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Recensione: Giorgio Zannoni, Matrimonio e antropologia nella giurisprudenza rotale. Presupposti e orizzonti dell'approccio personalista

 
 
 
Foto Schoch Nikolaus , Recensione: Giorgio Zannoni, Matrimonio e antropologia nella giurisprudenza rotale. Presupposti e orizzonti dell'approccio personalista , in Antonianum, 71/2 (1996) p. 376-379 .

L'Autore, laureato in Diritto Canonico e dal 1985 giudice presso il Tribunale Ecclesiastico Flaminio, dispone di una ricca esperienza in campo forense canonico che traspare anche nella presente opera. Le presentazioni da parte di Carlo Caffar-ra, Vescovo di Ferrara e precedentemente preside del Pontificio Istituto per gli Stu­di sul Matrimonio e sulla Famiglia e di José M. Serrano Ruiz, uditore della Rota Romana e autore di numerose pubblicazioni di diritto matrimoniale, esprimono senz'altro un giudizio positivo per quanto riguarda l'interpretazione della giurispru­denza rotale da parte dell'autore. L'analisi dell'antropologia cristiana soggiacente alla giurisprudenza rotale costituisce un tentativo assai nuovo. L'autore sottolinea l'importanza di una antropologia utile non solo per la retta comprensione della teologia e dell'etica del matrimonio ma anche per un retto giudizio sulla sua validità al quale viene chiamato il giudice ecclesiastico. Si tratta, come afferma Serrano nella sua introduzione, senz'altro di un'opera difficile, data la difficoltà e la complessità dell'argomento (p. 9).

Il lavoro, diviso in quattro capitoli, inizia con un analisi che dimostra il supe­ramento della posizione oggettivistica ed opera della costituzione pastorale « Gau-dium et spes». Il secondo capitolo si occupa dell'emergere di connotati personali­stici. Il consenso diventa atto della persona e la persona centro dell'atto. Il terzo ri­guarda gli effetti della nuova visione per i singoli elementi del consenso matrimo­niale, i beni del matrimonio, la procreazione come qualificazione della relazione coniugale, il nuovo concetto di «bonum fidei», di indissolubilità, di errore e della ri­levanza sia morale che giuridica del consenso. Il quarto capitolo si occupa degli ef­fetti giuridici della fede, cioè della dignità sacramentale (e. 1099).

Dopo la presentazione della prospettiva personalistica espressasi nel magiste­ro del Pontefice regnante, l'Autore costata una disomogeneità della giurisprudenza rotale che agisce in forza di una autocoscienza non consona al Magistero (15). La conseguenza è un grave dislivello tra l'insegnamento circa la coniugalità e la flessio­ne giuridica in relazione al consenso. Ciò che è stato proposto come indicazione teologica dal Magistero deve diventare chiave di lettura operante.

È necessario un netto superamento dell'ancora consolidata identificazione tra la sacralità del patto derivato dalla creazione e la sua sacra significanza in quanto sacramento (23). L'autore si basa sulle affermazioni della costituzione pastorale «Gaudium et spes» per appoggiare il suo approccio personalistico e utilizza i ter­mini quali relazione interpersonale, «communio totius vitae», ecc. Secondo l'Auto­re sono specialmente le sentenze «coram» Serrano quelle che applicano la teologia conciliare e magisteriale sul matrimonio al caso concreto. Alcuni altri uditori della Rota subiscono alle volte aspre critiche perché non hanno sufficientemente preso in considerazione la nuova concezione dello stesso.

Nel mirino dell'Autore si trova specialmente la contrattualità del matrimonio vista come riduzione naturalistica del matrimonio. Difende la nuova visione conci­liare senza però specificare sufficientemente il concetto di «antropologia» e «per­sonalismo» usati in continuazione dall'autore. Non tiene sufficientemente conto dei meriti della giurisprudenza rotale precodiciale che nonostante l'approfondimento del concetto di matrimonio, apportato dal Concilio Vaticano II ha grandi meriti che non si possono scartare con giudizi forse troppo superficiali. Le sentenze anteriori al Concilio vengono usate soprattutto per far vedere il progresso e il mutamento avvenuti dopo il Concilio, la qual cosa conduce però ad una visione un po' troppo «contrapposta». D'altra parte l'Autore non offre soltanto un buono stile ma anche una visione sintetica della problematica e si dimostra ricco di esperienza giudiziale collegata ad una buona conoscenza della giurisprudenza rotale e anche una inter­pretazione molto personale e perciò anche originale della materia. Già il fatto di essersi avventurato in un argomento tanto vasto quanto difficile costituisce un me­rito che rende utile l'acquisto del libro.

Interessante appare l'analisi del riflesso dell'amore coniugale e la sua entrata indiretta nella giurisprudenza rotale che si costata però già nel periodo preconcilia­re (59). Indirettamente si accenna all'amore coniugale quando si prende l'avversio­ne come un segno della mancanza di amore. Costituisce un grande progresso il pas­saggio dallo «ius in corpus» allo «ius ad intimam communitatem vitae et amoris» (65). L'amore pone in primo piano la relazione immanente tra la prole e il matri­monio. L'amore coniugale è la base per l'importanza della relazione interpersonale e anche il fondamento per cui la non-esclusione della prole diventa elemento essen­ziale del consenso matrimoniale (66). L'amore coniugale sottolineato dalla «Gau-dium et spes» dovrebbe avere un ruolo decisivo anche in campo giuridico. «Ma an­zitutto l'amore non giunge a porsi quale dinamica determinante il soggetto all'atto personalissimo del consentire al generarsi, al porsi in atto di una precisa, unica, nuova modalità di esistenza. Per quanto il ruolo del soggetto sia proclamato deci­sivo resta intero il compito di delineare la modalità. Perché l'amore non resti, altri­menti, elemento sovrastrutturale» (75).

