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Foto Schoch Nikolaus , Recensione: Eloy TEJERO, {Imposibilidad de cumplir o incapacidad de asumir las obliga-ciones esenciales del matrimonio? Historia, jurisprudencia, dottrina, normativa, magisterio, interdisciplinariedady psicopatologia incidentes en la cuestión , in Antonianum, 83/1 (2008) p. 149-155 .

Eloy Tejero è, da trent'anni, professore ordinario di Storia del Diritto canonico presso l'Università di Navarra a Pamplona in Spagna; nel 2005 ha pubblicato, nella prestigiosa collana "Colección canonica", un ampio studio sull'interpretazione del can. 1095, nn. 2-3, i capi di nullità più diffusi a livel­lo mondiale. La prefazione è di Juan Ignacio Banares.

L'ampia introduzione presenta le ragioni di tale studio, che riflette la in-terdisciplinarietà dei contenuti ed è orientato alla presentazione di specifiche determinazioni in ambito canonico.

Tejero parte dal problema dell'altissima percentuale di decisioni di nul­lità dovute a cause di natura psichica. Negli Stati Uniti, in particolare, quasi tutte le cause si chiudono a favore della nullità del matrimonio in base al can. 1095, nn. 2-3; W. H. Woestman, già nel 1987, scrivendo sull'Osservatore Romano parlava di divorzio cattolico. L'uditore rotale Cormac Burke, esper­to in materia, non ha esitato di indicare regioni, in cui i cattolici ottengono la nullità del matrimonio con la stessa facilità con cui i protestanti ottengono il divorzio. Tejero osserva che il can. 1095, n. 3, elaborato grazie al contributo della giurisprudenza rotale, è stato formulato in maniera molto generica e necessita di un'ulteriore determinazione.

Tejero lamenta l'introduzione di una nuova forma di impotenza, la cosiddetta impotenza morale, sconosciuta sia alla tradizione canonica che all'ordinamento civile. Il concetto di impotenza morale è derivato dalla Teo­logia morale. Si è passati, in tal modo, dall'atto di volontà, che è il consenso, alla possibilità morale delle effettive prestazioni matrimoniali. Anche se il concetto di impotenza morale è stato sostituito da quello di incapacità di assumere, il contenuto è l'impossibilità di compiere. Un ulteriore passaggio è stato quello dall'incapacità di assumere all'impossibilità di compiere, passag­gio dall'ordine oggettivo al diritto soggettivo che non si trova in nessun testo conciliare e che ricevette lo stesso trattamento che già nel 1987 i contrat­tualisti, prima del Concilio Vaticano II, avevano riservato allo ius in corpus. Così l'impossibilità di compiere godeva di un campo di applicazione molto più ampio rispetto allo ius in corpus. Tejero è giustamente critico anche nei confronti di alcune correnti della giurisprudenza rotale che considerano l'in­capacità di assumere alla stregua di una impossibilità di instaurare relazioni interpersonali durante la vita coniugale e quindi, come contraria all'essenza del matrimonio che, secondo la dottrina di S. Tommaso, consiste in una relazione matrimoniale divinamente ordinata.

Uno dei gravi errori sarebbe la confusione e la conseguente sostituzione del concetto di incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio con il concetto di impossibilità di compiere. Tejero mette in evidenza la dif­ferenza di contenuto tra i due termini, la falsità della afFermata analogia tra incapacità di assumere e impotenza, l'inadeguatezza in ambito giuridico del principio proveniente dalla teologia morale "ad impossibilia nemo tenetur". La sostanza dell'argomentazione positiva è che "assumere" significa consenti­re all'ordinazione della relazione tra il matrimonio e le sue finalità. Mai deve essere confusa la realtà ontologica con il dato fenomenologico — esistenziale o psicologico - della relazione intersoggettiva tra i coniugi nel corso della vita matrimoniale.

Tejero si oppone al concetto della cosiddetta incapacità relativa, consi­derata la sua operatività al di là delle gravi psicopatologie; essa viene applicata in qualsiasi situazione di incompatibilità di carattere che rende impossibile la relazione di coppia. I giudici che la applicano non tengono conto del ra­dicamento delle questioni psicologicho-psichiatriche nella persona che viene sostituita dalla fluida relazione psicologica della coppia. Ad eccezione di Ser­rano Ruiz, tutte le sentenze rotali sono contrarie a tale dottrina. I tribunali periferici, invece, si limitano a citare Serrano Ruiz, tacendo sulla quasi una­nime giurisprudenza contraria della Rota Romana.

