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Rivista Antonianum
Informazione sulla pubblicazione

 
 
 
 
Foto Aracic Dinko , Recensione: Walter Lųtgehetmann, Die Hochzeėt von Kana (Joh 2, 1-11). Zu Ursprung und Deutung einer Wundererzāhlung ini Rahmen johanneischer Redaktionsgeschi-chte , in Antonianum, 65/4 (1990) p. 668-670 .

Il racconto delle nozze di Cana, uno dei più studiati del quarto vangelo, viene affrontato dalla presente ricerca a partire dall'origine e dal significato del miracolo nel contesto della storia della redazione giovannea. La breve peri-cope suscita numerose domande riguardanti il primo segno operato da Gesù, la fede dei discepoli, «il terzo giorno», la struttura contenutistica del testo, la storia delle redazioni, il rapporto con il contesto, con la storia delle religioni e il possibile influsso del culto dionisiaco. Quale interpretazione può scaturire dalla pericope: allegorica, mariologica, sacramentale, pneumatologica, cristo-logica o storico-religiosa?

Rimane anche la questione della composizione del brano: appartiene alla tradizione pre-evangelica, oppure è stato inserito successivamente? Il vangelo di Giovanni, secondo l'A., non costituisce un'opera di un solo redattore, ma  rappresenta il frutto dell'intervento di vari redattori. Le opposizioni e le con­traddizioni del quarto vangelo possono essere chiarite solo ammettendo la par­tecipazione di più autori con differenti concezioni cristologiche (15).

La prima parte dello studio passa in rassegna le principali interpretazioni esegetiche, presentando lo stato attuale della ricerca. Del centinaio di studi de­dicati all'argomento, la maggior parte analizza i singoli punti del racconto con metodi molto differenti tra loro. Tra questi, l'A. sceglie una ventina di inter­pretazioni, in prevalenza di provenienza anglosassone, disposti in ordine cro­nologico, che dipendono dalla posizione fondamentale, dal significato che i singoli autori attribuiscono all'idea principale del quarto vangelo. La preoccu­pazione principale della ricerca è quella del contesto in cui viene situata la pe-ricope (46). Secondo alcuni Cana non sarebbe altro che la storicizzazione del­l'idea del «nuovo» portato da Gesù, di cui è simbolo il vino nuovo che sostitui­sce quello vecchio, simboleggiato dall'acqua per la purificazione dei Giudei.

La critica letteraria evidenzia due motivi centrali: le nozze e il cambia­mento dell'acqua in vino, elementi fondamentali per l'interpretazione del testo considerato omogeneo, con unità coerente e sincronica (121). Alcuni concetti come «il terzo giorno», «le nozze», «il vino», «la donna», «l'acqua», «il se­gno», «la gloria», «l'acqua diventata vino», vengono analizzati dall'A. nel con­testo della letteratura giudaica, antico e neotestamentaria e di quella rabbinica per scoprirne il loro significato (134-282).

La sintesi delle varie posizioni esegetiche, svolta nella prima parte, per­mette all'A. di costruire, nella seconda parte, una interpretazione personale (284-348). Questa nuova interpretazione suppone la priorità metodologica del­l'analisi testuale, nel comprendere le pericope in modo sincronico, in relazione al suo contesto più vasto (284).

Il racconto delle nozze di Cana non costituisce un'unità a parte, a sé stan­te, esso invece appartiene all'insieme del quarto vangelo (286): il brano è pre­ceduto dal Prologo (1, 1-18), dalla testimonianza del Battista (1, 19-34) e dalla chiamata dei primi discepoli (1, 35-51). Al centro di questi brani, come pure al centro dell'intero vangelo, sta la cristologia che viene espressa in vari modi e con differenti figure narrative: racconto dei miracoli, logion, lunghi discorsi, ecc. Questa «monomania cristologica» (286) è presente anche nel primo capi­tolo che presenta Gesù quale Logos incarnato, Messia, Figlio di Dio e Re d'I­sraele. Gli stessi brani contengono anche delle professioni di fede cristologica che hanno bisogno non soltanto di una conferma da parte dei discepoli (1, 49), ma soprattutto di una rivelazione esplicita (291).

Il Prologo costituisce dunque l'introduzione del quarto vangelo, l'entrata grandiosa, ricca di affermazioni sul protagonista e sulle sue opere. Posto in tale contesto il racconto di Cana (Gv 2, 1-11) giustifica le affermazioni del primo capitolo e nello stesso tempo costituisce l'inizio della fondazione del vangelo (296). Così la pericope di Cana racchiude innanzitutto un significato cristologi-co. Sembra improbabile che dopo le solenni affermazioni cristologiche del pri­mo capitolo e della promessa ai discepoli di vedere cose maggiori (1, 50) possa seguire, nel secondo capitolo, un racconto senza alcun interesse cristologico (292). La promessa ai discepoli viene compiuta ed essi assistono alla rivelazione di Gesù attraverso il primo segno e mediante la manifestazione della sua «doxa» che avviene «il terzo giorno».

Il motivo delle nozze viene collegato con il cambio dell'acqua in vino all'interno di uno sposalizio del terzo giorno, quando Gesù dà inizio ai suoi miracoli e manifesta la sua identità divina. «Fu invitato alle nozze anche Gesù», trova il suo parallelo in Gv 1, 14: «il Verbo si fece carne» (310). La ri­velazione cristologica avviene mediante l'immagine delle nozze e del cambia­mento dell'acqua in vino, figura simbolica dell'incarnazione del Verbo. Così Gesù si manifesta davanti ai discepoli in modo visibile come il Verbo che si è fatto carne (316). La pericope di Cana ha un significato cristologico di grande importanza, interpretazione questa che non esclude la presenza di altri ele­menti come quello missionario, rivolto ai seguaci della religione dionisiaca, presentando la superiorità di Gesù taumaturgo che cambiò l'acqua in vino, fi­gura questa dell'unione tra Dio e l'uomo in Gesù di Nazareth.

Una volta stabilito il carattere cristologico della pericope l'A. distingue tre stadi nello sviluppo della sua composizione: il primo presenta Gesù che cambia l'acqua in vino come operatore divino dei prodigi, superiore a Dioniso, per at­tirare i seguaci del dio del vino; nel secondo stadio il racconto viene inserito nel vangelo, libro di fede per i neofiti, come simbolo dell'incarnazione del Ver­bo con significato salvifico per i credenti; nel terzo stadio, il redattore cerca di screditare l'importanza del miracolo come fondamento della fede, lasciando tale compito all'ora della passione quando viene offerto il vino della Cena pa­squale (339-340).

La ricerca è riuscita non soltanto a presentare i metodi e le interpretazioni più differenti della pericope, ma soprattutto a proporre un'interpretazione pro­pria in chiave cristologica che, partendo dal tema del cambiamento, pone come fondamento il motivo delle nozze unito a quello dell'acqua diventata vino. Dall'insieme dei risultati ottenuti l'A. propone l'interpretazione cristolo­gica come la soluzione più confacente perché l'intento del racconto, in tutte le fasi della sua composizione, ha una finalità primariamente cristologica, anche se non esclude interpretazioni secondarie e di riflesso alla preoccupazione fon­damentale.

La disamina esegetica ha tenuto conto delle fonti bibliche ed extra-bibli­che, della letteratura giudaica, classica e patristica, dei commenti più signifi­cativi al quarto vangelo. L'indice delle fonti profane, giudaiche e bibliche, uni­to a quello degli autori, impreziosiscono quest'opera audace che supera l'am­bito ristretto di una dissertazione dottorale.


 
 
 
 
 
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