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Presentazione dei volumi: Marco Bartoli, Pater pauperum. Francesco, Assisi e l’elemosina, Padova 2009. Bonaventura da Bagnoregio, Vita di san Francesco, a cura di Pietro Messa, Milano 2009. Basilica di S. Maria in Aracoeli di Roma, venerdì 26 marzo 2010

 
 
 
Foto De Rosa Luca , Presentazione dei volumi: Marco Bartoli, Pater pauperum. Francesco, Assisi e l’elemosina, Padova 2009. Bonaventura da Bagnoregio, Vita di san Francesco, a cura di Pietro Messa, Milano 2009. Basilica di S. Maria in Aracoeli di Roma, venerdì 26 marzo 2010, in Antonianum, 85/2 (2010) p. 333-336 .

A cura del Centro Culturale Aracoeli - Provincia Romana dei Frati Minori, in collaborazione con la Scuola Superiore di Studi Medievali e Francescani, sono stati presentati due recenti volumi riguardanti san Francesco d’Assisi, nell’ottica di una possibile lettura attualizzata della vicenda personale del Poverello.

Dopo la presentazione dell’incontro fatta da p. Alvaro Cacciotti, direttore del Centro Culturale Aracoeli, ha preso la parola Raimondo Michetti, professore di storia medievale presso l’Università degli Studi Roma Tre. Soffermandosi soprattutto sulla traduzione della Vita di san Francesco di Bonaventura da Bagnoregio, ha evidenziato che l’Introduzione al volume, curata da Pietro Messa, ha ormai portato a compimento un processo che ha visto coinvolti sia storici dell’Ordine sia laici studiosi di storia medievale, facendo sì che il francescanesimo sia diventato un luogo di discussione sull’interpretazione di san Francesco, non solo in chiave religiosa ma anche politica. Se è a partire dai protestanti che nel francescanesimo avvenne un processo di de-cattolicizzazione, e con Paul Sabatier che si compi l’operazione di “strappare” Francesco al monopolio della Chiesa. Ciò ha permesso a Francesco di diventare un punto d’incontro di culture diverse negli anni ’70, anni nei quali l’accento sull’interpretazione dell’Assisate era oscillante tra povertà e pace, secondo una interpretazione ideologica che pero anch’essa ora risulta superata. Attualmente si e dunque giunti in una stagione post-ideologica, ma il rischio ora e quello di un appiattimento e omologazione. Michetti ha perciò sottolineato come Pietro Messa eviti questo appiattimento per il raggio di apertura che offre con riflessioni utili a ben comprendere la Legenda maior. L’obiettivo dell’opera e trovare una nuova lettura della Legenda maior, presentando tutti gli elementi per comprendere la biografia scritta da san Bonaventura e i criteri per analizzare le biografie precedenti parallelamente ad una contestualizzazione storica con le testimonianze coeve. Il testo inserisce il lettore nelle questioni del XIII secolo, ossia il conflitto secolari-mendicanti, il valore della povertà dei francescani, le trasformazioni dell’Ordine minoritico, la liturgia intesa in senso dinamico, il contesto spirituale e culturale.

Non si nascondono i nodi problematici, a cominciare dal titolo dell’opera stessa di Bonaventura. P. Messa non rifiuta il titolo Legenda maior, che però secondo lui andrebbe più correttamente letto come Vita di san Francesco: la stessa scelta di non cambiare il titolo e percio gia un tentativo di rivisitazione degli stessi studi recenti. Secondariamente si e parlato del giudizio su Bonaventura; si puo dire che tra gli storici san Bonaventura e Tommaso da Celano vengono spesso contrapposti. Alcuni giudicano in negativo l’opera bonaventuriana, che avrebbe offerto un Francesco privo di umanità, mediante una visione agiografica per cui il Santo vive il dettato evangelico creando una situazione per cui può essere soltanto ammirato, ma non imitato.

Un’altra tesi attribuisce a Bonaventura la capacita di adeguarsi al nuovo contesto, ben diverso (sono passati quarant’anni!) da quello della Vita beati Francisci di Tommaso da Celano. Per P. Messa Bonaventura avrebbe operato una lettura del rapporto tra storia e teologia, tra storia e escatologia. Nelle interpretazioni degli anni ’70 le biografie su Francesco erano considerate poco attendibili, più agiografiche e teologiche che storiche; tuttavia gli storici di allora trasferivano un concetto contemporaneo di storia all’epoca di san Bonaventura. Nell’ampia Introduzione, che costituisce un vero e proprio saggio, P. Messa stabilisce un rapporto tra storia e teologia: egli dice che la Legenda maior e un’opera teologica espressione dell’epoca in cui e stata scritta.

