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Foto Schöch Nikolaus , Recensione: J. Hervada, Los eclesiásticos ante un expectador, in Antonianum, 79/4 (2004) p. 757-759 .

Il presente libro è la seconda edizione emendata e ampliata del precedente. Quando Hervada ha iniziato la sua docenza presso l’Università di Pamplona, gli è stata assegnata la cattedra di diritto canonico che, nel frattempo, è stata sostituita dal Derecho Eclesiástico del Estado. La cattedra di diritto canonico è portatrice di una grande storia scientifica attraverso l’utrumque ius che ha contribuito notevolmente allo sviluppo del diritto degli Stati europei. Con decreto ministeriale, l’autore si è trasformato da cattedratico di diritto canonico in cattedratico di diritto ecclesiastico, una trasformazione che non gli piacque per niente. Il decreto ministeriale, pertanto, non riuscì a spingere l’autore all’abbandono del diritto canonico e alla conversione in ecclesiasticista. In questo senso, egli si sente come uno spettatore ecclesiasticista che pur rifiutando di diventare tale cerca di rimanere sempre aggiornato in materia. Nel diritto ecclesiastico è diventato particolarmente evidente che la scienza si è mescolata con l’ideologia. I rappresentanti di questa scienza sono diventati ideologi che rivestono l’ideologia di scienza giuridica che comprende relativismo, agnosticisimo e laicismo. Cambiano il senso della Costituzione spagnola e convertono la laicità dello Stato in laicismo. Il Regno di Spagna si trasforma da stato aconfessionale in uno stato confessionalmente laico. Non tutti gli ecclesiasticisti si propongono per il futuro lo stesso, ma quasi tutti desiderano convertire il diritto ecclesiastico dello Stato in un settore della scienza dei diritti umani. Hervada che si sente, per l’appunto, come uno spettatore di tale panorama ha scritto questo libro cercando di non pronunziare aspre critiche, ma di presentare con il tono più positivo possibile la sua visione dei temi trattati. Il libro ha raggiunto un notevole successo. La prima edizione è, infatti, esaurita. In seguito è stato pubblicato su Internet. Il gran numero di lettori lo ha indotto a sostituire l’informatica con la stampa, per cui ha pubblicato questa seconda edizione.

Tutto il libro è scritto sotto forma di dialogo tra l’autore ed un interlocutore immaginario. Ogni capitolo è pure un dialogo occorso in un determinato luogo ed in una determinata data. Il nome dell’interlocutore è immaginario: “Nomos”. L’esperto di diritto canonico parla in prima persona. Tutti i colloqui sono circostanziati ed introducono alla questione giuridica trattata: “all’uscita dalla clinica universitaria”, “all’aeroporto”, “a pranzo”, “durante una gita in macchina” ecc. L’autore esprime in questi dialoghi la sua opinione circa la scienza del diritto ecclesiastico, come egli vorrebbe di alto livello scientifico, trattata con metodo rigoroso, con oggettività, su una base assiomatica corretta augurandosi una nuova epoca di splendore per tale scienza. Egli parte dalla questione se il motore della storia sia la libertà. È un fatto reale che la libertà appartiene all’ordine dell’essere umano, è una sua dimensione ontologica, un suo diritto naturale. Nella sua radicalità, la libertà umana è una libertà orientata, aperta e ordinata alla finalità della vita umana. Hervada basa tutta la sua teoria della libertà sul diritto naturale. È tomista per quanto riguarda la base filosofica di tutta la sua dottrina. Tutto il libro è privo di note e di riferimenti bibliografici.

Un concetto sbagliato di diritto ecclesiastico minaccia la stessa disciplina. I suoi fautori chiamano tale scienza “diritto della libertà di coscienza”, “diritto di tolleranza”, “diritto di pluralismo”. In questi titoli scompare non soltanto il diritto ecclesiastico, ma anche la libertà religiosa. Non si presenta il diritto ecclesiastico come diritto dello Stato che regola il fenomeno religioso, ma come aspetto giuridico di alcuni diritti umani o di una delle caratteristiche dello Stato liberale. In seguito, l’autore analizza la provenienza ideologica e non scientifica delle denominazioni proposte. Il quarto capitolo si occupa della libertà religiosa e del relativismo. La caratteristica del relativismo consiste nel pensare che i valori morali e i modi di vita di una società in un certo momento siano esclusivamente relativi alle circostanze del periodo preso in considerazione. Di conseguenza, possono modificarsi in qualsiasi momento per prendere qualsiasi altra direzione. Secondo tale concezione non esistono valori perenni e universali. Hervada attacca l’agnosticismo, il relativismo e l’indifferentismo perché non riconoscono in pienezza il diritto della libertà religiosa. Entrambi presuppongono l’impossibilità di conoscere la verità di una religione.

