Malatesta Michele ,
Recensione: PASQUALE MAZZARELLA, Controversie medievali, unità e pluralità delle forme,
in
Antonianum, 55/1-2 (1980) p. 298-300
.
Il volume in esame appare, e non certo senza un motivo, nella collana / Principii, diretta da Raffaello Franchini. Se infatti i principii sono cominciamenti in senso temporale, logico ed etico, il problema dell'unità o della pluralità delle forme non poteva essere trattato in sede più adeguata, dal momento che non è solo uno dei massimi problemi su cui più vivo si accese il dibattito filosofico nel Medioevo, ma era stato già, sia pure con altro linguaggio, altri interessi e differenti tonalità, un problema cardine dell'antichità classica, come, con sfumature, linguaggio e interessi nuovi, sarà un problema fondamentale della filosofia rinascimentale e moderna (si pensi a Leibniz!)... e non solo moderna.
Opportunamente il Mazzarella per mostrare la non oziosità e quindi la serietà della disputa medioevale parte dal problema della materia in Telesio, Bruno e Leibniz (pp. 10-15).
La forma è una o molteplice? E se è una, è semplice o ha gradi? E che cosa è la materia? Si deve parlare di una materia unica o di una pluralità di materie? E se la materia è molteplice come si concilia con la molteplicità delle forme? Non si rischia di moltiplicare arbitrariamente i piani e i modi dell'essere, frantumando l'uomo che tutti li riassume in uno? A questi quesiti, antichi e sempre nuovi, il Medioevo sollecitato anche da una problematica di teologia positiva dette una risposta, o meglio dette le sue risposte, perché se identico fu l'Untergrund culturale, identica la passione della verità, diverse furono le conclusioni, nonostante un'impressionante convergenza di fondo rilevabile allo sguardo di chi scruta, al di là delle necessarie prospettive e divergenze, il senso ultimo di una tesi filosofica e il suo valore di verità.
Certo la fatica a cui si è sottoposto il Mazzarella non è stata semplice. Vi erano infatti due rischi: o (a) quello di fare una galleria diseguale di filosofi in ordine cronologico, il che avrebbe creato degli scompartimenti stagni, legati solo dal flio dell'dentica problematica, o (b) insistere sulla vivacità, dinamicità, e, diciamolo pure, sulla drammaticità del dibattito, il che avrebbe fatto cadere come rami morti prezioso materiale documentario. L'A. con una soluzione brillante si è sottratto a entrambi i pericoli. Egli si è servito, come filo conduttore, di un grande spirito, il cui pensiero ha subito un'evoluzione: Enrico di Gand. A lui sono dedicati i capitoli I, V, Vili, XI che esaminano le tappe diverse di quest'evoluzione. I capitoli rimanenti ci mostrano chi sono gli interlocutori con cui discute e polemizza il Gandavense. Ed ecco tratteggiate le posizioni di S. Tommaso, Egidio di Lessines, Matteo d'Acquasparta, Ruggero Bacone, Riccardo di Mediavilla, Giovanni di Dacia, Goffredo di Fon-taines, Egidio Romano, S. Bonaventura, ecc. Quando si parte dalla vivacità di un dibattito interessa poco che la posizione di Tommaso d'Aquino (cap. II) sia esaminata prima di quella di Alberto Magno (cap. IX), o quella di Matteo di Acquasparta (cap. Ili) prima di quella di S. Agostino (cap. VII) e così via. Quello che interessa è la storicizzazione di un problema e se per la maggior fedeltà a un dibattito si devono sacrificare certi schematismi cronologici, si tratta di un sacrificio necessario. Del resto spesso gli schemi servono a nascondere solo la povertà delle idee! E' noto che, accanto a quello dell'unità o pluralità delle forme, i medioevali meditarono a fondo anche su altri problemi come quello degli universali e quello dell'individuazione. La cosa che più piace nel lavoro del Mazzarella è che il problema dell'unità o pluralità delle forme, anche se analizzato nella sua specificità, non viene astratto dal resto della problematica: si può così assistere alla discussione concernente i rapporti tra l'albero di Porfirio e i piani dell'essere (p. 67, p. 319) come a quella che riguarda i rapporti tra le forme e l'anima: di qui l'importante tesi teoretica che « la dottrina della pluralità delle forme non implica necessariamente la composizione dell'anima» (p. 191).
Dal lavoro del Mazzarella emerge non solo la complessità di un dibattito culturale dove esigenze teologiche (si pensi ai problemi concernenti il Corpo di Cristo nel sepolcro, l'Eucaristia, ecc.) interagiscono con quelle fisiche, logiche, metafisiche ed etiche, ma vengono posti in evidenza gli elementi preumanistici — si pensi alla concezione dell'uomo come microcosmo (p. 87) — e prerinascimentali. A tal riguardo è impressionante vedere come nel Kilwardby (p. 64) e in Enrico di Gand (pp. 161 sgg.) è chiaramente enunciata la dottrina telesiana dello spiritus e semine educ-tus e della forma superaddita, il che contribuisce a chiarire ancora meglio i rapporti tra l'Età di Mezzo e la Rinascenza.
Chiude il lavoro (p. 233 sgg.) la pubblicazione di tre Reprobationes inedite di Bernardo d'Auvergne.
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