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Recensione: Luigi Dal Lago, L'inamovibilitā dei Parroci dal Concilio Vaticano I al Codice di DiŽritto Canonico del 1983

 
 
 
Foto Papez Viktor Ivan , Recensione: Luigi Dal Lago, L'inamovibilitā dei Parroci dal Concilio Vaticano I al Codice di DiŽritto Canonico del 1983 , in Antonianum, 66/4 (1991) p. 589-591 .

Lo studio di L. Dal Lago è la pubblicazione della sua tesi di laurea, difesa nell'anno accademico 1987/88 presso la Pontificia Facoltà di Teologia di Pader-born sotto la guida del Prof. W. Schulz. L'Autore parla di un argomento giuridico molto attuale, cioè tratta del canone 522 di Diritto Canonico, il quale recita: «È opportuno che il parroco goda di stabilità, perciò venga nominato a tempo inde­terminato; il Vescovo diocesano può nominarlo a tempo determinato solamente se ciò fu ammesso per decreto dalla Conferenza Episcopale». L'ufficio del par­roco è un ufficio ecclesiastico costituito stabilmente da esercitarsi per un fine spi­rituale (can. 145), e se è stato conferito a tempo indetermianto non si può essere rimossi, se non per cause gravi e osservato il modo di procedere definito dal di­ritto (can. 193). Il lavoro dell'Autore è diviso in quattro capitoli che seguono una metodologia giuridica ben precisa.

II primo capitolo è dedicato all'aspetto storico del problema: l'inamovibilità dei parroci al Concilio Vaticano I. Nei primi otto secoli di storia della Chiesa non si trova alcuna norma che rivendichi per i parroci il diritto dell'inamovibilità. La situazione si cambia con l'istituzione del sistema beneficiario nella Chiesa e con l'evento del feudalismo. La causa determinante dell'inamovibilità dei parroci è costituita dal carattere beneficiario. Il Concilio di Trento conferma la «perpe­tuità» del parroco nel suo ufficio. Il Vaticano I si pronuncia per il rafforzamento e la conferma delle leggi tridentine. Per la nomina del parroco si richiede il giudizio di idoneità, il concorso parrocchiale e inoltre si deve rispettare il diritto di patronato. L'inamovibilità del parroco proviene dal beneficio parrocchiale, dall'utilità delle anime e dalla natura dell'ufficio del parroco. Si deve affermare che al tempo del Vaticano I l'aspetto economico nel conferimento delle parrocchie prevale sul­l'aspetto pastorale, cioè sul principio del «bonum animarum».

Il secondo capitolo sviluppa il tema dell'inamovibilità dei parroci negli schemi preparatori e nel Codice di Diritto Canonico del 1917. Il codice non aboli­sce la «perpetuità» dell'ufficio del parroco, anche se questa abolizione è richiesta da parte dei Vescovi dei paesi latini dove l'inamovibilità è la norma comune. Il codice mantiene la legislazione precedente e unisce i due istituti della parrocchia e del beneficio. La parrocchia in pratica si identifica con un tipo di beneficio: «Omnia beneficia saecularia ad vitam benéficiarii conferenda sunt» (can. 1438). Da una parte questo dispositivo impedisce di riformare l'istituto dell'inamovibilità in modo profondo, dall'altra parte la stabilità del parroco non è assoluta, è sem­pre relativa al bene delle anime. Implicitamente la legislazione ecclesiastica esprime l'idea che il vero fondamento della «stabilitas» del parroco nel suo ufficio risiede nel «bene delle anime» e non nell'assicurare al parroco rendita econo­mica. Il codice del 1917 si preoccupa anche di proteggere i parroci dall'eventuale abuso di potere da parte del Vescovo, e perciò stabilisce le norme (processi) che regolano la rimozione o trasferimento del parroco e assicurano la difesa della parte più debole. Il codice riconosce due tipi di parroci: inamovibili e amovibili.

Nel terzo capitolo l'Autore presenta il problema dell'inamovibilità dei par­roci nel Concilio Vaticano II e nelle norme di applicazione conciliare. Il Vaticano II stabilisce nuovi orientamenti in relazione alle parrocchie, all'ufficio del parroco e alle sue caratteristiche. Il concilio tende a sopprimere il sistema dei benefici a favore della missione e del servizio, ai sacerdoti raccomanda uno stile di maggiore povertà e semplicità nella vita, con l'abolizione dei benefici sottrae la base «eco­nomica» al diritto d'inamovibilità, considerato strettamente pastorale l'ufficio del parroco e scopo fondamentale del ministero parrocchiale il bene delle anime, eli­mina la distinzione tra parroci inamovibili e amovibili, revoca il diritto di presen­tazione, di nomina, di riserva alla provvista delle parrocchie, salvo il diritto dei Religiosi.

Il Vaticano II non è favorevole all'idea di nominare il parroco a tempo de­terminato. Il bene delle anime infatti richiede che il parroco goda la «stabilitas» nel suo ufficio.

L'ultimo capitolo è dedicato alla condizione giuridica del parroco nel nuovo Codice di Diritto Canonico del 1983. Il Codice attuale sancisce gli orientamenti conciliari. L'incarico del parroco perde ogni carattere di «perpetuità». Il diritto del parroco è subordinato a quello del bene delle anime, che esige anche inter­venti per rimuovere o trasferire un parroco, se c'è una giusta motivazione. La sta­bilità del parroco è fondata sulla nuova definizione della parrocchia che è «una determinata comunità dei fedeli costituita stabilmente nell'ambito di una Chiesa particolare e la cui cura pastorale è affidata ad un parroco quale suo proprio pa­store (can. 515); sulla natura e missioen pastorale dell'ufficio del parroco e sul bene delle anime, che deve sempre essere nella Chiesa la legge suprema (can. 1752).

La stabilità del parroco nel suo ufficio appare come «un valore prezioso della tradizione, canonica, che non si può assolutamente trascurare, perché risulta indi­spensabile per l'ordinato sviluppo della cura delle anime nella Chiesa» (p. 147).

L'opera è senza dubbio un contributo prezioso alla retta comprensione dei diritto del parroco alla stabilità nell'ufficio parrocchiale sotto l'aspetto giuridico e pastorale.



 
 
 
 
 
 
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