6); ritiene di ricuperare la dimensione apologetica della disciplina, e difende che “la dicitura ‘teologia fondamentale’ stia qui a designare non un solo corso o trattato dell’attuale piano di studio, bensì appunto un’area disciplinare, che è al tempo stesso una dimensione di tutta la teologia (7).

C’è da chiedersi quale sia la particolarità del citato progetto, che viene esposto dallo stesso editore alla fine del primo volume. A grandi tratti, esso si colloca in continuità col modello ermeneutico, che comunque trascende, per rivendicare il carattere sacramentale dell’evento rivelativo in Cristo e per “…declinare la rivelazione e la sua credibilità (momento fondativo) in rapporto al contesto contemporaneo e alla cultura che in esso si esprime (momento contestuale)” (409). Il progetto vuole iscriversi all’interno della “Scuola Lateranense”, che rivolge la sua attenzione alla “prospettiva dialogica della T.F., con particolare riguardo verso il fatto religioso e le sue manifestazioni, in rapporto alla rivelazione cristiana e alla sua credibilità” (411).

Il progetto si articola attraverso tre istanze: epistemologica, come riflessione radicale sul rapporto tra fede e ragione; fondativa, che si appella alla “rivelazione del Dio Unitrino nella storia in rapporto all’esperienza religiosa dei cristiani, degli ebrei, degli islamici, dei buddisti…e perfino degli agnostici e non-credenti” (415); e l’istanza contestuale, o impegno “a mediare” il logos teologico e gli altri del proprio ambiente culturale e filosofico, con particolare enfasi sul pensiero postmoderno.

Il progetto offre anche un metodo proprio, che punta all’auditus fidei, cioè alla rivelazione; all’auditus temporis, o lettura del “proprio tempo in modo da mostrare in relazione ad esso la credibilità della Rivelazione cristiana” (426s.); e l’intellectus revelationis, o  momento speculativo della riflessione.

L’editore considera anche alcune “questioni di frontiera”: la tensione tra preambula fidei e analogia entis; il duplex ordo cognitionis; e il “trascendentale” in teologia fondamentale.

Visto l’orientamento del progetto, si può dare uno sguardo d’insieme all’opera.

Il primo volume, a parte l’introduzione e l’esposizione del progetto, presenta un percorso metodologico ed epistemologico; in primo luogo, attraverso i modelli storici assunti dalla teologia; poi con le grandi questioni riguardanti la rivelazione e la ragione, e infine sottolineando il carattere fondativo della rivelazione, allorché si punta alle dimensioni dialogica, simbolica e paradossale della teologia.

Il percorso epistemologico prosegue in una seconda parte che percorre le stagioni della teologia fondamentale dall’apologetica patristica fino ai nuovi modelli che emergono nel corso del secolo XIX, a seguito della crisi della neoscolastica: dell’immanenza, trascendentale, fondativo-trascendentale, ermeneutico e contestuale.

Il secondo volume è dedicato ai “fondamenti”, che comprendono: una teologia della rivelazione collegata alla cristologia fondamentale; una teologia della tradizione, legata all’ecclesiologia; una teologia della fede, legata all’antropologia; e un capitolo sulla credibilità della rivelazione, che firma mons. Fisichella, e che sembra riproporre molte cose da capo: la questione epistemologica, la cristologia, l’ecclesiologia e il tema della “vera religione”.

Il terzo volume è dedicato ai contesti della teologia; forse si può considerare la parte più originale del manuale, visto che pochi altri manuali, eccetto ovviamente quello di Waldenfels, aveva concesso tanto spazio a questa tematica. I contesti ritenuti rilevanti dagli autori sono: l’esperienza religiosa insieme alla filosofia della religione; la teologia delle religioni, che già è uno standard nei manuali; il rapporto con la modernità e la postmodernità, o meglio con alcune figure del dibattito in merito; il rapporto con la comunicazione, che diventa piuttosto una riflessione sulla dimensione comunicativa della rivelazione; la globalizzazione e la religione; la teologia delle scienze e della natura; e, finalmente, i grandi temi antropologici della libertà e dell’affetto.

