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La Clarisse e l’Unità d’Italia Incontro di studio Foligno - Monastero S. Lucia, sabato 3 dicembre 2011

 
 
 
Foto Terzoni Maria Maddalena , La Clarisse e l’Unità d’Italia Incontro di studio Foligno - Monastero S. Lucia, sabato 3 dicembre 2011, in Antonianum, 87/1 (2012) p. 186-189 .

Sabato 3 dicembre 2011, nell’ambito delle giornate di studio sull’Osservanza Femminile francescana, si e svolto presso il Monastero S. Lucia di Foligno (PG) l’incontro di studio Le Clarisse e l’Unita d’Italia, in cui e stata inserita la presentazione del libro Non un grido, non un lamento. 12 maggio 1910: la soppressione del monastero di Monteluce in Perugia, che riporta gli Atti della V Giornata di studio sull’Osservanza Francescana al femminile svoltasi il 12 maggio 2010 a Perugia, presso il Monastero S. Erminio. L’incontro e stato organizzato dal Monastero Santa Lucia di Foligno in collaborazione con la Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani della Pontificia Università Antonianum di Roma. L’incontro e stato introdotto dal Prof. Pietro Messa, il quale ha ringraziato le Sorelle Clarisse del Monastero S. Lucia per aver ospitato l’evento. La Madre Abbadessa Sr. Chiara Damiana Galimberti ha rivolto il suo benvenuto ai partecipanti, evidenziando che questi incontri sono nati come giornate di studio sull’Osservanza Francescana per poi proseguire presso il Monastero S. Lucia sotto forma d’incontri più brevi. In particolare, l’Incontro di studio del 2011 si e inserito nell’ambito delle diverse celebrazioni che il Comune di Foligno ha organizzato per l’anniversario dell’Unità d’Italia. Nelle relazioni il tema dell’Unità d’Italia e stato infatti accostato alla storia della clarisse. Il carisma clariano e una realtà viva, continua, e porta la sua novità nelle varie situazioni storiche. Ha poi ripreso la parola il Prof. Pietro Messa, sottolineando come il motivo ideale di questi incontri e quello di favorire una rinascita spirituale e culturale insieme, il rapporto tra ragione e fede, e per questo le iniziative legate a questo ambito si svolgono preferibilmente presso comunità claustrali. Egli ha dunque affidato il primo intervento al Prof. Giuseppe Buffon, Ordinario di Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Antonianum di Roma. Il Prof. Buffon ha aperto il suo intervento rilevando come, in questi anni, alcuni storici hanno colto l’occasione dell’interesse per il Risorgimento per rimettere in circolo alcune idee legate al pensiero del XIX secolo, senza tener conto della lunga durata del fenomeno. Tali momenti storici vanno osservati tenendo conto del contesto più ampio, evitando di focalizzare la propria attenzione sui contemporanei che li hanno vissuti, i quali ne avevano – per forza di cose – una visione parziale. Nelle relazioni tra lo Stato Italiano, sorto da poco, e la Chiesa quel periodo fu caratterizzato dal fenomeno delle soppressioni, che si verificò anche in altre nazioni, coinvolgendo numerosi ordini religiosi. Ripercorrendo la vicenda del Convento dell’Aracoeli in Roma, soppresso il 20 ottobre 1873, attraverso una ricca documentazione fotografica e documentaria, il Prof. Buffon ha posto in rilievo come – anche se, ufficialmente, il fenomeno ebbe termine nel 1873 – tali soppressioni siano di fatto proseguite fino all’epoca della colonizzazione. L’Italia unita cercava in territori esteri nuovi spazi per svilupparsi, e fu soltanto in vista di qualche vantaggio coloniale che lo Stato cominciò a ridurre le soppressioni. Dunque il colonialismo italiano rappresento un primo elemento che porto alla conclusione del fenomeno. L’altro elemento fondamentale fu il fascismo. Per motivi di tempo, il Prof. Buffon non ha potuto soffermarsi sulle singole vicende di tale processo, limitandosi a segnalare il discorso tenuto nel 1926 da Arnaldo Fortini, sindaco d’Assisi, il quale affermo di essersi impegnato in un radicale restauro della cittadina. Fu uno dei primi segni di un cambiamento in corso che porto, tra le altre cose, alla ristrutturazione di molti edifici religiosi. Ma un completo rivolgimento si ebbe tre anni dopo con i Patti Lateranensi, di cui e prima insegna il monumento a San Francesco in Piazza del Laterano a Roma. Il nuovo clima politico produsse cosi una ricostituzione dei rapporti tra Stato e Chiesa. Quasi tutti gli edifici soppressi divennero edifici pubblici, spesso scuole. Lo Stato fascista tendeva a recuperare la simbologia religiosa perche aveva bisogno di elementi monumentali religiosi per autogiustificarsi. Contemporaneamente, infatti, alla soppressione del Monastero di Monteluce in Perugia, il Sindaco di Roma stava realizzando una monumentalizzazione della capitale con simboli di carattere religioso. I simboli religiosi vennero cosi nuovamente adottati da uno Stato che aveva la necessita di trovare sempre maggior credito presso la popolazione italiana. Sull’altro versante, la