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Foto Schoch Nikolaus , Recensione: Matrimonio e disciplina ecclesiastica (Associazione Canonistica Italiana, Quaderni della Mendola, n. 3; a cura del Gruppo Italiano Docenti di Diritto Canonico), in Antonianum, 72/1 (1997) p. 157-160 .

L'opera contiene tutte le relazioni del XXI incontro annuale dei Docenti ita­liani di Diritto canonico, tenutosi al Passo della Mendola dal 4 all'8 luglio 1994. La collana comprende finora tre volumi, il primo dedicato alla funzione di insegnare, il secondo alla funzione di santificare ed il terzo, cioè quello preso qui in conside­razione, al matrimonio.

Viene esposto quasi tutto il titolo VII del quarto libro del Codice latino più gli aspetti specifici del diritto matrimoniale nel Codice orientale. A proposito del titolo che è molto generico e perciò impreciso, gli autori ammettono che esiste già un'ab­bondante letteratura a riguardo. Propongono un nuovo testo su un argomento sia vastissimo che frequentemente trattato e giustificano la loro opera con il desiderio di aiutare i fedeli e i pastori d'anime a celebrare bene il matrimonio, offrire stru­menti didattici ai docenti e venir incontro alla soluzione dei complessi problemi da affrontare da parte dei Tribunali Ecclesiastici. Gli autori sono tutti docenti nelle fa­coltà di diritto canonico pontificie a Roma o nelle facoltà teologiche italiane.

La presente recensione tenta di mettere in rilievo alcune questioni interessanti non solo dal punto di vista didattico o pastorale ma soprattutto dal punto di vista scientifico e terminologico.

Il primo articolo, affronta tematiche generali di natura prevalentemente teo­logica che costituiscono il fondamento delle norme preliminari sul matrimonio. Il tema «Il matrimonio patto naturale e realtà sacramentale» è trattato da Urbano Navarrete che sintetizza il concetto di matrimonio in quattro elementi che si intrec­ciano. Due sono fondamentali: l'elemento giuridico, il contratto, che riflette la realtà creazionale e l'elemento teologico, il sacramento, che rispecchia la realtà so­prannaturale. A questi elementi si aggiunge il fatto della consumazione, di grande portata per la realtà soprannaturale, e il quarto dato, la ratificazione, che determi­na il grado di stabilità del vincolo (10). Questa stretta unione tra realtà creazionale e realtà soprannaturale ribadita dall'autore fa fronte alle correnti teologiche che tentano di separare questi elementi riservando la realtà sacramentale ad un piccolo gregge di fedeli particolarmente consapevoli e zelanti.

Rivolto agli assertori della necessità della perseveranza di fatto del consenso matrimoniale durante la convivenza coniugale (« consensus continuus»), Navarrete risponde con la dottrina prevalente a partire dal medioevo ed accettata anche dagli ordinamenti civili occidentali e cioè che il consenso delle parti esercita la sua cau­salità efficiente solo al momento della celebrazione (15). Riguardo alla collocazio­ne del matrimonio in una determinata categoria di atti giuridici Navarrete osserva giustamente che si tratta qui piuttosto di una questione terminologica, opinione condivisa dal legislatore che utilizzò nel can. 1055 ambedue i termini, cioè «foedus» e «contractus» per significare la stessa realtà (18).

Joseph Prader, nel suo articolo «Aspetti specifici nel codice orientale rispetto al codice latino in materia matrimoniale» analizza i cann. 780 e 781 che, seguendo il Decreto sull'Ecumenismo del Concilio Vaticano II, riconoscono la legislazione delle Chiese orientali separate salvo il diritto divino. Alla stessa condizione si rico­nosce anche la disciplina matrimoniale delle Chiese occidentali separate (40-41). Nel giudizio circa la validità delle nozze, si devono giudicare i vizi di consenso fon­dati sul diritto divino positivo e naturale secondo i canoni del diritto canonico cat­tolico, per quanto invece riguarda i vizi di consenso fondati sul diritto umano (dolo, condizione) o impedimenti di diritto umano (difetto di età) o difetto di forma ci si deve attenere alla disciplina della Chiesa di appartenenza al momento della cele­brazione. La forma si può riconoscere solamente se si trattava di una forma pub­blica (44). Mentre per i cattolici la separazione contratto - sacramento è inconcepibile per diritto divino, le Chiese orientali separate riconoscono il contratto matri­moniale tra battezzati che si trovarono nell'impossibilità di rintracciare un sacerdo­te solo come naturale. Sia il codice latino che quello orientale invece, considerano un tale matrimonio valido e sacramentale (48-49).

Valerio Adriano affronta il tema: «Problematica generale su impedimenti e proibizioni al matrimonio canonico» (51-62).

