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Rivista Antonianum
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Foto Del Zotto Cornelio , Recensione: ADRIANO GARUTI, La Collegialitā oggi e domani, in Antonianum, 58/2-3 (1983) p. 489-492 .

Il secolo XX è stato definito il secolo della Chiesa e segna un rifiorire della Chiesa nel cuore dei fedeli, ma anche un approfondimento del senso teologico della Chiesa come mistero di Cristo e presenza del Regno di Dio nel mondo. Si tratta di un dono dello Spirito Santo che introduce nella piena verità rivelata, permettendoci di gustarne la pienezza corro­borante.

Un dato non nuovo, ma riscoperto, è quello della Collegialità, che coinvolge tutto il Collegio dei Vescovi, successori degli Apostoli nella compartecipazione al ministero pastorale di tutte le Chiese, non solo come pastori della Chiesa locale loro affidata, ma, insieme al Sommo Pontefice, Vicario di Gesù Cristo, e sotto la sua Suprema Potestà e in comunione con lui, come compartecipi della sollecitudine pastorale di tutte le Chiese.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha riproposto la dottrina della Collegialità episcopale nella Costituzione Dommatica sulla Chiesa (LG 22), determinando anche le relazioni dei Vescovi in seno al Collegio (LG 23), esortando infine tutti i Vescovi a sostenere le altre Chiese, « nella uni­versale comunione della carità ». Ma rimangono ancora aperte molte que­stioni teologiche sul senso e la competenza del Collegio dei Vescovi, non tanto nella sua struttura fondamentale e nel suo compito specifico di Magistero, in comunione e sotto la Guida del Sommo Pontefice, ma anche nelle nuove forme di espressione collegiale, che non implicano la presenza di tutto il Collegio dei Vescovi, ma ne esprimono il pensiero per rappresentanza.

E' con grande soddisfazione e utilità dei teologi, e dei cultori di Ecclesiologia in particolare, che le Edizioni Francescane di Bologna hanno edito il volume dì A. Garuti, La Collegialità oggi e domani. L'A., docente di Ecclesiologia al Pontificio Ateneo Antonianum di Roma, presenta la dottrina sulla Collegialità, dai primi anni dell'attuale pontificato, pro­spettando anche possibili nuovi sviluppi e realizzazioni nell'ambito della competenza dei singoli organismi ecclesiastici, che fanno capo o che sono in qualche modo espressione della Collegialità episcopale.

Nella prima parte FA. intende presentare il pensiero di Giovanni Paolo II sulla Collegialità, « il vincolo... che intimamente associa i Vescovi al successore di Pietro e fra tutti loro nelle alte funzioni di illuminare con la luce del Vangelo, di santificare con gli strumenti della Grazia e di guidare con l'arte pastorale l'intero popolo di Dio » (p. 13). La Collegialità appare come l'accordo di fondo di una comunione d'amore, che diviene partecipazione al ministero di santificazione, di magistero e di guida di tutto il popolo di Dio. Si tratta in primo luogo di una collegialità effettiva, che diviene, secondo l'intensità della partecipazione e la perfezione del­l'amore che lega i singoli vescovi con il Papa e tra loro, affettiva, di modo che « cum Petro et sub Petro » (p. 15) si perpetui nella Chiesa il Ministero Apostolico, affidato da Gesù al Collegio dei Dodici Apostoli. Si comprende quindi come la Collegialità sia di origine divina e abbia nell'Istituzione del Collegio Apostolico il suo fondamento, « costituendo quindi il "prin­cipio esistenziale" e un "elemento strutturale" della Chiesa » (p. 14).

«La Collegialità è, dunque, una realtà fondamentale nella vita della Chiesa; realtà che affonda le sue radici nella persona di Cristo, sorgente del ministero episcopale » e deve diventare effettivamente ed affettiva­mente unità nella carità tra i Vescovi, come adempimento del mandato: «dal servizio all'unico Signore, dall'animazione che proviene da un solo Spirito, dall'amore ad una sola ed unica Chiesa » (p. 16), della quale le Chiese locali divengono concretizzazione e presenza, attingendo, tra­mite il Successore di Pietro « qui praesidet caritati », perennemente « la linfa vitale» (p. 17).

