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Inaugurazione dell’Anno Accademico 2002-2003. Messaggio del Gran Cancelliere

 
 
 
Foto Rodriguez Carballo José , Inaugurazione dell’Anno Accademico 2002-2003. Messaggio del Gran Cancelliere, in Antonianum, 78/4 (2003) p. 751-754 .

1. A voi tutti: al Rettore Magnifico, ai Professori, al personale accademico, agli studenti, al personale ausiliario, San Francesco, vostro servo e piccolo nel Signore Iddio, augura salute con nuovi segni del cielo e della terra, che sono grandi e straordinari presso il Signore e reputati invece di poco conto da molti religiosi e dagli altri uomini (EpCust., 1).

È con le parole del Nostro Padre e Fratello San Francesco, del quale abbiamo appena celebrato la solennità, che rivolgo a tutti un deferente saluto, veramente felice e onorato di partecipare con tutta la comunità del nostro Ateneo all’apertura di questo Anno Accademico 2003-2004.

2. La mia presenza, così come quella del Vicario e Vice Gran Cancelliere e dei Definitori generali presenti in Curia, nonché del Segretario e Vice-Segretario generale per la Formazione e gli Studi, vuole essere, prima di tutto, una manifestazione del grande apprezzamento che il Ministro generale e il suo Definitorio hanno del lavoro che svolgete in questo Centro di studi superiori, “il principale” del nostro Ordine (Statuti generali 104,1; Ratio Studiorum O.F.M.. 122,1). È un lavoro che considero fondamentale per l’Ordine, impegnato seriamente nella missione di “porre il Vangelo nel cuore della cultura e della storia contemporanea” (Giovanni Paolo II, Messaggio al Congresso dei Rettori O.F.M., 4). Questa missione, infatti, sarebbe irrealizzabile ai nostri giorni senza una solida formazione intellettuale e una ricerca scientifica adeguata nelle diverse aree dello studio e dell’inse-gnamento proprie del nostro Ateneo.

3. La nostra presenza in questa sede, inoltre, vuole essere di incoraggiamento a proseguire senza sosta e senza risparmiare alcuna fatica nel potenziamento del Pontificio Ateneo Antonianum. In concreto vi chiedo di fare passi concreti e significativi nello studio e nella ricerca scientifica. Siamo ben consapevoli che lo studio “oltre a richiedere impegno, dedizione e disciplina, comporta un investimento intellettuale prolungato e profondo, austero senza dubbio” (Ratio Studiorum O.F.M. 12), siamo consapevoli che questo investimento non si può fare senza sacrificio, per questo vorremo dirvi: continuate e, nella misura del possibile, intensificate questo impegno. È un servizio alla Chiesa, all’Ordine, all’uomo. Da parte nostra l’incoraggiamento si tradurrà, anche, nell’esservi vicini in ogni momento e nel “proseguire lo sforzo del Governo precedente per migliorare la qualità e l’amministrazione del PAA, offrendo a questo scopo gli aiuti necessari” (Decisioni del Capitolo generale 2003).

4. Viviamo tempi complessi e tante volte difficili e oscuri. La situazione attuale non può certo definirsi ingenuamente ottimistica: basta uno sguardo intorno a noi minimamente critico. Il Signore sembra chiuso nel suo cielo “quasi disgustato dall’agire dell’umanità” (Giovanni Paolo II, 11/12/2002). Le tenebre non appaiono più squarciate da raggi di luce. Le ferite inferte al corpo della pace e della giustizia sono tante e molto profonde.

5. Ma proprio la situazione di un’umanità dilaniata e sofferente, proprio questi caratteri drammatici della storia all’inizio del terzo millennio ci spingono a una lettura e interpretazione dei segni dei tempi alla luce del Vangelo (cfr. Gaudium et Spes, 4), che, d’altra parte, è un’esigenza per tutti i credenti (cfr. Lc 12, 56). Animati dalla fede vogliamo «farci eco come ci ricorda il Documento finale del recente Capitolo Generale “con tutto il cuore e con tutta l’anima e con tutta la mente” (Rnb 23,23; cfr. Mt 22,37) del ‘sì’ di Dio alla creazione; […] della sua totale solidarietà con tutti […]; del suo pieno ‘sì’ a tutte le creature» (Il Signore ti dia pace, n.1).

6. Chi non legge e interpreta questi segni dei tempi “rischia di fermarsi, ripetersi, annullare i sogni più profondi, perdere poco a poco la gioia contagiosa della fede” (Il Signore ti dia pace, n. 6). In questo contesto voglio sottolineare che la fatica dello studio che non è solo dimensione di una fase della vita ma la abbraccia sempre (cfr. Ratio Studiorum O.F.M., 31) può alimentare lo scrutare i “segni dei tempi”, anzi, personalmente sono convinto che lo studio sia strumento indispensabile per poter fare adeguatamente questa lettura. Si deve poi ricordare che essa e la sua interpretazione esigono uno sforzo di intelligente penetrazione dello spirito del nostro tempo, senza la pretesa di riassumerlo in poche e comode categorie. La complessità non è forse tra le parole d’ordine di oggi? E non ci è chiesto di «abitare la complessità», disposti ad apprendere i linguaggi del nostro tempo, ad ascoltarli con attenzione e in spirito di dialogo, per poter incontrare le donne e gli uomini che vivono concretamente questo frammento della nostra storia, assetati forse come non mai di una parola di senso più grande?

