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Recensione: Henning Graf Reventlow, Aggeo, Zaccaria e Malachia (Antico Testamento 25/2)

 
 
 
Foto Nobile Marco , Recensione: Henning Graf Reventlow, Aggeo, Zaccaria e Malachia (Antico Testamento 25/2), in Antonianum, 86/1 (2011) p. 162-163 .

Quella che ci propone il presente libro e la traduzione della nuova edizione dei libri biblici voluta dalla ormai nota collana tedesca “Altes Testament Deutsch” (Vandenhoeck & Ruprecht, Gottingen 1993). La precedente edizione dei commentari, a cura di K. Elliger, risaliva al 1975; ora invece si ha l’opera limpida e raffinata del Prof. Graf Reventlow, il quale conduce un’operazione di aggiornamento non solo bibliografico, bensì anche di contenuto, senza tuttavia abbandonare le posizioni pregiudiziali classiche del metodo storico-critico seguito nei decenni trascorsi. I tre libretti profetici risalirebbero sostanzialmente tutti al V sec. a.C., durante la dominazione dell’impero persiano, anche se per Zc 9-14 (il cosiddetto Deuterozaccaria) l’Autore parla di una “scuola di Zaccaria” non facilmente databile, ma comunque da non far risalire all’epoca dei Diadochi, come supposto da alcuni studiosi (p. 142.144). I tre componimenti conterrebbero senza dubbio parole dei rispettivi profeti, benchè queste avrebbero ricevuto poi l’apporto di redattori ed editori. Per un’interpretazione storico formale di Aggeo e Malachia, il R. si serve della famosa tesi che molto tempo fa H.W. Wolff aveva proposto per il libro di Osea, cioè che tali composizioni profetiche avrebbero riportato oracoli pronunziati oralmente dal profeta in determinate circostanze, con le eventuali reazioni del pubblico. L’Autore ha ancora un’altra convinzione che non e in accordo con gli attuali orientamenti esegetici, che propongono una lettura apocalittica dei testi in questione, specialmente di Zc 9-14. Egli ritiene che temi o motivi come il “giorno di JHWH”, la battaglia escatologica e il pellegrinaggio dei popoli a Gerusalemme, non siano postesilici ne tanto meno apocalittici, quanto invece motivi mitologici preesilici da collegare alla mitologia di Sion (pp. 144.156). Sembra che la comprensione che il R. ha dell’apocalittica sia perlomeno riduttiva e troppo critico-formale a fronte invece di quel che oggi una vasta rappresentanza del mondo accademico pensa di un fenomeno epocale di vasta portata, di cui la formulazione letteraria e solo una componente. Circa il commento analitico ai tre libretti, come accennato, il procedimento e puntuale e preciso e si raccomanda come manuale per l’uso classico della migliore metodologia storico-critica.



 
 
 
 
 
 
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