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Foto , Libri nostri: MIRON M. SIKIRIC, La communio quale fondamento e principio formale del Diritto Canonico , in Antonianum, 76/2 (2001) p. 380-382 .

A 35 anni dalla conclusione del Concilio e a diciotto anni dalla promulgazione del Codice di Diritto Canonico, P. Miron Sikiriƒ presenta uno studio approfondito dell’ecclesiologia conciliare per far sì che diventi mezzo imprescindibile per l’interpretazione della normativa canonica. L’opera s’ispira all’affermazione del Sinodo straordinario dei vescovi del 1985: “L’ecclesiologia di comunione è l’idea centrale e fondamentale nei documenti del Concilio”. Il concetto della communio è da considerare il principio formale del diritto canonico in quanto scienza. Da tale affermazione si spiega l’impostazione teologico-giuridica dell’opera fondata sul dialogo tra teologia e diritto canonico. L’autore segue la cosiddetta “Scuola di Monaco” che definisce il diritto canonico come “scienza teologica con metodo giuridico”.

L’opera comincia con un’analisi del termine koinonia, utilizzato dall’Antico Testamento e dal mondo greco, per giungere all’interpretazione cristiana del termine latino communio in epoca post-agostiniana. Nel medioevo il termine communio è sostituito dal concetto di societas che evidenzia meglio l’aspetto sociologico della Chiesa visibile. L’autore presenta il ripristino di tale termine nei documenti del Concilio Vaticano II nonché nella teologia e nella scienza canonica moderna soffermandosi soprattutto sui due aspetti della communio: la communio mystica e la communio societaria. Egli insiste sui tre elementi teologici costitutivi della Chiesa: la Parola, il Sacramento e la Successione Apostolica. Su loro si basa la triplice comunione orizzontale della Chiesa. Difende il diritto canonico dalle tesi riduttive che lo inseriscono nella categoria dell’ordinamento ecclesiale, ispirato da necessità empirico-teologiche, senza fondamento nello ius divinum positivum.

Il secondo capitolo di carattere teologico-giuridico presenta ampiamente l’ecclesiologia del Concilio Vaticano II, incentrata sullo strettissimo rapporto vigente tra la Chiesa universale e la Chiesa particolare. Le Chiese particolari sono formate ad immagine della chiesa universale ed in loro e da loro esiste la sola ed unica Chiesa cattolica (Lumen gentium 23). Il rapporto tra la Chiesa universale e la Chiesa particolare crea la struttura costituzionale della Chiesa Cattolica. La Chiesa particolare rende presente la Chiesa universale, mentre la Chiesa universale si esprime nella convergenza delle Chiese particolari. La communio concilia l’unità della Chiesa universale con la diversità dei ministeri, carismi, forme di vita e d’apostolato presenti nelle varie Chiese particolari. E’ proprio tale diversità che conferisce all’unità il carattere di comunione, del tutto distinto da una struttura monolitica, ma altrettanto da uno sfrenato pluralismo che si dimentica dell’unica origine della Chiesa, la volontà di Cristo, suo fondatore. L’autore affronta la questione ecumenica della communio plena all’interno della Chiesa cattolica e la communio non perfecta tra la Chiesa cattolica e le altre chiese cristiane. Anche il cattolico può perdere la piena comunione se abbandona pubblicamente o notoriamente la fede cattolica. Sikiriƒ sostiene che la pena della scomunica non priva il reo automaticamente della comunione con la Chiesa, nonostante il suo delitto grave contro gli obblighi dai quali nasce la stessa comunione ecclesiale. Il delitto ha turbato la comunione della Chiesa, ma non ne consegue necessariamente la perdita della piena comunione. Tanto meno si perde con la trascuratezza nell’adempimento dei propri doveri nella comunità ecclesiale.

I capitoli III e IV sono dedicati alle espressioni della communio nell’insegnamento della Chiesa, nella celebrazione dei sacramenti, nei carismi dei fedeli e nell’ambito della gerarchia sui seguenti cinque livelli: la comunione del Collegio dei Vescovi con il Romano Pontefice, il Concilio ecumenico, il Sinodo dei Vescovi, le Conferenze episcopali e il Sinodo diocesano.

P. Miron Sikiriƒ ha cercato di confrontare le fonti teologiche con la normativa codiciale recente e la scienza canonica immediatamente preconciliare e postconciliare. Egli dimostra una notevole capacità di sintesi nel confronto di tali testi e nell’interpretazione della normativa canonica sullo sfondo della teologia. La questione trattata è astratta e molto discussa tra le varie scuole. Egli la domina e pronuncia con grande chiarezza la sua interpretazione personale. E’ arrivato al delle sue conclusioni audaci per favorire la discussione. Ha tenuto specialmente conto degli studi dei rappresentanti della scuola canonistica di Monaco (K. Mörsdorf, W. Aymans, E. Corecco, R. Sobanski e A. Rouco Varela), ma si è anche deciso a riportare la dottrina della Scuola alternativa di Navarra (P. Lombardía, P. J. Viladrich, A. De la Hera, J. Hervada). Difende la definizione del diritto canonico come disciplina teologica con metodo giuridico concepita da Mörsdorf.

L’autore, quindi, non si limita esclusivamente all’analisi di dettagli ma presenta una sintesi epistemologica e metodologica del diritto canonico in base al concetto fondamentale della communio. Si sofferma soprattutto sui due aspetti della communio: la communio mystica e la communio societaria. Miron Sikiriƒ non si limita a riportare le opinioni altrui ma riflette, interpreta e arriva a conclusioni proprie. Ha il coraggio di decidersi anche se non tutte le conclusioni appaiono pienamente condivisibili, ma è appunto questo uno dei pregi della tesi: il coraggio dell’autore a formarsi un’opinione propria grazie ad una notevole capacità di ricerca e di sintesi.

Con questa tesi, pubblicata ora nella collana Studia Antoniana, l’autore ha conseguito il dottorato presso la Facoltà di Diritto Canonico del Pontificio Ateneo Antonianum a Roma. Attualmente egli è professore di diritto canonico della Facoltà di Teologia dei Frati Minori a Sarajevo in Bosnia. L’opera non si rivolge esclusivamente agli specialisti di diritto canonico, ma anche ai teologici e ai giuristi, per approfondire il necessario rapporto tra le due scienze in un periodo che mette tanto in luce la necessità dell’interdisciplinarietà. Serve, inoltre, a tutti coloro che curano la propria formazione dottrinale in campo pastorale ed è di notevole utilità per quegli operatori del diritto che non si accontentano di una meccanica applicazione dei canoni ma avvertono l’esigenza di tener conto dei principi ecclesiologici fondamentali per una corretta applicazione della normativa canonica nei vari campi: diritto costituzionale, diritto amministrativo, diritto sacramentale e diritto penale. Giustamente si può affermare che il lavoro riguarda il Codice intero.

 


 
 
 
 
 
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