Il quarto volume presenta una utile raccolta di testi rilevanti per la disciplina, una sorta di reader, che raccoglie frammenti dei grandi nomi della tradizione apologetica patristica, medievale e moderna, per poi dare attenzione agli autori che si abbinano ai principali modelli di teologia fondamentale del secolo XX, da Blondel a Rahner e von Balthasar.

Non risulta facile avviare una valutazione dell’opera, data la sua ampiezza e complessità. Intanto, è da celebrare l’organizzazione del materiale che, tranne qualche caso di ripetizione o mancata organicità, offre un percorso logico e ben integrato, il che non è poco in un opera di questo genere e alla quale collaborano diversi autori.

Risulta difficile soprattutto giudicare il progetto in sé, sia nella sua formulazione che nel suo sviluppo. Anzitutto c’è da chiedersi se l’orientamento generale significhi qualche novità: si ha l’impressione piuttosto che si riproponga un modello, forse reso un po’ più complesso, che è in funzionamento dall’inizio degli anni 90, e che è diventato standard in molti ambienti teologici, e cioè, quella linea che parte dalla tradizione ermeneutica e trascendentale, e si combina con una certa fenomenologia dell’esperienza religiosa. Siamo comunque entro la grande linea della cosiddetta “filosofia continentale”, il che non implica alcuna valutazione, ma un tale tentativo dovrebbe essere più consapevole dei limiti e della datazione di tale tradizione.

Insistere, come si fa a più riprese, sulla fondazione nella rivelazione, in un senso che alle volte sembra trascendere la cornice di quella canonica, mi pare sia una premessa di ogni teologia cattolica; altrimenti, se si punta su una fondazione diversa, il risultato non sarebbe propriamente “teologico” in senso cristiano. Il problema è quali siano gli elementi di razionalità che rendono credibile tale rivelazione, e allora la questione della fondazione si pone sotto una luce diversa, quella di G. Lindbeck e della nuova teologia anglo-americana, che appena si prende in considerazione nel presente trattato. Infatti, i problemi di fondazione sono stati posti in quel contesto in modo assai più radicale che in quello continentale.

Comunque il problema centrale continua a essere il persistere di chiavi filosofiche che molti ritengono esaurite, e la difficoltà ad accogliere nuove ispirazioni, specie nell’ambiente anglosassone, sicuramente il più dinamico e creativo in questo momento, e pure il più rilevante per le questioni della Fondamentale.

L’attenzione alla dimensione contestuale risulta una delle più salutari dell’opera. L’inclusione di un capitolo sulla scienza è accertata; di grande interesse è la proposta sulla “transdisciplinarietà” che impegna la teologia a lavorare in collaborazione con altri saperi. C’è da chiedersi come mai tale proposta non venga presa in considerazione nella parte epistemologica del primo volume, o non si tenga conto delle elaborazioni di A. McGrath sul carattere scientifico della teologia.

Tuttavia, la mancanza più sentita è da segnalare altrove: per molti di noi il contesto più incalzante della fede cristiana nelle regioni occidentali è quello della secolarizzazione, della crisi religiosa e delle tensioni culturali. Qui si registra un grande vuoto, soltanto un po’ rimediato con i riferimenti al dibattito tra modernità e postmodernità e alla globalizzazione. Se la teologia fondamentale vuole ricuperare la sua dimensione apologetica, come afferma più volte l’editore, allora bisogna fare i conti con i principali scenari dove essa viene messa in questione, anche con quelli di carattere sociale, là dove si giocano le condizioni della sua credibilità.

L’impresa della teologia fondamentale continua a essere aperta e in riforma; ci auguriamo che questo nuovo impulso possa dare una spinta per proseguire la ricerca e per allargare l’orizzonte didattico della disciplina, un orizzonte alle volte troppo chiuso o incapace di assimilare, nel senso di J.H. Newman, le migliori suggestioni che procedono da altri campi.


 
 
 
 
 
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