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Inizio dell'Anno Accademico 1991-1992: Omelia del Ministro Generale

 
 
 
Foto Schaluck Hermann , Inizio dell'Anno Accademico 1991-1992: Omelia del Ministro Generale, in Antonianum, 66/4 (1991) p. 597-598 .

Omelia del Ministro Generale

Cari fratelli e sorelle,

siamo radunati intorno alla mensa della Parola e del Pane per offrire al Signore l'inizio dell'Anno Accademico nel nostro Pontificio Ateneo Antoniano. A Lui rivolgiamo il nostro sguardo per chiedergli la luce dello Spirito Santo, affinché possiamo camminare sempre verso la piena ve­rità.

Abbiamo ascoltato, nella prima lettura, come Paolo si sforza di adat­tarsi alla mentalità dei Greci per annunciare loro il messaggio della sal­vezza in Gesù Cristo, resuscitato dai morti. Questo messaggio non fu di facile comprensione da parte dei Greci, perché il loro ragionamento non teneva conto della vera sapienza che viene dallo Spirito. Infatti, lui stesso scriverà ai cristiani di Corinto: «... la mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perché la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio» (1 Cor 2,4-5).

II Vangelo ci parla proprio del ruolo insostituibile dello Spirito che non è quello di darci una nuova rivelazione, ma di illuminare, giudare, stimolare la Chiesa, e tutti noi, a interpretare sempre più a fondo la pa­rola del Signore.

In questa occasione particolare mi sembra doveroso far riferimento al Messaggio, che il Papa Giovanni Paolo II ha inviato al nostro ultimo Capitolo Generale e, quindi, a tutto l'Ordine. In esso ci ricorda alcuni tratti essenziali della nostra tradizione francescana da avere sempre pre­senti: «l'amore appassionato del Cristo povero, che si esprime in una condivisione il più possibile spinta della condizione degli umili; il distacco radicale dai beni di questo mondo meravigliosamente unito all'amore fa­miliare della creazione, nella quale san Francesco viveva come nella sua propria casa; l'attaccamento alla vita fraterna con il mettere in comune i doni di ciascuno, in una obbedienza intera e gioiosa; una azione perseve­rante nella diversità dei ministeri e delle funzioni esercitate dai frati in vista della crescita del corpo di Cristo; il culto verso l'Eucaristia insepa­rabile dall'annuncio del Vangelo; infine, la tenerezza nei confronti della santa umanità di Cristo e la fede incontaminata nella sua divinità e la sua eterna Signoria». E aggiunge: «Sviluppando questi carismi del vostro Or­dine, ancora attuali, voi offrite alle generosità dei messaggeri della Buona Novella delle vie già sperimentate per servire gli uomini di oggi, grazie al vostro equilibrio teologico, spirituale e pastorale» (Messaggio al Capi­tolo, 3).

Siamo pertanto chiamati ad esprimere con la nostra vita e a dare ra­gione con la parola di ciò in cui crediamo e di ciò che viviamo, perché la grazia ricevuta non è per noi ma per gli altri, «gratia gratis data».

L'esigenza, quindi, dell'evangelizzazione, oltre a un dovere, è anche la ragione di essere del nostro Ordine, che ha ricevuto dalla Chiesa il mandato «de poenitentia praedicanda».

Consapevoli di questa realtà, confermata dalla tradizione france­scana e richiamata dalla ricorrenza del 5° Centenario dell'evangelizza­zione delle Americhe, nella quale tanti dei nostri frati hanno avuto un ruolo non trascurabile, il Capitolo Generale ha accolto volentieri l'esor­tazione, rivoltaci dal Papa, che, tra l'altro, ci incoraggia a porre una spe­ciale attenzione alla formazione intellettuale, come esigenza dell'evange­lizzazione; «questo sforzo è necessario tanto per le scienze teologiche, quanto per quelle filosofiche ed umane, che ci aiutano a scoprire le pa­role del Signore, che sono spirito e vita e ci permettono di comprendere la problematica dell'uomo contemporaneo» (Documento del Cap. Gen.le, n. 10).

Siamo stati invitati, pertanto, a riflettere su ciò che è essenziale nel nostro carisma francescano. Tra l'essenziale: che il nostro Ordine è una Fraternità che ha come missione l'evangelizzazione, cioè l'annuncio pro­fetico della Buona Novella a tutti gli strati dell'umanità, secondo l'ispira­zione originaria di san Francesco: il primo e principale modo di evange­lizzazione è «la silenziosa proclamazione del Regno di Dio» (CC.GG. 89,1) operata dall'insieme dei frati. E questo comporta di porre al centro delle nostre preoccupazioni la qualità evangelica della nostra vita come Fraternità.

A tale proposito mi viene alla memoria un testo del Celano. San Francesco, interpellato se fosse un bene che le persone istruite entrate nell'Ordine si applicassero allo studio della Scrittura, rispose di sì, «pur­ché, però, sull'esempio di Cristo,... [i frati] non trascurino di dedicarsi all'orazione e purché studino non tanto per sapere come devono parlare, quanto per mettere in pratica le cose apprese e, solo quiando le hanno messe in pratica, le propongano agli altri» (Legg. Magg., XI, 1).

Il modo francescano di evangelizzazione richiede, quindi, «la testi­monianza della Fraternità, l'esperienza di Dio nella contemplazione, la preparazione intellettuale e il discernimento dei "segni dei tempi"» (Do­cumento del Cap. Gen.le, n. 5).

Cari fratelli e sorelle, in questa celebrazione eucaristica all'inizio dell'Anno Accademico, chiediamo al Signore la sua grazia perché pos­siamo concentrare i nostri sforzi non tanto nel possedere molte verità, quanto soprattutto nell'essere posseduti dalla Verità che ci trascende, per dare al mondo la testimonianza della presenza del Regno di Dio in mezzo al suo popolo.



 
 
 
 
 
 
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