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Rivista Antonianum
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Foto Hechich Barnaba , Disputationes: Il B. Giovanni Duns Scoto e l’Immacolata nella visione del De Flores, in Antonianum, 84/3 (2009) p. 425-429 .

Ci è capitato di consultare l'opera di Stefano De Fiores Maria: nuovis­simo dizionario, testimoni e maestri, voi. Ili, EDB, Bologna 2008, e preci­samente la voce "Duns Scoto Giovanni", p. 261-289. Siamo rimasti scon­certati dal modo di procedere dell'autore. Vi si notano come due anime: una che vorrebbe attribuire a Scoto il merito di essere stato il più efficace e decisivo maestro e difensore dell'immacolato concepimento di Maria SS., e l'altra che si affanna a negare o comunque a sminuire il merito di Scoto in questo campo. Evidentemente ci troviamo di fronte ad una grave lacuna e impreparazione teologica.

Vogliamo evidenziare alcuni punti, in cui emergono tali atteggiamenti contradditori, che rivelano una mente instabile e restia ad ancorarsi alla veri­tà e soltanto alla verità, preferendo polemiche fasulle e infondate.

1. - A p. 275 De Fiores elenca in ordine cronologico gli insegnamenti di Duns Scoto sul libro III delle Sentenze, nel quale si parla appunto della concezione di Maria SS. Duns Scoto cioè commentò tale libro prima a Parigi nel 1302-1303, e di tali lezioni ci sono stati trasmessi soltanto gli appunti degli studenti, cioè le cosiddette Reportationes; poi, nel 1303-1304, lo com­mentò di nuovo a Oxford, e tali lezioni sono state scritte da Scoto stesso nella sua Lettura III; infine, Duns Scoto, quasi volendo redigere un testo unico e definitivo, scrisse la Ordinano III, che l'autore non è riuscito a rivedere e concludere per il sopravvenire della morte, e che ci è stata trasmessa in decine e decine di esemplari.

Ap. 276 e 281 De Fiores inverte l'ordine cronologico, mettendo al pri­mo posto la Lectura III, poi le lezioni di Parigi e infine XOrdinano III.

Bastava leggere la Praefatio al voi. XX delle Opera omnia, edito dalla Commissione Scotista, Città del Vaticano 2003, p. xi-xii, per conoscere l'esattezza cronologica di tali opere, che è quella redatta dal De Fiores al primo punto. Ed è proprio nella Lectura III d. 3 n. 58 (XX 138) che Duns Scoto afferma: «Si può dunque ritenere possibile che la beata Vergine non fu concepita nel peccato originale. Né ciò sminuisce la redenzione universale del suo Figlio, come è stato già dimostrato sopra, - e si può ancora confer­mare dal fatto che essendo la passione di Cristo più immediatamente e più segnatamente ordinata a cancellare il peccato originale piuttosto che quello attuale, come dunque tutta la Trinità, in previsione della passione di Cristo applicata alla Vergine, la preservò da ogni peccato attuale, così anche la pre­servò da ogni peccato originale».

2. - Il constatare e l'ammettere la certezza di Scoto sull'immacolato concepimento di Maria, dedotta dalla ragione umana, non è un'interpre­tazione massimalista", come pensa il De Fiores (p. 276), ma è un'interpre­tazione realistica, dedotta dalla fondatezza dottrinale delle argomentazioni, nonostante la prudenza procedurale (non solo di Scoto, ma, ancor prima, di S. Agostino e poi degli altri autori medievali) nel proporre e difende­re verità dottrinali, dimostrate tali dalla ragione, ma non ancora dichiara­te verità di fede dal Magistero ecclesiale. Per convincersene, bastava leggere la lunga e dettagliata documentazione che abbiamo presentato nel nostro studio intitolato "Il B. Giovanni Duns Scoto: contesto storico-teologico", edito da Stefano Cecchin nel volume La "Scuola francescana" e l'Immacolata Concezione, PAMI, Città del Vaticano 2005, p. 168-182, che De Fiores ben conosce; nella conclusione finale (p. 181-182) è detto con estrema chiarezza: "[Duns Scoto] non poteva ritenere la sua opinione come certa della certezza della fede, perché non era ancora definita. Egli la propose come probabile, secondo la cautela in uso presso tutti gli autori di allora. Quando cioè tali autori provano la fondatezza di una opinione, dedotta dalla sua sintonia con la Scrittura, con il Magistero e con la ragione umana, non per questo l'accet­tano a tutto campo: fino a tanto che la Chiesa non si pronunci, la ritengo­no sempre come 'opinione'. Potrà essere un'opinione comune, più comune, probabile, più probabile, più certa, più sicura, ma sempre 'opinione' rima­ne!". Chi volesse proporre tali verità in modo "assertivo", sarebbe lontano dalle convinzioni dei maestri: si possono asserire solo le verità che emergono tali dalla Scrittura e dal Magistero. Tutto questo è abbondantemente spiegato nel nostro studio (p. 168-183). Sminuire la dottrina e le convinzioni di un autore solo perché le chiama "opinione", cosa che purtroppo fa De Fiores (p. 271 e 288), non è cosa seria, non è in sintonia con l'atteggiamento rispettoso e prudenziale di tanti maestri antichi, tra cui naturalmente c'è anche Duns Scoto, per i quali la probabilità o l'opinione probabile era "il massimo" grado di certezza teologica, che si poteva proporre a quel tempo.

