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Rivista Antonianum
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Foto Nobile Marco , Recensione: MARCO MORSELLI, I passi del Messia. Per una teologia ebraica del cristianesimo, in Antonianum, 83/1 (2008) p. 166-167 .

L'autore di questo libro, di fede ebraica, affronta con una sua opera pri­ma una tematica che lo tiene occupato da un paio di decenni e che s'inserisce nel quadro del dialogo tra ebraismo e cristianesimo. L'intento e notevole anche se difHcile e delicato, ma appunto per questo egli e ancora piü lodevole e meritevole di attenzione e d'incoraggiamento. Morselli pensa, citando e pa-rafrasando F. Rosenzweig, che la questione del Messia (Rosenzweig park per gli ebrei di teshuvab = "ritorno, conversione" e per i cristiani di metänoia = "conversione") sia una questione di dizionario. Gli ebrei attendono il Messia, i cristiani dicono che egli sia giä venuto identificandolo con Gesü (o Yeshuä ben Yosef), ma ne attendono una seconda venuta nella parusia. Un fatto quest'ultimo che premierä gli ebrei nella loro aspettativa e mostrerà ai cristia­ni se Gesù sia stato veramente il Messia. Attualmente, continua il Morselli, non e il caso di scontrarsi (e su questo egli ha ragione!), dato che i cristiani devono convincersi che stanno perseguendo o dovrebbero perseguire un cammino di teshuvah che non li porta fuori, bensi nel cuore dell'ebraismo. Essi non sarebbero consapevoli a sufficienza che si tratta semplicemente di rifarsi a quel che Yeshuä ha predicato agl'inizi circa la Torah, che egli accettava fin nei dettagli. I cristiani non avrebbero bisogno di accettare in veritä tutta la Legge, dato che essa e solo per gli ebrei; basterebbe che essi accettassero solo le sette leggi del noachismo, cioè di quelle norme date da Dio a Noe prima dell'avvento della Legge mosaica e che riguarderebbero tutta l'umanità: la prima legge ordina di istituire i magistrati, le altre sei proibiscono: 1) il sacrilegio; 2) il politeismo; 3) l'incesto; 4) l'omicidio; 5) il furto; 6) l'uso delle membra di un animale. Circa i due dogmi fondamentali dell'Incarnazione e della Trinità i cristiani, rifacendosi alle teorie del rabbino e studioso Elia Benamozegh (1823-1900) (ma anche il noachismo è un tema sviluppato da Benamozegh), dovrebbero in certo qual modo o abbandonarli o compren­derli diversamente alla luce della tradizione mistica ebraica della Qabbalah, le cui radici risalirebbero fino all'epoca dello gnosticismo dei primi secoli della nuova era. Morselli sostiene queste sue idee raccogliendo in questo libro molto sinteticamente dati biografici e pensiero di dieci autori ebrei, anzi di nove ebrei più un cattolico che però è vissuto ebraicamente: Aimé Pallière (1868-1949): E. Benamozegh, Joseph Klausner (1874-1958), Jules Isaac (1877-1963), Israel Zoller (E. Zolli: convertito al cattolicesimo) (1881-1956), Franz Rosenzweig (1886-1929), Gershom Scholem (1897-1982), André Chouraqui (1917), Leon Ashkénazi (1922-1996) e Jacob Taubes (1923-1987). Questi personaggi, tutti contemporanei e notevoli uomini di scienza e di spirito, hanno avuto una particolare predisposizione di apertura nei riguardi del cristianesimo e di certo meritano di essere conosciuti attra­verso le loro opere, perché fanno capire in modo particolare a noi cristiani come vi sia storicamente e teologicamente un forte legame tra noi e gli ebrei. I tentativi, poi, come quelli di M. Morselli sono da apprezzare per lo sforzo di voler comprendere e di non voler chiudersi in un ghetto ideologico, come può capitare sia all'ebreo che al cristiano (ma è al cristiano che Morselli si rivolge per primo). Senza parlare, come insegna il documento conciliare Nos­tra Aetate, del fatto che con gli ebrei condividiamo le Scritture e quindi do­bbiamo tenerci aperti gli uni agli altri sulla base della Parola di Dio. Rimane tuttavia un fatto fondamentale per il cristiano, la sua fede e il suo rapporto personale ed ecclesiale con Gesù Cristo, su cui Morselli deve convenire che non vi può essere scambio, come ben ha capito invece nel suo libro recente lo studioso ebreo americano Jacob Neusner, Un rabbino parla con Gesù (San Paolo, Cinisello 2007), nel quale egli dimostra come e perché egli non possa, pur col massimo rispetto, seguire la persona di Cristo: la persona di Cristo è al di fuori della Torah ed è lui che nei vangeli appare come colui che dà alla Torah stessa autorità. Posto e accettato questo fondamento di discrimine, vi è tuttavia un'amplissima messe di opportunità comuni di ordine teologico, filosofico ed etico tra i cristiani e gli ebrei.


 
 
 
 
 
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