A p. 125 l’autore invita a mostrare attenzione alla validità di quest’opera per il francescanesimo; il caso Francesco e posto tra mito e realtà per cui non è necessario che la storia debba de-costruire il mito per cercare la realtà, ma bisogna considerare il mito all’interno della storia, come funzione di exemplum. Vi e quindi una concezione francescana della storia, interna ad una visione teologica. San Bonaventura fa dunque un’operazione teologica e porta avanti tale visione avviata da Tommaso: presentare l’identità di Francesco come quella del santo perfetto. Se Tommaso raccoglie la memoria collettiva con i testimoni viventi, san Bonaventura dopo quarant’anni, in tempi diversi, fa “perdere” la memoria e la storia diviene meno importante, dato che era meglio rileggere san Francesco in funzione della propria epoca.

San Bonaventura presenta una memoria condivisa e di mediazione, dopo la condanna di Giovanni da Parma e la pacificazione interna, in seguito allo scontro su Gioacchino da Fiore. Finito il tempo dello studio della storia in senso ideologico, l’indagine storica oggi serve all’alterità, per avvicinarsi a conoscere l’altro, vissuto nella storia. Alla fine del suo intervento Raimondo Michetti si e chiesto come attualmente si conciliano lo studio della storia con la pastorale e l’insegnamento.

Padre Paolo Martinetti, preside dell’Istituto Francescano di Spiritualità della Pontificia Università Antonianum, nel suo il suo intervento ha esordito affermando che P. Messa presenta una traduzione precisa del testo, commentato e con note esplicative, il che consente di conoscere meglio il testo bonaventuriano.

Troviamo molta conoscenza della storia del francescanesimo, del genere letterario agiografico, dei temi del gioachimismo e della disputa secolari- mendicanti. A pag. 120 si entra nella questione francescana, per cogliere il senso dell’agiografia in rapporto con la storia. Il cuore del suo messaggio e il rapporto storia-teologia, come rapporto tra ragione e fede. L’esperienza dell’incontro con Cristo avviene dentro una dimensione concreta, una realtà quotidiana. L’evento genera la storia; l’origine e lo sviluppo non devono essere separati, cosi come la questione originaria dell’esperienza religiosa e del suo successivo sviluppo. Un francescano ama la storia – non siamo gnostici, ne manichei, ha ricordato Martinelli –, ogni santo e imbevuto di storia e di cultura. Riguardo al metodo storico-critico, ogni narrazione rivela un orizzonte ermeneutico, in quanto ogni narrazione e anche una interpretazione.

Si è poi passati all’analisi del testo di Marco Bartoli, la struttura e la suddivisione del quale e stata ampiamente illustrata da Martinelli; egli ha voluto giustamente sottolineare l’episodio che ha dato a Bartoli lo spunto per la composizione del suo libro: una disposizione del Comune di Assisi nella quale, pochi anni orsono, si faceva espresso divieto ai mendicanti di chiedere l’elemosina nella città del Poverello. Bartoli che è stato anche promotore di una raccolta di firme contro tale ordinanza ha voluto approfondire nel suo testo l’aspetto più peculiare e più connaturato alla figura del Santo di Assisi: la povertà, mostrando l’evidente contraddizione in termini di vietare l’elemosina (opera di misericordia corporale) in una città che celebra un santo che è stato ben definito Pater pauperum.

In continuità con tale tema si e aperto l’intervento di Antonino Clemenza, professore della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università Antonianum e direttore delle Opere Antoniane il quale ha concluso l’incontro.

Nel suo intervento egli ha ben contestualizzato la problematica posta dal testo di Bartoli apportando testimonianze concrete del disagio sociale dovuto alla povertà non volontaria ed ha terminato sottolineando l’importanza del rapporto personale con chi e povero e l’importanza di mostrare vicinanza e aiuto concreto a chi soffre.

Ribadendo l’utilità dell’attività svolta all’interno dell’Antonianum dalle Opere Antoniane, si e voluto concludere l’incontro ricordando che il 2010 è stato proclamato dall’Unione Europea “anno della lotta alla povertà e all’esclusione sociale”, con l’augurio che si possano effettuare dei passi significativi in questa lotta.



 
 
 
 
 
 
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