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Revista Antonianum
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Foto Buffon Giuseppe , Recensione: RUDOLF LILL - WOLFGANG ALTGELD - ALEXIA K. HAUS (Hrgb.), Der Kulturkampf , in Antonianum, 73/3 (1998) p. 618-619 .

"Generell kann man die Kulturkämpfe als Modernisierungskrisen bezeichnen (J. Burckhardts); als Kulminationsphasen im langen Prozeß der Sëkularisierung, welcher konstituiv für das moderne Europa gewesen ist (11). Se può essere questa la sintesi dei lavori fin qui effettuati sulla tematica presa in esame dalla selezione di documenti qui proposta da R. Lill, bisogna leggere la sua introduzione (9-26) per intravederne articolazioni di pensiero, autori, ipotesi intrepretative, spunti per ulteriori approfondimenti. Due in sostanza i filoni a cui attige l'A: gli studi maturati negli ultimi anni in ambito tedesco, nei quali egli pure ha avuto una parte consierevole (M.L. Anderson, L. Gall, R. Morsey, A. Rauscher, H. Raab, P. Stadler, tanto per citarne alcuni tra i più rappresentativi), e il prodotto finale di un'analisi comparativa, nata nell'ambito dell'Istituto italo-germanico di Trento (R. Lill-F. Traniello, Il Kulturkampf in Italia e nei paesi di lingua tedesca, Bologna, Il Mulino, 1992; uscito in traduzione tedesca a Berlino nel 1993).

Nati in un aula palamantere, nel corso di una discussione sulla crisi italiana del 1870, gli schieramenti cattolico e liberale, protagonisti del Klturkampf prussiano (1871-1887), si differenziano tanto sul piano ideologico quanto su quello sociale. Convinti delle superiori garazie offerte da una concezioone protestantico-illuminista dello stato (enuciato di F. Shnabel, 1937, poi ripreso da W. Altgeld, 1992) i liberali avrebbero emarginato i cattolici prima e i socilademocratci poi, spingendo la nazione sulla dirittura del terzo Reich. "Es ging eben in den kulturkämpfen nicht nur um konkrete und gesellschaftlichen Veränderungen azupassende Grenzen zwischen Staat und Kirche (come recitava il titolo-programma di un'opera a carattere propagandistico del giurista liberale Emil Fridberg, Tubinga 1872), sondern um den Machtanspruch des modernen Staates mit seinen prä-totalitären Zügen (24-25)

Ad accrescere la diffidenza nei confronti degli "ultramontani" erano state certamente le prese di posizione di Roma (sillabo e infallibilità), che sembravano spingere in senso opposto alla direzione precorsa dal pensiero liberele. Un peso sicuramante più rilevante lo avevano giocato però i differenti interessi economici e sociali: i liberali erano legati all'alta boghesia, lanciata verso l'industrializzazione, mentre i cattolici del Zentrum (partito interclassista ed eminentemente popolare) erano più vicini alla media borghesia e ai contadini (L. Gall, 1965).

Le novità della ricerca sembrano però emergere dall'analisi comparata dei vari contesti nazionali, in cui si osservano parallelismi e differenze. Mentre le classi dirigenti prussine, con Bismark in testa, si erano pienamante votate alla teoria di Hegels, dello stato come fons unicus juris (rigettata da cattolici e protestanti), ponedola come base della loro concezione dello stato, non altrettanto era accaduto in altri paesi Europei. I liberali autriaci e italiani, sulla stessa linea dei tedeschi per quanto riguarda la politica scolastica e la normativa sulla famiglia, non misero mai in dubbio il diritto della Chiesa ad una sua autonomia. In Austria si era recuperato essenzialmente il giuseppinismo, contro l'assolutismo confessionale applicato dal concordato del 1855, ma senza l'intenzione di usare violenza verso la Chiesa. L'Italia non fu certamante seconda a Bismark nella sua scuola giurisdizionalista e anche la polemica antiromana, a Firenze e a Roma, non fu inferiore a quella tedesca, ma non si giunse mai ad eguagliare la Prussia nella perscuzione contro le realtà eccelesiastiche. Sembra rispuntare qui, per merito del Klturkampf, la vecchia tesi braudeliana della linea di demarcazione tra nord e sud, tra "germani" e "romani": "Dem etatischen und doktrinären Liberalismus des Nordens stand somit im Süden ein authentisch bleibender, weil Pluralismus und Autonomien anerkennender Liberalismus gegenüber" (13)   

Nella parte centrale dell'introduzione (14-23) l'A passa in rassegna in senso cronologico i vari Kulturkampf (svizzero, austriaco, bavarese, prussiano ..), fermendosi soprattutto sulla legislazione: una specie di guida alla seconda e terza sezione di documenti, in cui vengono selezionate le normative emanate dal governo del Baden, tra il 1860 e il 1888 (61-79) e da quello prussiano, tra il 1871 e il 1887 (81-121). Tutta questa documentazione era stata già pubblicata in E. R. Huber-W. Huber, Staat und Kirche im 19. und 20 Jahrhundert. Documente zur Geschichete des deutschen Staatskirchenrechts II, Berlin 1976 (uscito in prima edizione nel 1971).

Raccolte insime per la prima volta, le fonti che compongono i restanti due gruppi di documentazione (la prima e la quarta sezione di documenti: rispettivamante alle pagine 27-60 e 123-172) presentano un certo interesse per le tematiche proposte. Il primo di essi tratta in gran parte questioni a carattre religioso-confessionale (cattolicesino, protestantesimo, Gesuiti) che interssano trasversalnete il periodo dello scontro chiesa-stato (si tratta di una riproduzione di documenti stampati per lo più nel corso dell'800). Il secondo si concetra su temi piuttosto politico-sociali, lasciando un certo spazio a interventi di mons. Kettler e del Windthorst, rispettivamante guida spirituale del Zentrum, il primo, e avversario politico di Bismarck nel palamento prussiano, il secondo. La raccolta è stata qui facilitata grazie soprattutto alle collezioni di documenti stampate in precedenza sul vescovo di Magonza: J.M. Raich (Mainz 1878, 1879, 1904), B. Liesen (Mainz 1877), J. Mumbauer (Kempten-München, 1911), O. Pfülf (Mainz 1899, Göttingen, 1960), R.J. Ederer (Washington D.C., 1981), R, Morsey (Paderborn, 1988), W. Ockenfels (Paderborn, 1992), E. Iserloh (Mainz, 1977-1993). Specie questa ultima parte sembra scelta appositamante per sostenere le tesi più volte proposte dal curatore pricipale della publicazione: "Die Verdikte erst nationalliberaler und nationalisticher, dann nationalsozialistischer, in der Gegenwart schließlich sozialliberaler Politiker, Publizisten und Historiker über eine antiliberale un autoritäre oder "undeutsche", jedenfalls anachronistische Kirche greifen zu kurz. Indem Männer wie Bischof Wilhelm Emanuel von Ketteler oder der Zentrumsführer Ludwig Windthorst gegen kulturelle Monopolisierung für vorstaatliche Rechte eintraten, darüber auch für die soziale Integration der Arbeiter, dachten und handelten sie moderner, weil humaner als der "Urpreuße" Bismarck, der nationalliberale Treitschke oder der linksliberale Virchow "(25).


 
 
 
 
 
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