Nobile Marco ,
Recensione: Uwe Becker, Richterzeit und Kònigtum. Redaktionsgeschichtliche Studiai zum Ri-chterbuch ,
in
Antonianum, 70/2 (1995) p. 299-301
.
La tesi dottorale che viene presentata, è di grande interesse per gli attuali studi attorno ai libri storici dell'AT. Essa, difatti, si situa nella ricerca e nel dialogo necessari per venire a capo dei molti problemi che la storia deuteronomistica (Dt + Gs-2 Re) e le sue relazioni con il pentateuco pongono.
Un valore particolare viene, poi, dal fatto che il Becker ha scelto come oggetto d'indagine un intero libro, i Giudici (eccetto i ce. 13-16, cioè il racconto di Sansone), così che ci si trova di fronte ad uno studio sistematico di ampio respiro, che può rendere conto in maniera adeguata delle tesi sostenute, per la verità interessanti e costruttive.
L'a. intende con questo suo studio perseguire tre obiettivi: 1) rilevare l'atteggiamento variegato storico-letterario espresso dai testi nei riguardi della monarchia e il rapporto di questa con l'epoca dei Giudici; 2) compiere un lavoro di storia della redazione, non ancora affrontato in modo esauriente in sede scientifica; 3) infine, ridare lustro alla tesi di M. Noth circa l'unità d'autore a riguardo dell'opera deuteronomistica, nonostante che molti studiosi oggi partano dal dato pacifico e indiscusso della sua stratificazione (Veijola, Dietrich, Gerbrandt). Certo, la posizione del B. non è esattamente quella del Noth, dato che tiene conto della evoluzione della ricerca e ne accoglie i parziali risultati; tuttavia, dislocando tutto il libro dei Giudici all'epoca esilico-postesilica (quindi, nessuna redazione giosiana), dà una più grande importanza, rispetto agli altri interlocutori, all'operazione redazionale della prima fase, compiuta dallo « storico deuteronomista » (DtrH), al quale viene riconosciuta meritatamente la qualità d'autore vero e proprio, quindi di creatore di testi, e non di semplice redattore.
Il B. realizza tutto ciò attraverso una dettagliata analisi letteraria dei testi dei Giudici in successione narrativa, confrontando spesso questi con i dati del libro di Giosuè, vicino e affine e capace di essere metro di raffronto per stabilire le priorità dei singoli testi.
L'analisi della prima unità, 1,1-2,5 dà come risultato la presenza di due redattori, posteriori a DtrH (ai quali tutto lo studio farà corrispondere grosso modo due fasi redazionali successive alla prima), e cioè un autore tardo-dtr, il quale avrebbe anteposto al libro dei Giudici già sostanzialmente composto da DtrH, la lista dei luoghi della Palestina non conquistati, e un cosiddetto « Juda-Redaktor », cioè un redattore che ha trasformato detta lista, orientandola a favore di Giuda e di Gerusalemme.
L'analisi di 2,6-9, il brano di transizione da Giosuè a Giudici, spartisce il pezzo, in verità in modo complicato, tra un tardo Dtr (2,6s) e DtrH (w. 8-10).
2,10-19, invece, costituisce l'autentica introduzione di DtrH, e tutta sua, contro Richter e Beyerlin. Lo stesso DtrH avrebbe creato la categoria del mósì'a = « (giudice) salvatore », annettendogli, oltre alla connotazione teologica, anche quella istituzionale del termine affine di sófet = « giudice ».
2,20-3,6 è una pericope di sapore giudiziale, ascrivibile al tardo Dtr, al quale il nostro dà qui ed altrove anche la sigla di DtrN, e ad altri interventi tardivi.