L'Autore ritiene l'errore sulle qualità della persona come elemento residuo dell'oggettivismo e definisce il cambiamento a riguardo di una visione più personale del consenso con la famosa sentenza di Canals del 1970 (90). In seguito analizza la transizione personalizzante nella giurisprudenza postconciliare, specialmente per quanto riguarda l'incapacità consensuale (118 ss.), l'esclusione della fedeltà (138 ss.), l'errore (151) e l'esclusione dalla dignità sacramentale (can. 1099, 167 ss.).

L'Autore cerca di conservare la primarietà obiettiva della coniugalità valutan­do però sempre di più l'intenzionalità del soggetto nubente in termini di relaziona­lità interpersonale (101). A proposito dell'incapacità relativa, l'Autore propone di porre l'incapacità in relazione alla comparte e non ritiene sufficiente di considerar­la soltanto in confronto con il matrimonio in senso oggettivo, dunque in senso astratto e impersonale (120). Nella sua argomentazione relativa a riguardo, segue soprattutto la famosa sentenza «coram» Serrano del 5 aprile 1973. È concepibile che la personalità sia gravemente perturbata proprio di fronte alla comparte. L'in­capacità relativa riguarda soggetti, non però l'oggetto del patto matrimoniale (121).

Interessante è anche il pensiero dell'Autore, che ritiene che la riserva della co­niugalità non è sufficientemente definita dalla sola non-esclusione della fedeltà, ma anche dall'eventuale dono di sé connotato dall'unicità (143). Ribadisce che il nu­bente può prendere in considerazione esclusivamente l'esclusione della sacramen-talità, senza porre necessariamente un atto positivo di volontà riguardo all'indisso­lubilità, cioè escludere che il matrimonio sia sacramento senza pensare allo stesso tempo anche all'esclusione della indissolubilità. Così essa può diventare un capo di nullità separato (175).

L'Autore considera non senza fondamento l'accusa della staticità ed astrattez­za rivolta alla canonistica circa il matrimonio nonostante i segni positivi di un pro­fondo cambiamento (177). Alla fine viene dedicato molto spazio al maturare di una giurisprudenza procedente secondo un metodo esistenziale che tiene conto che il giudizio non concerne ultimamente «le convinzioni-idee, bensì la loro incarnazione da parte del soggetto nella vita reale» (204). «Di per sé la persona è realtà originale ed irrepetibile. Ebbene tale dato deve altresì aggiungersi, che tale 'mondo persona­le, va considerato posto nel contesto del vissuto relazionale fra due soggetti» (204).

Si rivela l'interesse dell'Autore a sottolineare, e questo corrisponde pienamen­te al Magistero pontificio e conciliare, di considerare anche in sede di Tribunale la persona in senso pieno, non soltanto ridotta alla sfera intellettuale o volitiva. In particolare non vanno dimenticate le sue relazioni interpersonali e sociali, le emo­zioni e le forze difficilmente definibili come l'amore e, infine, la singolarità di ogni persona con la sua singolare storia personale.

È da augurare una vasta presa in considerazione dell'opera affinché, pur essendo discutibile per quanto riguarda alcuni aspetti metodologici, diventi oggetto di riflessione per i canonisti e soprattutto per i giudici e gli operatori dei Tribunali ec­clesiastici ai vari livelli, in modo da non considerare più la persona «vivisezionata», valutando solo ogni singolo aspetto a parte, ma cercando di entrare e di capire, sen­za però trascurare l'aspetto della necessaria stabilità dell'istituzione matrimoniale e l'eminente importanza del matrimonio, sia per la società ecclesiale che civile, svi­luppando di più i comuni riferimenti della dottrina per giungere ad una maggiore omogeneità tra i Tribunali ecclesiastici.

Alla fine dell'opera si trova un indice delle sentenze citate. Per una eventuale seconda edizione si auspica una più ampia presa in considerazione della letteratura canonistica, antropologica e psicologica relativa al matrimonio e una più esatta pre­cisazione terminologica. Il chiarimento terminologico sembra specialmente neces­sario per quanto riguarda il concetto di «antropologia» applicato dall'Autore. Di­scutibile, cioè soggettivo, rimane lo schema del libro, ossia la suddivisione della ma­teria nei capitoli e titoli.

Possiamo tuttavia condividere il giudizio di José Serrano Ruiz nella sua intro­duzione «... ma passare dall'oggettivismo al personalismo ed arrivare alla sintesi tra mistica, morale e diritto, attraverso le "Decisiones" non è traguardo da poco né possiamo pensare che si raggiunga al primo tentativo di "un'opera prima" per lo scrittore e anche, oserei dire, per il soggetto scelto» (11). Il cambiamento del con­cetto di matrimonio, e della soggiacente antropologia, si mostra anche nei termini nuovi finora mai adoperati nel campo del diritto matrimoniale come, per esempio, «atto umano», «atto personale», «atto interpersonale», «avvenimento personaliz­zante» ecc. È certo una conversione personale nella propria mentalità, vocabolario, convinzioni, chiavi d'interpretazione del Codice. Ad essa sveglia questo libro di im­pegnativa e indispensabile lettura» (11).

 


 

 



 
 
 
 
 
 
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