7. Dinanzi alla situazione che stiamo attraversando segnata da luci e da ombre, san Francesco stesso ci invita idealmente ad alzare lo sguardo, a scrutare l’orizzonte della storia e a riconoscere i “nuovi segni del cielo e della terra” (1LettCust 1). Tocca a noi, e particolarmente a tutti voi professori e studenti di questo nostro Ateneo, di operare un incontro fecondo tra il Vangelo e la nostra cultura. Non possiamo avere paura di realizzare questo incontro, non possiamo cadere nella tentazione di chiuderci. Tocca a tutti noi, ma particolarmente a voi cari professori e studenti, di andare verso l’uomo di oggi che attende dalla Chiesa, e particolarmente dai figli di San Francesco, risposte nuove, a volte coraggiose, che possano saziare la sete e la fame di pienezza dei nostri contemporanei. Non abbiate paura di ascoltare le domande veramente esistenziali, e tante volte drammatiche, dell’uomo di oggi. Non abbiate paura di tentare di offrire risposte radicate nel Vangelo e che proprio per questo saranno sempre nuove. Dal grande deposito della tradizione filosofica, teologica e spirituale del francescanesimo, dalla sorgente inesauribile della cultura francescana, spetta particolarmente a voi trarre risposte adeguate ai drammatici interrogativi della nostra umanità (cfr. Giovanni Paolo II, Messaggio al Congresso dei Rettori O.F.M., 3). La vostra missione è veramente affascinante: esplorare le ricchezze della nostra tradizione culturale e trovare nuove strade che conducano a un vero e profondo dialogo con il mondo, nuovi linguaggi che facciano da ponte tra il Vangelo e il nostro mondo, che rendano comprensibile all’uomo di oggi il Vangelo di sempre.

8. In questa sede particolare desidero sottolineare l’importanza, vorrei dire la centralità, della dimensione dello studio per vivere oggi da protagonisti e non da credenti in fuga dal mondo e dalla storia. Il tempo presente chiede urgentemente la risposta di vite che, grazie alla forza al Vangelo, sappiano accogliere le sue sfide!

9. Così, quando parliamo dello studio, lo pensiamo e lo vogliamo come la ricerca di vie nuove per leggere e interpretare, attraverso un’intelligenza mossa e accesa dall’amore, proprio quei segni del tempo nuovo e imprevedibile che viviamo, per cercare quella parola nuova, perché proveniente «dall’alto», che apre nuovi cammini.

Come potremmo, senza questa tensione di ricerca, essere cittadini della città del nostro tempo?

Come potremmo sintonizzarci sulle domande di oggi e ascoltare il grido dell’umanità e delle culture che emergono, senza la severa disciplina del “pensare di pensare”, ridonando spessore e dignità a questo atto umano integrale?

Come potremmo vivere e testimoniare il Vangelo in un mondo che cambia, senza apprendere sempre di nuovo i linguaggi del dialogo con l’odierna Babele, che aspira, sia pur contraddittoriamente, verso quella Gerusalemme, che è lo spazio dell’universale chiamata alla libertà e alla pace?

Come potremmo vivere la tensione insita nella nostra forma vitae tra eremo e città, tra compagnia degli uomini e testimonianza resa all’Invisibile che si è fatto nostro fratello e nostra via, senza la fatica e il rigore di una ricerca che non si accontenta mai dell’ovvio, del già dato e già detto, per esprimere con parole di vita e di sapienza sempre nuova quelle parola che Dio da sempre ha detto e pronuncia per la salvezza integrale dell’uomo?

Per rispondere alla nostra vocazione/missione abbiamo bisogno della mediazione indispensabile dell’ascesi dello studio, che contribuisca ad unire le diverse dimensioni della nostra vita: primato di Dio e dell’uomo, ricerca del Suo Volto e annuncio del Vangelo, fede e cultura, centralità della persona e fraternità che dà spazio all’altro, interiorità e massima apertura, e incidenza nella storia.

10. Cari Fratelli e sorelle!

Viviamo un tempo della storia drammatico e magnifico, come amava ripetere il grande Paolo VI, il Papa del dialogo.

Scegliamo di restarvi dentro con amore e intelligenza, senza cedere al pessimismo dei “profeti di sventura” e senza idealismi che rifiutano di toccare le lacerazioni che lo attraversano e feriscono in molti modi.

Scegliamo di restarvi dentro senza cercare risposte rassicuranti a tutti i costi, disponibili anche alla fatica della vigilanza, che guarda oltre l’orizzonte e sa attendere con pazienza.

Scegliamo di vivere la nostra vocazione oggi in un tempo di radicali trasformazioni, che sembrano non risparmiare nulla e tutto obbligano a rileggere e lasciar rinascere.

Scegliamo di restare accanto all’uomo concreto, il cui volto è appello alla vita e all’incontro con Colui che della vita è origine e custode.

Per questi, e per molti altri, motivi scegliamo ancora di avviare un anno di riflessione e di ricerca, di studio e di sapienza, di domande poste e di risposte accolte.

Si aprano le nostre menti alla “fatica del concetto”, per rendersi docili alla carità dello Spirito, che rende viva e penetrante l’intelligenza dell’uomo, profetico il suo sguardo, adorante il suo cuore.

A tutti e a tutte buon anno accademico!


 



 
 
 
 
 
 
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