Questo grado di certezza però non impedisce a Scoto di affermare con intima persuasione (dedotta dalla ragione umana che formula le argomenta­zioni) che Maria fu veramente preservata dal peccato originale. Ecco alcune di tali affermazioni: «Tutta la Trinità, prevedendo dall'eternità la passione di Cristo, fu pla­cata grazie ad essa, in modo tale che la beata Vergine fu sempre preservata da ogni colpa, sia attuale che originale» {Lectura III d. 3 n. 20 [XX 125]).

«Alla beata Vergine venne condonata la colpa che in lei ci sarebbe stata se non fosse stata preservata per mezzo del mediatore» (ibid. n. 22 [p. 125-126]).

«La passione di Cristo, prestabilita da tutta la Trinità e applicata alla beata Vergine, piacque alla Trinità in modo che per il merito della passione stessa la beata Vergine fu preservata da ogni colpa» (ibid. n. 25 [p. 127]).

E similmente mW Ordinano III d. 3 n. 17-27.42.50 (IX 174-179. 185. 189-190).

3. - Il De Fiores tenta di sminuire l'importanza di Scoto nella difesa dell'Immacolata, evidenziando il fatto che l'espressione "decuit, potuit, fecit" non è di Scoto, ma del suo maestro Guglielmo di Ware (p. 283). Non c'era bisogno di tale precisazione. Come abbiamo ampiamente dimostrato nel nostro studio citato (p. 183 -186), l'argomento dedotto dalla convenienza, dalla possibilità, e quindi dall'effettiva realizzazione, è già usato ampiamente (non solo per l'Immacolata, ma anche per altre verità) da S. Agostino, dal­lo Pseudo-Agostino nel suo opuscolo De assumptione beatae Mariae Virginis (PL 40, 1141-1148), e poi da Osberto, Eadmero, Pseudo-Pietro Cantore, S. Bonaventura, Enrico di Gand ecc. Duns Scoto, dopo aver esposto le sue argomentazioni in favore della preservazione di Maria dal peccato originale, cosi conclude nella Lectura III d. 3 n. 31 (XX 129): «Haec igitur dieta sunt de bis quae possibilìa sunt et ex congruentìa àéotnt fieri magis quam opposi-tum».

4. - Un'altra affermazione assurda si legge nel Dizionario di De Fiores, ossia che la posizione di Scoto, "equilibrata, accettata generalmente dagli stu­diosi", viene invece "compromessa o negata da mariologi francescani nel terzo millennio" (p. 272). Chi sono questi tali? De Fiores elenca alcuni "studiosi francescani d'inizio del terzo millennio", e cioè "Apollonio, Piacentini e Cecchin" (p. 273), i quali però sono presentati da De Fiores come espositori obiettivi del pensiero di Scoto: essi cioè non enfatizzano né negano la 'posizione equili­brata' di Scoto, ma la espongono (come spiega De Fiores) con ponderatezza, obiettività e competenza, compreso anche lo stretto legame di causa ed effetto tra predestinazione di Cristo e preservazione di Maria dal peccato originale, legame che De Fiores tenta di negare (p. 276), ma che poi - contraddicendo se stesso - riconosce ed evidenzia a p. 283, dicendo: "L'elaborazione definitiva del concetto di redenzione preventiva a partire da Cristo 'perfettissimo mediatore' rimane la sua originalità e la sua gloria, in quanto ha rovesciato la sentenza comune opposta, mostrando che l'immacolata concezione, tutt'altro che ecce­zione alla redenzione di Cristo (come facevano comunemente i maestri della Scolastica: Alberto, Bonaventura, Tommaso...), rappresenta un caso palese di perfettissima e più efficace azione salvifica dell'unico Mediatore".