L'A. presenta quindi e descrive gli organismi che esprimono la Col­legialità, attenendosi all'affermazione di Giovanni Paolo II: «Collegialità vorrà anche dire, sicuramente, adeguato sviluppo di Organismi in parte nuovi, in parte aggiornati, che possono garantire la migliore unione degli spiriti, delle intenzioni, delle iniziative nel lavoro di edificazione del Corpo di Cristo, che è la Chiesa » (p. 18).

In primo luogo viene il Sinodo dei Vescovi, organismo di « collabo-ione collegiale  del  corpo   episcopale   di   tutto   il   mondo,   intorno   al uccessore di Pietro» (p. 20). Segue il Collegio cardinalizio «più antico 1 Sinodo », il quale « è composto dai Vescovi di tutta la Chiesa incar­nati a Roma con le loro Sedi Suburbicarie, Titoli e Diaconie » (p. 25) per diuvare il Papa « con la sua saggezza, la sua esperienza e il suo con-lio» (p. 25). Le Conferenze episcopali tendono a evidenziare l'elemento llegiale espresso  nello   « iunctim »   e   « quello   "primaziale"   di   Pietro, il'esercizio  del   rispettivo   ministero   pastorale   nella   Chiesa»   (p.   28), me « apertura reciproca e cooperazione fraterna dei Vescovi a servizio 'evangelizzazione  e  della  missione   della   Chiesa.   Un'apertura   e  una llaboraziozne, necessarie non solo a livello di Chiese locali e di Chiesa 'versale, ma anche a livello di continenti » (p. 29). Anche i viaggi del pa rientrano nell'ambito della Collegialità, nella sua cornice  « prima-ale» (p. 36). Per questo essi sono intrapresi « sotto il segno della colle-?lità » (p. 39) per instaurare un dialogo « da fratello tra fratelli », per celebrare l'unità dell'Episcopato », dandone pubblica testimonianza,  ri-ettendo insieme sulla  « comune  responsabilità  per  il  popolo  di  Dio » (p. 39). L'opera e la presenza di Pietro diventano così conferma della Collegialità in atto. Come pure, in altro senso le visite « ad limina » rive­stono un carattere collegiale, in quanto perpetuano nella Cheisa l'esigenza apostolica di « videre Petrum », per presentargli « un quadro vivo delle loro singole Chiese» (p. 41). Parimenti espressione di cooperazione colle­giale sia pure come « collegialità "sui generis" » (p. 44), è la Curia Romana, che non è solo « al diretto servizio del Papa », ma « anche al servizio delle Chiese locali» (p. 45).

Nella seconda parte FA. prende in considerazione le prospettive future della Collegialità. Dopo una necessaria distinzione dottrinale tra la col­legialità « stricte dieta », del Concilio Ecumenico e, in grado minore, di « altre forme extraconciliari che coinvolgono comunque l'intero episcopato, in comunione con il suo Capo » (p. 57) e l'« affectus collegialis », « che unisce i Vescovi in considerazione della loro sollecitudine per la Chiesa universale » (p. 57), egli determina il carattere « collegiale delle espres­sioni parziali » (p. 59). Presupposto e principio di unità dell'azione col­legiale è sempre la « communio » con Pietro e l'accettazione del Primato del Romano Pontefice con la sua azione personale di magistero infallibile (p. 64). Il P. Garuti insiste sulla importanza di salvaguardare il libero esercizio della suprema potestà del Romano Pontefice contro concezioni «puramente episcopali» della collegialità (p. 61), ma invita pure a «cer­care concrete espressioni della collegialità in modo che i Vescovi... ab­biano una sempre maggiore partecipazione nel governo della Chiesa uni­versale, ovviamente cum et sub Vetri Successore » (p. 64).

Negli ultimi tre capitoli l'A. suggerisce alcune suggestioni prospettiche sugli eventuali sviluppi delle più significative tra le espressioni della Collegialità, elencate dal Papa: le Conferenze episcopali, il Sinodo dei Vescovi e la Curia Romana.

Segnaliamo il saggio di P. Garuti per la chiarezza della esposizione e la competenza della trattazione di un problema così difficile e pur tanto fecondo di sviluppi per la vita della Chiesa, « che è essenzialmente comunione» (p. 119). Nella sua struttura comunionale e gerarchica, essa troverà « forme sempre aggiornate o nuove di realizzazione » della col­legialità (p. 120), che « testimonino la vitalità della Chiesa e soprattutto costituiscano il fondamento dell'ulteriore rinnovamento della sua missione salvifica » (p. 117).

 

 

 


 


 
 
 
 
 
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