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Revista Antonianum
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Foto Diotallevi Luca , Recensione: I. BAILEY, Implicit Religion in Contemporary Society , in Antonianum, 73/2 (1998) p. 394-386 .

Attivo dalla fine degli anni '70,  Ed. I. Bailey raccoglie in questo volume il frutto della sua lunga ricerca -teorica ed empirica- sulla condizione specifica della religione nella società contemporanea.  Questo è appunto il senso molto particolare ma preciso in cui l'Autore -tra i pochi- giunge a fornire una vera e propria definizione, anche operativa, del concetto di 'religione implicita'. Non molti dei numerosissimi titoli della letteratura internazionale ed interdisciplinare sulla religione implicita hanno corrisposto con altrettanta cura alla esigenza di definizione del concetto). Se non altro per questa ragione il volume si impone come interessante lettura a teologi, filosofi e scienziati sociali interessati alla religione.

Numerose sono comunque le ragioni che raccomandano il lavoro. Vi è innanzitutto una ragione empirica.  Il volume, sintetizza ed interpreta i risultati di ben tre ricerche empiriche destinate a comprendere il fenomeno in questione. Una dedicata alla religiosità individuale; una seconda che assume come scenario un spazio pubblico: un pub; la terza concentrata sulla vita, le idee, le istituzioni di una parrocchia residenziale.  (L'Inghilterra contemporanea è lo scenario socioculturale comune.)   Raramente si può reperire in relativamente poche pagine una mèsse così ricca -soprattutto qualitativamente- di informazioni empiriche sulla religione.

Vi è poi una ragione metodologica che invita a segnalare il volume.  Il lettore giunge alla presentazione delle tre ricerche, del loro impianto e dei loro risultati, dopo essere stato accompagnato attraverso la formalizzazione del significato dei concetti chiave, delle loro implicazioni teoriche, e degli stessi passaggi che sono stati compiuti dall'Autore per rendere empiricamente sensibili, per operazionalizzare, quei concetti.  Anche in questo caso, si deve riconoscere che non è cosa frequente che le pubblicazioni dedicate alla presentazione di ricerche socioreligiose soddisfino altrettanto le esigenze metodologiche, e non di meno se ad essere in questione è il fenomeno della "religione implicita".

Il testo di Bailey si lascia poi consigliare anche come fonte -sintetica- che riassume la storia del dibattito sulla questione del religioso implicito.  Certamente gli studiosi potranno rimanere insoddisfatti per l'assenza del riferimento a questo od a quell'autore, a questo od a quel filone di studi contiguo (si pongono ad esempio "paletti" assai utili rispetto alla "civil religion" od alla "common religion", e forse poteva risultare utile che se ne ponessero anche rispetto alla "diffused religion").  Ma non si può trascurare il vantagio costituito dal poter ora disporre di uno schema assai interessante, che si presta dunque ad essere integrato o corretto.

Riconosciute queste prime ragioni di interesse, si può ben dire che ancor più forte è l'interesse teorico suscitato dal volume.

Innanzitutto Bailey mostra quale possa e debba essere il respiro della analisi sociologica dedicata alla religione (abbiamo in mente alcune recenti autorevoli richieste in tal senso come quelle di Nancy Ammermann o di Danièle Hervieu-Léger). L'attenzione alla religiosità individuale vi ha ovviamente un posto importante, ma non possono essere trascurate le manifestazioni sociali della religione che coinvolgono organizzazioni, culture, istituzioni ed altro ancora.  Bailey offre un saggio dell'ampio respiro della analisi socioreligiosa, ma mostra anche come non siano i singoli ambiti a dettare i temi, ma che al contrario un fronte d'indagine pur tanto ampio possa essere affrontato anche in una prospettiva tematicamente unitaria.

Ma soprattutto, dal nucleo del ragionamento di Bailey emerge una delle diverse comprensione possibili, ma senz'altro assolutamente credibile e molto precisa, di 'religione implicita'. La religione implicita è forma della religione specifica e caratteristica della società contemporanea.

Caratteristica della società contemporanea (effetto della forma assunta dai processi di differenziazione sociale, potremmo chiosare senza forzare il testo) è infatti la preponderanza in questa, come nella vita degli individui, di un largo spazio per l' 'ordinario', ben distinto tanto dallo spazio del 'sacro' quanto dallo spazio del 'profano' (od 'irreligioso') (p.6).  Questa struttura sociale rende inadeguate tanto la comprensione della religione come 'sacro' (sacred) quanto la comprensione della stessa come 'santo' (holy).  La religione si manifesta invece in questa situazione sociale massimamente come implicita e nella forma di 'impegno' (committment) per l'umano (p.273).

Se la società contemporanea è società secolare, lo è non perché in essa trionfa e si impone il profano, l'irreligioso, ma perché dilaga l'ordinario che può non essere, ma che altrettanto può anche essere, ambito e materia di impegno religioso. "To suggest that anything may be implicitly-religious, by no means suggests that everything is (implicitly or otherwise) religious" (p.9).

Come qualche altro autore, Luhmann ad esempio, Bailey intende la religione istituita, ufficiale, come funzionale alla religione implicita, che rappresenta non una declinazione deponente, ma la parte principale e del tutto vitale della religione nella società attuale.

C'è da sottolineare infine che, anche in questo caso, come ogni volta che l'opera socioreligiosa si fa serrata ed intensa, si accorciano le distanze tra sociologia generale e sociologia della religione (così come minori si fanno le distanze tra sociologia e saperi storico, filosofico, teologico o psicologico attenti al fenomeno religioso). La concettualizzazione della religione non può essere indipendente dalla comprensione della struttura sociale. Come più volte anche recentemente richiamato da James Beckford, il sapere socioreligioso deve saper continuamente aggiornare il proprio corredo sociologico generale.  La religione non è la stessa nelle 'small-scale societies', nelle società storiche, nella società contemporanea.

In quale relazione possono essere pensate la religione come sacro, come santo e come impegno per l'umano? La domanda non è posta dal recensore intelligente, ma dall'Autore stesso al termine del suo lavoro. Questo non tende tanto a fornirle una risposta, quanto a proporre la difficoltà di reperire una definizione meno variabile di religione come indicatore delle condizioni specifiche cui va incontro lo sforzo del sapere scientifico alle prese con l' 'umano'.  

Per altro, l'approdo del volume è sufficiente a revocare ancora una volta in dubbio tanto la utilità di una definizione sostantiva quanto quella di una definizione funzionale (nel senso di "struttural funzionale") della religione.


 
 
 
 
 
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