5. — Nella nota 45 (p. 288) il De Fiores tenta di sminuire il valore della dot­trina di Scoto sull'Immacolata, cercando di far credere che Duns Scoto «non pre­senta come "possibile" solo l'opinione immacolista, ma anche il suo contrario».

Questa affermazione non evidenzia il vero pensiero di Scoto: mentre infatti le opinioni macoliste sono dette "possibili", in quanto non era anco­ra chiara la dottrina che in proposito emerge dalla Scrittura, la sua opinione invece Duns Scoto la chiama non solo "possibile", ma anche "probabile", in quanto attribuisce a Maria "ciò che è più eccellente", — Ordinano III d. 3 n. 34 (IX 181): «Se non contrasta con l'autorità della Chiesa o con l'autorità della Scrittura, sembra probabile doversi attribuire a Maria ciò che è più eccellente».

Per poter comprendere la vera posizione di Scoto sull'Immacolata Con­cezione, bisogna tenere conto di tutto il pensiero del nostro autore, che invece il De Fiores sembra conoscere in modo superficiale, soprattutto quando dice che: «è quanto mai opportuno non enfatizzare alcuni particolari che appaiono meno accettabili: il trarre la conclusione che Maria è immacolata perché rien­trante nella predestinazione di Cristo come capo dell'universo, cosa che certa­mente non ha fatto Scoto» (p. 276). Qui risulta evidente che il noto mariologo non conosce come tutto lo sforzo di Scoto sia stato quello di dimostrare che l'immacolata concezione non è altro che la 'prova' dell'attuazione del fine della carità divino-umana secondo la predestinazione assoluta in Cristo di tutte le creature, la prima delle quali è proprio Maria (al riguardo si può confrontare il lavoro di Leonardo Sileo, Filosofia, medicina e teologia. Il concepimento di Maria nella svolta teoretica di Duns Scoto, in Giovanni Duns Scoto. Studi e ricer­che nel VII Centenario della sua morte, Roma 2008, p.39-89).

Per Scoto, poi, è chiaro come il concetto di preservazione elimini ogni dubbio su un possibile debito quando dice: «Maria avrebbe avuto sommo bisogno di Cristo come redentore: essa infatti avrebbe contratto il peccato originale a motivo della propagazione comune, se non fosse stata prevenuta dalla grazia del Mediatore; e come gli altri ebbero bisogno di Cristo affinché per suo merito fosse loro rimesso il peccato già contratto, così ella a maggior ragione ebbe bisogno di un mediatore che prevenisse il peccato, affinché non ci fosse mai da parte di lei la necessità di contrarlo e perché non lo contraesse di fatto» {Ordinano III, d. 3 n. 42). Secondo la visione di Scoto del peccato originale, Maria non fu mai "nemica di Dio", perché la peggior pena del pec­cato era per lui la perdita dell'amicizia con Dio, cosa che non avvenne mai nella Madre di Dio. La mediazione di Cristo è così perfetta da eliminare nella Madre ogni possibilità di incorrere nell'inimicizia con Dio.

Purtroppo chi fa una lettura superficiale di un autore, può incorrere facil­mente nel travisamento della sua dottrina, come risulta dal lavoro di De Fiores.

* * *

Nei secoli passati e prima della definizione dogmatica, Duns Scoto -contraddicendo S. Tommaso nella disputa sulla concezione immacolata di Maria - era addirittura indicato come eretico, tanto da venire considerato e chiamato dai suoi sostenitori "martire dell'Immacolata". Non si capisce per­ché ancora ci si ostini a non riconoscere il suo essenziale contributo e merito nella sviluppo e nell'integrale acquisizione della verità sulla preservazione di Maria dal peccato originale, in quanto predestinata ad essere la Madre del Verbo Incarnato.

Né Tommaso, né Bonaventura, né alcun altro Santo o dottore vengono con ciò menomati o sottovalutati: la verità, allora non ancora chiara, veniva indagata con passione e amore. Se Duns Scoto è pervenuto a scoprirla e a proporla meglio degli altri, con ciò non ha menomato la dignità e il presti­gio dei suoi predecessori, ma semmai ha acquisito un merito e un valore che giustamente gli spettano.

Combatterlo ancora oggi, in questa materia, significa continuare a ren­derlo "martire dell'Immacolata", finalità che francamente non ha più senso di essere perseguita.


 


 


 


 
 
 
 
 
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