Tejero mette in evidenza la necessità di interpretare il can. 1095, n. 3 alla luce del Magistero, specialmente di Papa Giovanni Paolo II, che ha cura­to l'ultima redazione della norma e che l'ha promulgata. Il corpo umano, la mascolinità e la femminilità possiedono la capacità esterna di esprimere che il coniuge è qualcuno che il Creatore ha amato per se stesso, come unico e irripetibile. La capacità di assumere non consiste nel garantire all'altra parte questa o quell'altra prestazione.

L'antropologia e l'analisi dell'atto umano si basano espressamente sulla filosofia tomista. La dimensione esistenziale dell'unione affettiva non può avere lo stesso significato del vincolo formale, perché le deficienze nell'effet­tiva realizzazione esistenziale della permanente vocazione formale all'amore, effetto del matrimonio in facto esse, non possono essere mai una causa per sciogliere la forma stessa del vincolo coniugale o per cambiare il disegno dello stesso.

Tenendo conto che la nuova terminologia psichiatrica implica una rifor­mulazione, quasi totale, della psicopatologia anteriore, si pone in evidenza il grado di provvisorietà delle formulazioni di tali scienze e l'imprudenza di voler fare a meno di concetti specificamente canonici per tentare di impian­tare sui concetti psichiatrici valutazioni propriamente giuridiche. Da qui lo speciale interesse che in ambito canonico riveste l'uso del DSM-IV per pre­venire il rischio di interpretare in maniera errata i dati psichiatrici, dimenti­cando le differenze tra le questioni legali e quelle della diagnosi clinica, che non può considerarsi come base sufficiente per stabilire, a livello canonico, l'esistenza di una incapacità senza un'ulteriore informazione.

Il concetto fondamentale dello studio è l'incapacità, che assume un si­gnificato diverso a seconda dell'area scientifica. Tejero critica l'identificazio­ne tra incapacità e impossibilità. Già il diritto romano aveva respinto il ten­tativo di dare rilevanza alla difficoltà nelle prestazioni matrimoniali, anche se alcuni canonisti la consideravano una forma di impossibilità morale.

L'accoglienza di concetti psichiatrici era parallela all'abbandono di con­cetti canonici come Yamentia, la mentis exturbatio, la mentis debilitas, la de­mentici o la semi-amentia che esprimevano il significato canonico delle diverse situazioni psicopatologiche rispetto al consenso. Il campo di tale abbandono dei concetti tradizionali canonistici è stato sostituito dai postulati di alcuni psichiatri in lingua inglese sulla "moralinsanity'', che davano luogo in sede canonica al concetto di impotenza morale, intesa nel senso di un'impossibi­lità di compiere, recepita nelle perizie psichiatriche più o meno coerenti, con il significato canonico dell'incapacità psichica.

Sin dal contrattualismo del CIC/1917, il bonum prolis è stato inteso come ius in corpus, oggetto del consenso (e. 1081, § 2) e della simulazione (e. 1085, § 2). Da questa logica contrattuale è derivato che in materia ma­trimoniale lo ius connubii contiene essenzialmente l'effettivo uso dei diritti, confondendo la facoltà di usare con l'uso effettivo. Il diritto soggettivo esiste anche se il suo esercizio è impedito o sospeso o se la parte ha rinunziato, perché il senso normativo del diritto non dipende dal suo uso.

Nell'ambito del bonum fidei si manifesta la confusione tra il diritto e la condotta nell'identificare la fedeltà reciproca che gli sposi manifestano al momento di sposarsi e che crea il dovere di osservare la fedeltà, misconoscen­do così la differenza tra la intentio contra fidem opposta all'accettazione del debitum servandi fidem, e le limitazioni che la volontà può porre rispetto al compimento di questo dovere.

I sostenitori dell'impossibilità di realizzare di fatto l'oggetto del contrat­to sono debitori alle dottrine civilistiche che stanno alla radice della cosid­detta crisi del contratto, poiché trasferiscono l'attenzione dalla priorità del
consenso alla priorità della sua esecuzione nel matrimonio vissuto. Secondo tale dottrina il consenso non sarebbe sufficiente a produrre il matrimonio.

La visione del matrimonio come istituzione evidenzia che siamo dinanzi ad un sistema di relazioni giuridiche prestabilite che determina le rispettive situazioni giuridiche dei coniugi, anteriori ai loro diritti e doveri.