Paolo Bianchi, nel contributo «Il canone 1095» ribadisce giustamente l'impor­tanza della visione cristiana dell'uomo che soggiace all'ordinamento positivo cano­nico come presupposto per la retta interpretazione del can. 1095. Questa visione di­venta punto di riferimento quando si tratta di valutare il grado di libertà interna. Una libertà limitata a causa di tensioni o condizionamenti non e da equiparare alla mancanza totale di libertà interna che potrebbe causare una incapacità consensua­le. Come possibili cause di un fallimento coniugale sono da prendere in considera­zione anche la cattiva volontà e il peccato deliberato (69-70). Riguardo all'«incapa-citas adsumendi» pare fondamentale definire adeguatamente il concetto del «bo­num coniugum», compito che non può riuscire, se non si tiene conto dell'antropo­logia cristiana che ritiene «bonum coniugum» «la semplice assenza di tensioni de­rivante dalla realizzazione o dall'equilibrio dei bisogni della vita sia fisica che psi­cologica» (73). Non è da considerare neanche «bonum coniugum» la semplice realizzazione dei desideri personali (73).

Giuseppe Ruaro si dedica all'«Errore e dolo nel consenso matrimoniale» (85-100). Giuseppe Putrino analizza «Il consenso matrimoniale condizionato» (101-114). Il momento della celebrazione viene preso in considerazione da Alberto Ta-nasini sotto il titolo «Forma del matrimonio» (115-140).

Velasio de Paolis nella sua trattazione dei matrimoni misti si dedica, data l'at­tualità in Italia, ai matrimoni tra musulmani e cattolici spiegando la visione musul­mana del matrimonio e le conseguenze che ne scaturiscono specialmente per le donne cristiane (164-168). Gesuino Prost presenta le norme per la separazione e la dissoluzione del vincolo matrimoniale: «Separazione: lo scioglimento del vincolo coniugale» (169-186).

L'articolo di Gianpaolo Montini «La convalidazione del matrimonio: sempli­ce; sanazione in radice» considera la sanazione in radice come superamento «mor­bido» dell'obbligo della forma canonica e ricorda la delegabilità della facoltà dei ve­scovi diocesani per sanare singoli matrimoni invalidi (187). L'autore osserva inoltre giustamente che il matrimonio civile è convalidatale perché non si può presumere che esso contenga una anomalia di consenso perché l'esclusione dell'indissolubilità è da provare e non va presunta equiparando la scelta del matrimonio civile ad un atto positivo di volontà (192-193). L'autore fa riferimento alla norma del can. 1127 § 2 e richiede solo una forma pubblica per la possibilità della sanazione.

Insostenibile pare invece un'altra affermazione dello stesso autore e cioè che nel caso della petizione della sanazione in radice il consenso invalidamente emesso non si presume cessato anche se è stato richiesto formalmente il divorzio civile (201). Anche in questo caso l'autorità concedente la sanazione potrebbe procedere. A nostro avviso però è esclusa la concessione della sanazione e di deve avviare la convalidazione con rinnovo del consenso. La ragione è che non valgono le presun­zioni di validità del processo di nullità del matrimonio per la sanazione perché non è dubbio ma ovvio che si tratta di un matrimonio canonicamente nullo. Un consen­so invalidamente emesso si può revocare anche implicitamente come avviene nel caso della richiesta del divorzio. Se due coniugi sposati civilmente chiedono il divor­zio civile e dopo la sanazione in radice non si capisce in base a che argomento sì può presumere la non-revoca del consenso. Anzi in questo caso è da presumere con la «praesumptio hominis» che il consenso è cessato e che almeno in un certo mo­mento della convivenza nel matrimonio invalido i coniugi non volessero persevera­re nella loro vita coniugale (can. 1161 § 3 e 1162 § 1). Nonostante questa critica considero il contributo di Montini uno dei più validi del libro perché affronta co­raggiosamente le problematiche aperte offrendo soluzioni chiare fondate su argo­menti ben ponderati.

Al diritto particolare, infine, si dedicano Vittorio Zoboli sotto il titolo «Il de­creto generale della CEI sul matrimonio canonico. Caratteristiche generali e profili canonistici» (215-236), e Paolo Urso con l'articolo: «Alcuni nodi concordatari» (237-256). Così si conclude l'arco di tutto il diritto matrimoniale inclusa la legisla­zione particolare in Italia.

La qualità dei contributi varia secondo l'autore. Gli argomenti trattati sono molto vasti e perciò gli articoli appartengono piuttosto alla letteratura manualistica. Non è possibile affrontare come ricerca scientifica, ad esempio, tutta la problema­tica del consenso viziato per errore e dolo o per condizione in 15 pagine. Viene ri­proposta, riassunta e meglio formulata la dottrina già risaputa. Non si possono per­ciò aspettare grandi novità. Si deve però riconoscere che gli autori sono consci di questa problematica ed offrono un manuale valido per gli studenti di teologia e di­ritto canonico nonché per gli operatori del diritto nei tribunali e nelle curie dioce­sane.

Tenendo conto dell'indirizzo consapevolmente scelto, si può dire che gli autori hanno senz'altro raggiunto il loro scopo. I contributi sono caratterizzati da un lin­guaggio comprensibile, una strutturazione chiara, una facilità di consultazione per argomenti della dottrina generale sul matrimonio ed, infine, un eminente interesse pastorale e giudiziale. Notevole è pure lo sforzo di presentare la legislazione par­ticolare e concordataria in Italia.


 
 
 
 
 
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