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Rivista Antonianum
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Foto Papez Viktor , Recensione: MIRJAM KOVAC, L'orizzonte dell'obbedienza religiosa. Ricerca teologico-canonica , in Antonianum, 72/1 (1997) p. 155-157 .

L'Editrice Pontificia Università Gregoriana ha pubblicato nella collana «Tesi Gregoriana», che mette a disposizione del pubblico alcune delle migliori tesi, il la­voro dottorale di Mirjam Kovac: «L'orizzonte dell'obbedienza religiosa. Ricerca teologico-canonica». Si tratta, in sostanza, di una ricerca di sviluppo, di arricchi­mento e ampliamento della comprensione e anche della pratica di questo consiglio evangelico che è essenzialmente legato ad altri due consigli evangelici: la castità e la povertà; infatti come dice San Tommaso d'Aquino, se uno osserva anche con vo­to la povertà e la castità, ma senza il voto di obbedienza, non appartiene per questo allo stato religioso (Summ.theol. II-II, q. 186, a 8). La ricerca non si riferisce solo al voto di obbedienza ma anche al consiglio di obbedienza in tutte le sue dimensioni nella luce dell'«orizzonte» che è simbolo di sviluppo ed esprime non una realtà sta­tica, ma piuttosto dinamica di questo consiglio evangelico. Gli aspetti fondamentali e costitutivi di questo consiglio sono infatti comuni a tutte le persone consacrate, si parla di «obbedienza consacrata», però non tutte le dimensioni sono vissute in mo­do uguale in tutte le forme di vita consacrata. Solo quando diversi modi di vita de­terminano una diversa obbedienza dei religiosi, allora si può parlare veramente di «obbedienza religiosa» (p. 6).

La «dinamica» della comprensione dell'obbedienza viene analizzata da tre punti di vista: - dal punto di vista del soggetto che cerca la comprensione dell'ob­bedienza. Il soggetto non è stato sempre lo stesso: ai fondatori di ordini religiosi si aggiunsero anche i teologi e i canonisti; con Vaticano II diventa il patrimonio di tutta la Chiesa; - dal punto di vista dall'obbedienza stessa nelle sue varie dimensioni e nel rapporto reciproco tra di loro che determina una data comprensione di questo consiglio. Dalla dimensione giuridico-legalistica del voto di obbedienza si arriva alle altre sue dimensioni: teologica, cristologica, trinitaria, ecclesiologica, antropologica, mariologica, pedagogica. Tutte queste dimensioni formano un'unità armonica; -dal punto di vista dell'estensione dell'obbedienza ossia quale portata ha questo con­siglio nella vita della Chiesa e anche nel progetto salvifico di Dio. Dall'obbedienza vista come il voto con cui ci si vincolava ad obbedire o vista come il consiglio evan­gelico con cui si seguiva Cristo si è arrivati ad un cambiamento qualitativo, un nuo­vo modo di vedere la realtà della «sequela più stretta di Cristo» (pp. 268; 286). Dal-l'«obbedienza religiosa» si è arrivato all'«obbedienza consacrata» e si apre un nuo­vo orizzonte quello dell'«obbedienza filiale» (p. 287).

Il volume di M. Kovac è diviso in sei capitoli con bibliografia e fonti abbondan­te. Alla fine sono aggiunte 16 «appendici» (pp. 289-316) con gli schemi dei testi del Vaticano II e dei capitoli canonici del CIC che si riferiscono all'argomento trattato.

Il primo capitolo parla dell'obbedienza secondo alcuni fondatori di ordini re­ligiosi: San Basilio, San Benedetto, San Francesco d'Assisi e Sant'Ignazio di Loyola. Se per il Padre del monachesimo orientale l'obbedienza è un'espressione privilegia­ta della carità ordinata all'utilità comune, questa invece è per il Padre del monache­simo occidentale un mezzo efficace nella via del ritorno a Dio dal quale l'uomo si è allontanato a causa della sua disobbedienza. L'obbedienza di San Francesco è «un'obbedienza nella Chiesa e alla Chiesa»; per la prima volta nella storia della Chiesa un Ordine prometteva obbedienza direttamente al Sommo Pontefice (pp. 22-23). L'obbedienza di Sant'Ignazio invece è il mezzo con cui ognuno può realiz­zare la sua vocazione da seguire Cristo, è «il modo di vita». L'obbedienza ignaziana ha un forte accento apostolico, perché essa è lo strumento di un apostolato efficace e la via più consona per creare la comunione tra i seguaci di Sant'Ignazio.L'obbedienza di Sant'Ignazio non è orientata all'ascesi ma all'apostolato, alla missione (p. 30).

