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Rivista Antonianum
Informazione sulla pubblicazione

 
 
 
 
Foto Nobile Marco , Recensione: JOSEPH A. FITZMYER, The semitic background of the New Testament, in Antonianum, 74/4 (1999) p. 727-728 .

La casa editrice Eerdmans ha fatto un’operazione editoriale molto utile, raccogliendo in un unico volume due libri di saggi di uno dei più noti studiosi americani di filologia semitica e di scienze bibliche, attualmente professore emerito di studi biblici alla Catholic University of America, Washington, D.C. Le due raccolte sono: Essays on the semitic background of the New Testament  (1971) e A wandering Aramean: Collected Aramaic Essays (1979).  Di entrambi i libri sono state mantenute l’impostazione tipografica e l’impaginazione.

Come ammette l’autore, gli articoli sono almeno temporalmente datati, specialmente di fronte alle continue edizioni di testi qumranici e più genericamente giudaistici del periodo cosiddetto intertestamentario e di fronte alla vertiginosa pubblicazione di studi ad essi connessi. E pur tuttavia, sostanzialmente le analisi e i risultati del F. sono ancora validi e ricchi di fascino.

La prima parte della raccolta, che poi ha dato il titolo a tutto il libro, è quella più datata, perché contiene saggi compresi tra gli anni cinquanta e sessanta; ma si legge ancora con profitto: “L’uso delle citazioni esplicite dell’AT nella letteratura di Qumran e nel NT”, che offre in modo ancora audace in quegli anni lontani un saggio di ermeneutica neotestamentaria, sulla base dello studio comparativo dei testi cristiani e di quelli qumranici. In questo contesto rientra anche l’articolo sulla questione delle raccolte di citazioni veterotestamentarie di cui si sarebbero serviti gli autori neotestamentari: il fatto troverebbe sostegno nel documento 4Q Testimonia.

Ogni articolo del F. è contemporaneamente un saggio di metodologia, come “Il testo aramaico dell’“eletto di Dio” dalla Grotta 4 di Qumran”, ove già nel 1965 egli metteva in guardia dalle trappole pregiudiziali di ordine confessionale e rilevava invece quanto variegato fosse il mondo giudaico, tradizionalmente visto in modo non corretto come monolitico. Proprio questa variegatezza non permette la sovrapponibilità di figure o locuzioni come l’”eletto di Dio” e “messia” (cf. il precedente libro recensito più sopra).

Interessanti sono i saggi sul rapporto tra Paolo e la letteratura qumranica, anch’essi idonei a lumeggiare l’epoca del I secolo e ad inserire sempre più l’Apostolo nella sua epoca piuttosto che in una teologica griglia atemporale.

La seconda parte del libro, cioè la raccolta di studi aramaici, è più compatta sia per il lasso di tempo nel quale sono stati composti, gli anni settanta, sia per la tematica stessa, la cui discussione pone in rilievo il calibro scientifico dell’autore e il suo apporto magistrale.

La raccolta spazia nei più vari settori che riguardano il NT e che possano interessare o essere interessati all’”aramaistica”. Così, si può gustare l’ampio saggio sul substrato aramaico delle parole di Gesù (questione dibattutissima negli anni passati) e dei primi scrittori del NT, al quale si connette strettamente quello delle lingue parlate in Palestina nel I secolo, e, passando per lo studio di natura introduttiva sulla genesi in cinque fasi della lingua aramaica, si può arrivare all’ampia disamina attorno al contributo che la letteratura qumranica può offrire allo studio del NT. Una buona parte degli articoli che seguono è dedicata a temi particolari, quali il retroterra semitico del titolo di Kyrios o l’analisi filologica del titolo di “figlio dell’uomo”, per il F. estremamente problematico quando lo si vuole connettere con l’impiego nei vangeli: il suo uso in tali testi è intrusivo e quindi secondario; inoltre, non sembra di poter tracciare una linea retta tra la figura apocalittica di Dn 7,13 è il valore di titolo con cui esso viene adoperato per Gesù nei sinottici. Ci sembra di poter affermare che il F. sollevi qui un importante questione di “Wirkungsgeschichte”.

Altri saggi e ampi indici completano questo libro voluminoso, il quale, pur avendo bisogno di un updating, rimane ancora un’ottima introduzione al giudaismo intertestamentario su base filologica e testuale.

 


 
 
 
 
 
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