L'analisi si continua con la sequela di giudici: aprono la serie Otniel (3,7-11) ed Ehud (w. 12-30), opera di DtrH, anche se per il secondo giudice DtrH ha adoperato una storia più antica. È quanto si può ricavare anche dalla storia di Debora e Barak (ce. 4-5), ove DtrH ha lavorato attorno ad un nucleo del cantico di Debora e attorno alla « tradizione di Iabin », mostrandosi un autentico autore letterario, specialmente per il e. 4. La sua creatività, oltre che letteraria anche teologica, starebbe nell'aver fatto del re di Hazor, Iabin, il re di tutto Canaan, per presentare un'idea negativa della monarchia.
Ma il tema della monarchia è al centro degl'interessi della seguente narrazione, quella di Gedeone e del figlio Abimelech (ce. 6-9). È qui che il B. riscontra e svolge in particolare la sua tesi sul tema. La storia di Gedeone e di Abimelech sarebbe stata fondamentalmente scritta da DtrH, in chiave nettamente antimonarchica; in seguito, essa sarebbe stata rimaneggiata e ampliata più volte, prima da DtrN, in un senso antimonarchico più mitigato e piuttosto moraleggiante, poi da un ulteriore gruppo non meglio definito (quanti debiti bisogna pagare all'acribia di una certa analisi storico-critica...), infine da mani della « scuola dtr ».
Altro pezzo letterario di DtrH si rivela il racconto di Iefte (10,6-12,6).
Un discorso a parte merita la lista dei « piccoli giudici » (10,1-5/12,7-15), interrotta a metà dalla storia di Iefte. La divisione della lista e la inserzione del racconto sono opera del DtrH, il quale ha così operato su una tradizione a disposizione per conferire ai « piccoli » e ai « grandi » giudici uguale peso e creare così quella categoria interessante di giudice, che è un vero e proprio ufficio istituzionale (Ami), ricco però di teologia.
Infine, i rimanenti ce. 17-21 sono l'intervento di un altro redattore ancora, che andrebbe ricercato nelle vicinanze del redattore del pentateuco e che avrebbe espresso una posizione dichiaratamente promonarchica, tramite il ritornello di 17,26; 18,la; 19,la; 21,25: « In quel tempo non c'era re in Israele e ciascuno faceva quel che più gli piaceva ». Una situazione chiaramente anarchica che richiedeva l'avvento della monarchia. Con questo redattore si raggiunge in pratica la configurazione attuale dei libri storici e, aggiunge il B., il distacco della storia dtr dal pentateuco.
Su quest'ultima interessante affermazione vi sarebbe da porre una questione che investe l'atteggiamento metodologico di tutto il libro. Bisognerebbe chiedere all'a. come mai, anche se la sua puntuale analisi lo conduce a scoprire un intervento del redattore pentateucale nel libro dei Giudici, parla di distacco e quindi, aggiungiamo noi, di destini separati tra il pentateuco e i libri dtr? È vero, non era nel piano dello studio interessarsi di ciò, ma non sarebbe stato opportuno trarre delle felici conseguenze, a mo' di ipotesi di lavoro almeno accennata, dai felici risultati dell'indagine? Perché parlare di spaccature e non di possibili grandi quadri redazionali unitari, coinvolgenti il pentateuco e la storia dtr ed esprimenti una grandiosa teologia? Certo, alla fine si è avuta una cesura tra Torà e Profeti Anteriori, ma le tesi come quella del B. saltano troppo presto un passaggio importante nella genesi dei testi, quello di un progetto teologico che il redattore, P o post-Dtr o come lo si voglia chiamare, poteva avere nell'intervenire in modo massiccio nei testi esistenti. Di tale disegno si ha del resto una prova estema dalla tradizione alessandrina e dalla sequela secondo cui ha impostato Genesi-2 Re. Ma non mancano sostanziose prove interne, come lo stesso B. ha dimostrato col suo lavoro.
Siamo del parere che questo tipo d'« impasse » metodologico potrà essere superato se si coniugherà all'acribia diacronica (a protezione dal soggettivismo sincronico) la presa di coscienza della fondatezza critica dell'analisi sincronica (a difesa dal soggettivismo e dalla pregiudiziale conservatrice della lettura diacronica).
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