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Revista Antonianum
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Foto Nobile Marco , Recensione: Jean Daniélou, Le origini del cristianesimo latino. Storia delle dottrine cristiane prima di Nicea , in Antonianum, 69/1 (1994) p. 118-119 .

Un classico come il presente libro, non avrebbe bisogno di presentazione. Se lo si fa, è per sottolinearne ancora la ricchezza e originalità di contenuti che lo contraddistinguono e lo rendono attuale, come si addice appunto ad un classico. Esso è il terzo volume della trilogia che il grande studioso francese, scomparso nel lontano 1974, dedicò alla storia del giudeo-cristianesimo. Negli altri due vo­lumi, anch'essi pubblicati dalle Edizioni Dehoniane, egli aveva affrontato rispetti­vamente le origini del cristianesimo nell'ambito dell'apocalittica giudaica (Teolo­gia del giudeo-cristianesimo) e il confronto tra cristianesimo ed ellenismo (Messag­gio evangelico e cultura ellenistica). Nel presente saggio, viene invece affrontato lo studio dell'incontro del cristianesimo, nella sua anima giudaica, con il mondo la­tino. Ne scaturisce una trattazione tanto densa quanto affascinante.

La prima parte del libro è dedicata alle tracce di giudeo-cristianesimo latino delle origini, perlopiù anonime, perché si trattava dei primi, anche se promét­tenti, passi di un cristianesimo proprio al mondo latino, che però traeva linfa di­rettamente da fonti giudaiche. Si è quindi di fronte a un'opera di traduzione dal greco sia di testi canonici (testimonia biblici, Bibbia latina) sia di opere extracano­niche (Pseudobarnaba, Pastore di Erma, Clemente), avvenuta abbastanza presto, già nel secondo secolo. È proprio tale antichità che rende conto di quel successivo pensiero sistematico latino, che ha in Tertulliano, Cipriano, Minucio Felice e No-vaziano i suoi campioni, ma che nel contempo suppone una relativamente lunga gestazione linguistica e concettuale. Rimane comunque il fatto che matrice del cristianesimo latino è stato il giudeo-cristianesimo, anche se, come vuole la legge della storia, tali operazioni teologico-letterarie hanno lasciato presto il posto ad una reazione anti-giudaica, dovuta ad una volontà di affrancamento dalla ormai insufficiente matrice (V Esdra, Adversus Judaeos, De montibus Sina et Sion). E tut­tavia, nonostante questi tentativi, l'antica origine del cristianesimo latino non è mai venuta meno e la presenza del giudeo-cristianesimo sarà sensibile ancora nel successivo pensiero latino (Commodiano, De Pascha Computus, Vittorino di Peto-vio). I primordi del cristianesimo latino furono segnati anche dal confronto inevi­tabile con il paganesimo (Passio Perpetuae, De centesima, sexagesima, tricesima, De aleatoribus).

Fin qui, la letteratura latina aveva avuto un livello popolare. Col passare del tempo, essa avrebbe però sentito la necessità di una lingua più elevata. L'argo­mento della seconda parte è la nascita di tale tipo di letteratura. Gli autori di ri­lievo sono i quattro sopra menzionati: ad essi è da ricondurre lo sforzo del cristianesimo di superare l'ambiente popolare e il debito linguistico continuato con la lingua greca, per raggiungere dei mezzi espressivi colti e originali. Se però Minu-cio Felice e Novaziano hanno raggiunto il loro obiettivo, adoperando il latino classico, sarà Tertulliano che forgerà l'originale latino cristiano.

Rimaneva intanto, in tale periodo, il problema, fatale per il mondo occiden­tale, di definire la propria identità cristiana in contrasto con quella giudaica. Ne risultava una tensione non facilmente appianabile, che paradossalmente si ali­mentava della stessa letteratura giudaica intertestamentaria, guardata talora con deferenza (1 Enoc, il Libro di Adamo, gli Oracoli Sibillini). Ma questa non era l'u­nica preoccupazione dei nuovi «sistematici», i quali cercavano soprattutto di arti­colare e strutturare un pensiero cristiano «latino». L'apparato concettuale veniva offerto dagli orientamenti filosofici correnti nel mondo classico: lo stoicismo e il platonismo.

Nella terza e nella quarta parte della sua opera, il D., dopo aver precedente­mente fatto una disamina comparativa della teologia cristiana rispetto al mondo giudaico e pagano, affronta l'analisi di detta teologia in se stessa. Seguendo tre fi­loni teologici, la teologia biblica, la teologia sistematica e l'ecclesiologia, l'Autore pone in rilievo come la prima abbia avuto i suoi campioni sia in Tertulliano che in Cipriano, mentre la seconda e la terza hanno ricevuto come artefici, rispettiva­mente, Tertulliano, sistematico per eccellenza che ha dato al pensiero occidentale dignità di autonomia e originalità, e Cipriano, teologo che ha posto le basi del­l'ecclesiologia occidentale.

Naturalmente, la sintesi offerta in queste righe non fa giustizia ad un testo denso di contenuti e di dati, qual'è l'opera in questione. Ma non poteva essere di­versamente. Sono da lodare gli apparati di contorno (bibliografia e indici) e, in parte, la cura editoriale dell'opera; in parte, perché vi è un curioso e vistoso neo nella traduzione. I traduttori sembrano ignorare l'identità di alcuni autori impor­tanti, presenti nel libro, mostrando così di non essere conoscitori di quanto anda­vano traducendo. Difatti, spesso rendono i nomi citati dal Daniélou secondo la dizione francese. Oltre Columelle, al posto di Columella (Lucio Giunio Mode­rato), si trovano le perle Jamblique (Giamblico), Hieroclès (Ierocle) (p. 221) e Aulu-Gelle (!) (Aulo Gellio) (p. 246).


 
 
 
 
 
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