Chiesa scelse di impegnarsi in ambito sociale, aggregando opere sociali a monasteri ed enti religiosi. Cosi, mentre Monteluce si trasformava in ospedale, durante la Prima Guerra mondiale lo psichiatra Agostino Gemelli diventava frate. Sembrerebbe quasi un pareggiamento di conti. Il convento dell’Aracoeli in Roma inizialmente fu anch’esso adibito ad ospedale, poi fu demolito per lasciar posto all’attuale Altare della Patria. I tentativi per preservare il convento dalla soppressione furono vani, l’opera di demolizione inizio nel 1884 e termino nel 1930 con la demolizione dell’ultimo braccio del chiostro. Il “nuovo Aracoeli”, ossia il convento di Sant’Antonio in Via Merulana, fu costruito presso il Laterano. I frati cercarono di ricostituire un dialogo facendo leva sullo spirito coloniale che lo Stato andava promuovendo e su personalità quali quella di Giosuè Bensi, terziario francescano che si sacrificò volontariamente sul fronte dell’Isonzo e fu additato come modello di amor patrio. Sul versante politico, Mussolini indicava San Francesco quale modello di vero italiano. Questi elementi ci dicono i tentativi di riavvicinamento compiuti da entrambe le parti, fino al 1926, anno in cui, alla vigilia dei Patti Lateranensi, venne inaugurato il monumento a San Francesco in piazza del Laterano. La pace tra Chiesa e Stato era ormai fatta ed iniziava una nuova fase della storia. Il Prof. Pietro Messa ha poi introdotto l’intervento del Prof. Annibale Zambarbieri, storico del cristianesimo, docente presso l’Università di Pavia, al quale e stata affidata la presentazione del volume Non un grido, non un lamento. 12 maggio 1910: la soppressione del monastero di Monteluce in Perugia. Il Prof. Zambarbieri ha affermato che la lettura dei saggi di questo volume gli ha regalato contenuti e commozione. Una storia al femminile, una vena pulsante della circolazione delle vicende del mondo e, nel caso specifico, dell’Unita d’Italia. Le sue osservazioni sono state da lui stesso assimilate a tre fasi della realizzazione di un film: un campo lungo, alcune sequenze, una carrellata finale. Il suo “campo lungo” ha inquadrato il problema delle soppressioni nel contesto storico dell’Unità d’Italia. Le soppressioni, fenomeno comune ad altre nazioni, ebbero luogo soprattutto a seguito della legge del 1866, promulgata dalla Camera, che privava gli ordini religiosi di ogni riconoscimento e ne decretava l’incamerazione dei beni e la destinazione ad usi pubblici dei locali indemaniati, restando intatte le chiese. Certo fu un momento di rottura, tuttavia in esso sono riscontrabili alcuni punti di continuità. Le monache contemplative poterono per lo più rimanere nelle loro case, ma non tutte. Le nuove congregazioni femminili dedite alle opere sociali rimasero sostanzialmente indenni e sopravvissero come pie associazioni. La necessita di denaro fu il primo motivo di queste secolarizzazioni, poi i grandi disegni di rinnovamento urbanistico che lo Stato andava perseguendo. La popolazione, nei suoi strati più poveri, si trovò priva di un punto di appoggio, spesso anche di lavoro, a motivo dell’incameramento dei beni degli enti religiosi. E molte altre furono le conseguenze. Per quanto riguarda i singoli quadri che il Prof. Zambarbieri ha messo in luce, risulta particolarmente toccante il grido di una suora riportato nel volume (p.124): “siamo strappate del nostro nido”. Le procedure di incameramento sono ampiamente descritte nel libro, comprese le minacce, gli andirivieni delle suore dal monastero. Il testo prende altresì in considerazione il problema della ristrutturazione dell’area: le stigmate di queste procedure trasformarono i paesaggi urbani. Vi e descritto quello che era il patrimonio di Monteluce: le carte, i libri, le memorie artistiche, le opere d’arte. Terzo punto, il volume contiene anche una carrellata della storia d’Italia, come la partenza di Pio IX verso Gaeta, l’epidemia di colera durante la quale le suore si prodigarono per i malati, la visita di Re Vittorio Emanuele a Perugia. La ferita della soppressione fu sicuramente grande, ma le clarisse hanno continuato ad intessere la storia della loro gente, e farne memoria e doveroso ed istruttivo. L’identita non e data per sempre, ma si crea camminando nella storia. Dopo i due interventi sopra descritti, si e sviluppato un dibattito tra i relatori ed i convenuti, nel quale sono emerse nuove piste di ricerca storica: il ruolo della Massoneria, il recupero della dimensione femminile soprattutto mistica, la destinazione degli edifici religiosi di importanza storica. Infine, il Prof. Pietro Messa ha concluso l’incontro ringraziando i relatori ed i partecipanti, e dando a tutti appuntamento al 1° dicembre 2012, per la presentazione del volume degli Atti del Convegno su Caterina Vigri, svoltosi a Ferrara presso il Monastero delle Clarisse il 5 novembre 2011.



 
 
 
 
 
 
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