Il secondo capitolo tratta dell'obbedienza religiosa nella storia del Concilio Va­ticano II. Vengono presentati i testi della «Lumen Gentium» e del decreto «Perfe-ctae caritatis». In tutti e due i documenti conciliari «l'obbedienza trova posto come uno degli elementi essenziali della vita religiosa» (p. 35); viene presentata la dimen­sione cristocentrica dell'obbedienza e il suo aspetto ecclesiologico e apostolico. E interessante che LG 46 parlando del «genus vitae virginalis ac pauperis, quod sibi elegit Christus Dominus» non accentua anche l'obbedienza. La risposta della Com­missione dottrinale a questa «mancanza» è molto significativa e attende le ulteriori spiegazioni: «Oboedientia non facit genus vitae speciale» (p. 53, nota 51).

Il terzo capitolo è dedicato ad uno sguardo d'insieme sulla dottrina conciliare che è frutto di «una lunga maturazione» (p. 83). Durante il Concilio, molti Padri conciliari hanno aperto un'ampia discussione sulla problematica se l'obbedienza re­ligiosa sia un consiglio del Nuovo Testamento. Il Concilio ha trovato il fondamento biblico dell'obbedienza religiosa che è l'obbedienza di Cristo al Padre, accentuando il suo aspetto ecclesiologico e antropologico.

Il quarto capitolo presenta l'obbedienza religiosa nel periodo tra il Concilio e il nuovo Codice di Diritto Canonico, periodo segnato dalla ricerca di applicare alla vita l'insegnamento conciliare sull'obbedienza e di trovare un'unità tra tutte le sue dimensioni. In questo periodo sono stati pubblicati importanti documenti, che non solo ripetono la dottrina conciliare sull'obbedienza, ma rappresentano un ulteriore approfondimento: «Renovationis causarti», e «Mutuae relationes», trattano l'obbe­dienza dal punto di vista formativo e da quello del rapporto con la gerarchia; è sot­tolineata la dimensione pedagogica ed ecclesiale dell'obbedienza; «Evangelica testi-ficatio» accentua la dimensione antropologica accorgendosi dei grandi problemi che dopo il Concilio sono sorti nella comprensione dell'obbedienza religiosa; il pa­pa Paolo VI parlando dell'obbedienza religiosa mette al centro Cristo, non solo la sua missione, ma soprattutto la sua persona e la sua vita; il papa Giovanni Paolo II invece pone il fondamento dell'obbedienza religiosa nella sua dimensione cristolo-gica accentuando di più il suo carattere salvifico.

Il quinto capitolo è dedicato all'obbedienza nel Codice di Diritto canonico at­tuale. Il CIC ha ampliato la comprensione dell'obbedienza religiosa dandole una di­mensione eminentemente ecclesiale e legandola non solo ad una dimensione este­riore, ma al suo fondamento ultimo (p. 215). L'obbedienza viene vista alla luce del­la potestà negli Istituti che non è più detta dominativa, ma è dichiarata potestà ec­clesiastica pubblica, anche se non è «potestas regiminis» (p. 211).

L'ultimo capitolo segue il periodo successivo al Codice che raggiunge la sua meta nell'esortazione apostolica post-sinodale di Giovanni Paolo II «Vita consecra-ta», introducendo una significativa novità: l'obbedienza di Cristo e la sua amorosa adesione al progetto del Padre sono un riflesso della pienezza delle relazioni tra le tre Persone divine (p. 262). Nei documenti successivi al Codice emerge in modo speciale la dimensione cristologica con una particolare attenzione al carattere re-dentivo e salvifico dell'obbedienza di Cristo (p. 263).

«Magna quidem paupertas, sed maior integritas bonum est, oboedientia maxi­mum, si custodiatur illaesa» (Extravagantes Joannis XXII, Tit. XII, De verborum significatione, e. 1). Il presente lavoro di M. Kovac è senza dubbio un importante contributo teologico-giuridico ad una chiarificazione e ad una retta comprensione dell'obbedienza religiosa legata all'esercizio della potestà dei Superiori. La crisi del­la potestà provoca infatti la crisi dell'obbedienza. Il volume di M. Kovac sarà molto utile agli studiosi di teologia e di diritto canonico, a quelli che con spirito di fede e di amore si sottomettono alla volontà dei Superiori quali rappresentanti di Dio (can. 601), e anche a quelli ai quali rimane ferma l'autorità di decidere e di coman­dare ciò che va fatto (can. 618).


 
 
 
 
 
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