Siamo dinanzi alla stessa dinamica sacramentale del battesimo o del­l'ordine sacro che rende irrilevanti, rispetto alla condizione di battezzati o ordinati, i compimenti o mancati adempimenti nella condotta posteriore. In questa stessa linea di osservazioni, si può intuire che l'impossibilità di com­piere implica la negazione dell'esclusiva efficacia al matrimonio infierì ai fini della costituzione del matrimonio.

II  primo caso di tale processo è stata l'alterazione del senso di comu­nità di vita — punto unico del magistero conciliare che richiede attenzione, riducendolo ad un diritto soggettivo, che può essere incluso nell'oggetto del
contratto, parallelamente al diritto soggettivo al corpo.

Da questa impossibile determinazione dell'ambito apparentemente es­senziale del diritto alla comunità di vita, la cui realizzazione dovrà essere possibile, sorgono conseguenze particolarmente gravi, ma non accessibili alla logica contrattualista, che non dispone di criteri per determinare quali pre­stazioni siano essenziali e quali non lo siano.

La dinamica relazionale che ha interessato il Vaticano II, non deve con­durre i canonisti ad assumersi la responsabilità di tradurre in chiave di validità o nullità del matrimonio il significato di questi sviluppi. E' competenza pro­pria della teologia morale, della spiritualità e di altre scienze trattare la dimen­sione pratica dei frutti provenienti dalla sacramentalità del matrimonio e la sua grazia specifica, in virtù dell'assunzione dell'ordine relazionale del matrimonio, che neanche può essere intesa dalla psicologia né dalla psichiatria, che contem­plano altri aspetti della comunione esistenziale tra i coniugi.

Tejero pone in evidenza l'irragionevolezza di voler attribuire ad ogni costo agli psicologi ed agli psichiatri la competenza di determinare la capacità-possibilità delle relazioni interpersonali, l'abilità per il matrimonio o l'inabilità. In questa stessa linea, differenti ponenti rotali hanno fatto notare i danni conseguenti alla supervalutazione, da parte dei tribunali, delle perizie psichiatriche.

Ribadisce ancora Tejero che non occorre una capacità per rendere effet­tiva la relazione psicologica interpersonale degli sposi. E' importante rilevare che è impossibile trovare, in tutti i canoni vigenti, in nessuno degli schemi dei canoni e in nessuna delle opinioni espresse dagli organi di consultazione, una proposta che affermi direttamente e positivamente la necessità di una capacità psicologica per realizzare la comunità di vita o qualsiasi altro aspetto del matrimonio in facto esse, poiché queste esigenze si ripetono negli scritti non posti in riferimento alla preparazione del futuro CIC.

Gli uditori rotali, in una serie di decisioni, hanno posto in rilievo l'in­coerenza che sta dietro il tentativo di includere la comunità di vita nell'og­getto formale del consenso, il che equivale a includere in esso la felicità o il successo dell'unione.

Le venticinque allocuzioni alla Rota sul matrimonio sono un fenomeno unico nella Storia del Diritto canonico, di speciale importanza rispetto all'in­capacità al matrimonio, le cui determinazioni di fondo sono in contrasto con la sua ridotta penetrazione nella giurisprudenza, che ha portato alcuni autori addirittura a negare il loro significato canonico o a limitare il più possibile la loro portata.

Il successo sociale degli psicodiagnostici sulle relazioni di coppia e le origini di queste impostazioni si incontrano nei tribunali ecclesiastici sta­tunitensi, ricettivi di una terminologia derivata dalle cause di divorzio, fre­quentemente con interventi, in entrambi i fori, degli stessi avvocati e degli stessi periti.

Le indeterminazioni del bonum coniugum hanno dato spazio ad un uso indifferenziato anche dei concetti impossibilità -incapacità, sempre in rife­rimento all'ambito del compimento, indipendentemente dalla collocazione del bonum coniugum. Né le finalità, né le proprietà, né il bene della prole, né il bene della fedeltà, considerati in se stessi, devono essere esistenzialmente realizzati affinché il matrimonio sia valido. Da qui la necessità di superare tali impostazioni conglomeranti il bonum coniugum e l'impossilibità-incapacità di compierlo.

