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Datos sobre la publicación:
Recensione: J.-D. DUBOIS – B. ROUSSEL (eds.), Entrer en matière. Les prologues

 
 
 
Foto Faes de Mottoni Barbara , Recensione: J.-D. DUBOIS – B. ROUSSEL (eds.), Entrer en matière. Les prologues , in Antonianum, 76/2 (2001) p. 367-370 .

Il genere ‘prologo’ esiste già nell’antichità più remota, è un soggetto interdisciplinare per eccellenza, dal carattere eteroclito – come tra l’altro attesta già a livello terminologico la molteplicità e l’ambiguità delle sue designazioni (per esempio introduzione, proemio, premessa, preambolo, preludio, principio, introito, prefazione) –, e da qualche tempo è diventato oggetto di particolare attenzione, soprattutto da parte di studiosi di area francese. Il volume è costituito di 29 contributi, che analizzano prologhi soprattutto nel loro contenuto, ma anche nella loro tipologia, come appare, per esempio, dalle indagini significative e stimolanti di Hoffmann – autore anche di un epilogo sui prologhi di estrema importanza per la messa a punto dei problemi emergenti da queste indagini – di Solère e di Attias. I contributi, che coprono un arco di tempo molto esteso, che va da Platone al movimento di Port Royal (secolo XVII), sono dovuti a vari specialisti: del pensiero filosofico e teologico antico, tardo antico, medievale e rinascimentale, del giudaismo, del cristianesimo antico e moderno, del manicheismo e dell’islamismo. Ben 13 di essi, seppure sotto angolature diverse, riguardano la Bibbia: analizzano infatti prologhi di differenti versioni o commenti del testo sacro, di specifici libri di esso (del  Siracide), di testi appartenenti alla ricca costellazione degli apocrifi. I contributi sono i seguenti: S. Solère-Queval, Quand le prologue se fait épilogue: réflexions sur le premier prologue du Théètète; Alain Le Boulluec, Pour qui, pourquoi, comment? Les Stromates de Clément d’Alexandrie; R. Amacker, E. Junod, L’art d’entrer en matière dans une littérature de controverse: les premières pages de l’Apologie pour Origène de Pamphile; J.-D. Dubois, Les Traités des principes d’Origène et le traité tripartite valentinien: une lecture comparée de leurs prologues; M. Tardieu, Le prologue des Kephalaia de Berlin; G. Monnot, La Fâthiha comme prologue du Coran; A. Chraibi, L’émergence du genre muqaddima dans la littérature arabe; J.-N. Pérès, Le prologue de l’Epître des apôtres comme exhortation parénétique; P. Piovanelli, La découverte miraculeuse du manuscrit caché, ou la fonction du prologue dans l’Apocalypse de Paul; A. Desreumaux, Le prologue apologétique de l’Apocalypse de Paul syriaque: un débat théologique chez les Syriaques orientaux; A. Su-Min-Ri, Les prologues de la «Caverne des trésors» et la notion d’apocryphe; M.-J. Pierre, Les Odes de Salomon, chants de la venue du Seigneur; C. Aslanoff, Les prologues conservés du Siracide; N. Kaminski-Gdalia, Un prologue iconique dans les peintures murales de la synagogue de Doura-Europos (245-256); J. Teixidor, La dédicace de Paul le Perse à Chrosroès; Ph. Hoffmann, La fonction des prologues exégétiques dans la pensée pédagogique néoplatonicienne; M. Cacouros, Les préfaces des commentaires grecs antiques et byzantins aux Seconds Analytiques, livre II; B. Tambrun-Krasker, Le prologue du Traité des Lois de Pléthon et le regain d’intérêt pour le scepticisme aux XIVe et XVe siècles; Ch. Trottmann, Prologues à la théologie: la question du statut de la théologie dans les prologues des commentaires des Sentences avant saint Thomas d’ Aquin; J.-L. Solère, Du commencement: axiomatique et rhétorique dans l’Antiquité et au Moyen Age; J.-Ch. Attias, L’âme et la clef. De l’introduction comme genre littéraire dans la production exégétique du judaïsme médiéval; S. Fellous, Prologue et dialogue dans la Bible d’Albe (Castille 1422-1433); H. Guicharrousse: 1522, 1534, 1545: l’appareil  préfaciel dans trois éditions marquantes de la Bible de Martin Luther; M. Engammare, Introduire une édition humaniste de la Bible. Les prologues des Bibles de Robert Estienne (1528-1560); B. Roussel, Un prologue de Jean Calvin au Nouveau Testament (1535); J.-F. Gilmont, Les épîtres dédicatoires des Jean Calvin; F. Higman, Les Advertissemens des Bibles de René Benoist (1566, 1568); B. Chédozeau, Les préfaces de la Bible de Port-Royal; Ph. Hoffmann, Epilogue sur les prologues.

   I contributi offrono ampio materiale per una analisi teorica ancora in fieri sul significato, la definizione, l’ordinamento dei vari termini che designano il prologo, e sulle realtà filosofiche, teologiche, letterarie, artistiche e giuridiche che essi esprimono. Benché riguardino periodi storici e culturali diversi e generi letterari  differenti, tali contributi presentano alcuni punti comuni o almeno di convergenza che permettono di comprendere meglio la problematica dell’“entrare in materia”. I più importanti di essi sono i seguenti: l’esistenza stessa del prologo è problematica. Alcuni testi filosofici infatti (per esempio quelli strutturati in modo assiomatico-deduttivo, come l’Elementatio Theologica di Proclo) che esprimono un pensiero che procede da un punto di vista assoluto “germinale”, non hanno bisogno di un prologo; altri invece, come il Teeteto di Platone, ne hanno due; altri lo presentano dopo il testo, ovvero come epilogo.

Il prologo, malgrado la varietà e diversità di casi presi in esame in questo volume, annuncia il o i temi del libro, ne anticipa il contenuto, spesso in forma di riassunto o addirittura di indice delle materie, e ha un valore programmatico. In esso l’autore esplicita i motivi, le circostanze e il metodo di redazione che utilizza nel suo testo. Sia il prologo antico che quello medievale denunciano nella loro trama rigorosa l’esistenza di una griglia costituita da differenti schemi procedurali con una duplice valenza, ermeneutica e propeduetica: nel Medioevo, in particolare nei prologhi ai commenti biblici, tali schemi si possono raggruppare in 3 tipologie fondamentali, quella degli accessus ad auctores, quella delle 4 cause aristoteliche e quella delle tecniche della artes praedicandi. Indipendentemente da ogni griglia codificata, il prologo esegetico fissa le regole dell’interpretazione del testo che introduce, costituendo così una specie di “discorso del metodo” ermeneutico. Fattore di unità per l’opera che introduce ma anche per l’insieme testuale che eccede l’unità bibliografica in testa alla quale è posto, il prologo può diventare autonomo e costituirsi come opera indipendente fornita di una sua propria introduzione: è questo per esempio il caso dell’Isagoge di Porfirio destinata inizialmente a facilitare una lettura delle Categorie di Aristotele. Il prologo non traccia solo un orientamento ermeneutico, non solo indica le linee principali del testo che introduce e l’architettura nascosta o manifesta di quest’ultimo, ma costruisce una situazione di comunicazione tra vari attori, che possono essere: l’autore del prologo, il suoi ispiratore (per esempio Dio), e i suoi destinatari, per esempio una comunità di filosofi, degli iniziati, dei cristiani.

 



 
 
 
 
 
 
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