Il credente, invece, che è convinto della verità di una religione, non può rimanere indifferente di fronte al transito da una religione che considera vera ad un altra che considera falsa. Il quinto capitolo risponde alla contestazione contro la struttura della Chiesa, che non corrisponde al desiderio di molti. Il sesto capitolo tratta della Chiesa come società perfetta. Anche qui San Tommaso rimane costante punto di riferimento, in quanto fu un uomo senza pregiudizi che cercava la verità dove - a suo giudizio - si poteva incontrare. Hervada sottolinea che la Chiesa cattolica è l’unica istituzione religiosa che si presenta con caratteristiche di ente di ordine supremo. Le altre religioni sono moniste, senza distinzione tra organizzazione religiosa e Stato, e per questo il loro diritto è statale (Islam) o non ammettono regole giuridiche (Protestantesimo). L’affermazione riguardo al Protestantesimo è forse esagerata, se si pensa al contributo dei giuristi protestanti allo studio della storia del diritto canonico o ai periodici di diritto protestante come la rivista “Zeitschrift für evangelisches Kirchenrecht” in Germania.

La Chiesa cattolica, invece, è dualista, il che comporta l’esistenza di due società, la società secolare e la società religiosa di ordine supremo. Da qui proviene la retta interpretazione della frase: “Ecclesia comparatur rei publicae”. La Chiesa si autopresenta come società parallela e condivide la responsabilità di portare gli uomini ai loro fini naturali e soprannaturali. La Chiesa è società perfetta, sovrana, indipendente e di ordine supremo. La Chiesa è stata, perciò, correttamente intesa da alcuni persecutori che qualificarono il Pontificato in varie occasioni come potenza straniera e l’obbedienza al Papa è fattore di ubbidienza ad una autorità simile a quella statale, che impedisce la totale obbedienza e lealtà allo Stato.

La Chiesa non è suddita dello Stato, è indipendente, sta al di fuori dello Stato. È dotata di giurisdizione simile a quella dei magistrati civili. Hervada insiste sull’equiparazione giuridica della potestà giudiziaria della Chiesa e dello Stato. Il potere del Papa è quello di un vero legislatore e di un giudice supremo. Il settimo capitolo tratta della libertà di pensiero, della libertà religiosa, della libertà di coscienza. La religione o la relazione vitale dell’uomo con Dio è il bene che viene difeso con la libertà religiosa, cioè soprattutto il rapporto dell’uomo con Dio, la sua capacità di mettersi in relazione con Dio, di adorarlo, di offrigli il culto dovuto. L’oggetto del diritto di libertà religiosa non è primariamente, come la libertà di pensiero, un sistema di idee, ma la religione, ovvero la relazione tra uomo e Dio. Sarebbe una manifesta ingiustizia se lo Stato si comportasse con equa distanza dinanzi a tutte le religioni. Così si finirebbe per negare il carattere internazionale degli accordi dello Stato con la Sede Apostolica, equiparandoli agli accordi con le confessioni non cattoliche che non hanno carattere internazionale.

Nell’epilogo, l’autore getta le basi critiche per una rinascita della scienza del diritto ecclesiastico, che non deve essere semplicemente scienza dello stato attuale, ma scienza di ciò che si dovrebbe fare. Ritiene fondamentale riscoprire le basi del diritto naturale secondo S. Tommaso nel settore che costituisce l’oggetto dello studio. Bisogna riscoprire la natura dello Stato, della relazione tra il fenomeno religioso e la comunità politica, tra il nucleo fondamentale e le caratteristiche fondamentali della libertà religiosa ecc. Infine, circoscrive l’oggetto della scienza del diritto ecclesiastico ed alcuni temi fondamentali da trattare. Rifiuta il concetto laicista dello Stato e ribadisce le due colonne del concordato spagnolo: da una parte il principio della non-confes-sionalità, dall’altra il principio della cooperazione tra Chiesa e Stato.


 
 
 
 
 
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