In un primo ambito di psicopatologie che possono provocare l'incapacità di assumere, infacultate voluntatis, si trovano quelle cosiddette di inclinazione contraria o mancanza di impulso verso l'altro sesso. Esse rendono incapaci di formare un'intenzione di sposarsi e impediscono di elaborare un progetto personale di matrimonio nel senso della donazione. A questa categoria ap­partengono la forma grave di omosessualità, veramente tale, che determina l'attrazione sessuale verso il proprio sesso e aborrisce la naturale inclinazione al sesso contrario. I transessuali sentono di appartenere, dal punto di vista psico­logico, ad un sesso opposto a quello che hanno per loro costituzione genetica, anatomica e morfologica, fino a pretendere interventi chirurgici al fine di cam­biare i loro organi genitali. La psicastenia, concetto generico, che la psichiatria ha usato per un certo tempo in riferimento a situazioni di perdita di energia, fatica, debolezza della volontà, tiene paralizzata la persona con continui dubbi, indecisioni e perplessità, mai risolte; essa può produrre un'incapacità di assu­mere perché non consente una decisione nel volere il matrimonio.

Anche gli impulsi ossessivi delle fobie possono rendere incapaci di as­sumere gli obblighi matrimoniali in facultate voluntatis per un timore non fondato o compulsivo. La personalità paranoide presenta notevoli differenze rispetto ai tipi di nevrosi. L'intensa alterazione dell'affettività e dell'emotività dinanzi ai conflitti, i meccanismi di negazione, tipici della personalità para­noide, possono condurre a progettare il matrimonio come il più efficace ri­fugio per nascondere la propria insicurezza. L'ipersensibilità ostile, il rancore ed il risentimento alimentano la tensione emotiva e affettiva, tipica di questi psicopatici, e possono dar luogo ad una incapacità per la necessaria volizione libera del matrimonio e l'assunzione dei suoi obblighi essenziali.

La determinazione della possibile incidenza dell'abulia, delle fasi gravi di disturbi isterici e della suggestionabilità emotiva nella nullità del matri­monio deve essere giustificata da una incapacità di prendere una decisione personale.

La ninfomania riduce la libertà interna, perché la sposa è dominata dalla sua incontrollata tendenza all'unione con persone dell'altro sesso.

Particolarmente insidioso è il concetto di immaturità perché difficil­mente distinguibile dalla normalità. Difficile è la descrizione dell'affettività. L'immaturità affettiva può produrre un'incapacità alla libera determinazione di assumere gli obblighi matrimoniali in situazioni di regressioni o fissazioni, di fughe psicologiche che non contemplano un compromesso di donazio­ne matrimoniale. Un impulso infantile al matrimonio a causa di relazioni paterno-filiali anomale, può assumere forme patologiche come l'incesto, la relazione edipica, il mammismo e altre situazioni che comunque rendono incapaci al matrimonio.

L'ICD-10 dell'Organizzazione mondiale della salute e il DSM-IV del­l'Associazione psichiatrica statunitense non offrono una visione strutturale della persona umana o una descrizione antropologica in cui le psicopatologie incidono negativamente. L'uso acritico ed improprio di questi manuali da parte di giudici non esperti di psichiatria provoca gravi danni. In merito alla psicopatologia per inclinazione contraria o mancanza di impulso all'altro sesso, la nuova terminologia psichiatrica usata da questi manuali fa sorgere seri problemi in ambito canonico.

L'opera di Tejero si distingue per la sua completezza e precisione termi­nologica. Tutti i disturbi sono indicati con il numero del DSM e, rispettiva­mente, ICD. L'autore chiude l'introduzione ringraziando il Prof. Salvador Cervera Enguix, Preside della Scuola di Psichiatria dell'Università di Navar-ra, il Prof. Modesto Santos Camacho e il moralista Prof. Augusto Sarmiento. La collaborazione di questi noti psichiatri ha contribuito notevolmente alla chiarezza dell'opera, espressione del dialogo con le scienze umane, tanto au­spicato dal Magistero Pontificio. L'autore spiega la terminologia del disturbo e la possibile sua incidenza sulla capacità consensuale, presenta le diverse opinioni sul significato delle parole "assumere" e "compiere" e tratta ampia­mente degli obblighi essenziali.

L'opera costituisce una vera enciclopedia dell'incapacità di assumere gli obblighi essenziali del matrimonio. Con 1305 pagine è uno studio di enorme spessore. La sola sintesi finale comprende ottanta pagine. Alcuni brani appaiono un po' ripetitivi. L'opera termina con un ricco elenco bi­bliografico di testi normativi e magisteriali, giurisprudenza, libri e articoli in ambito teologico e canonico, antropologico e psichiatrico. L'opera merita una grande diffusione nell'ambito degli studiosi e degli operatori di diritto canonico, poiché contribuisce notevolmente alla corretta interpretazione del can. 1095, n. 3, di frequente uso da parte dei tribunali.


 


 


 
 
 
 
 
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