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Recensione: Joachim Gnilka, Marco

 
 
 
Foto Nobile Marco , Recensione: Joachim Gnilka, Marco , in Antonianum, 64/2-3 (1989) p. 473-475 .

Il presente commentario al vangelo di Marco è un importante con-jtributo all'attuale ricerca sul secondo vangelo.

La tradizione dei secoli scorsi, e di buona parte di questo secolo, non è stata troppo generosa con Marco. Esso è stato visto sempre come il fratello minore degli altri due sinottici, che hanno fatto la parte del leone. La stessa nuova scienza esegetica, in passato, ha guardato al se­condo vangelo semplicemente come a una delle fonti fondamentali di Matteo e Luca, annettendovi un'importanza minore. Quando il passaggio dall'uso della storia delle forme alla storia delle redazioni, avrebbe po­tuto segnare una svolta per Marco, l'interesse si è concentrato innanzi tutto su Luca (H. Conzelmann). Solo dopo si è arrivati finalmente a ren­dere giustizia alla redazionalità marciana (W. Marxsen). Infine, negli ul­timi anni, l'interesse per Marco si è sviluppato considerevolmente (Pesch, Roloff, Dautzenberg,   Egger,   Klauck,   Schenk,   Manicardi,   Stock,   ecc.).

Il commentario del G. si situa proprio in tale efflorescenza di studi marciani, divenendo un autorevole punto fermo. I II vangelo di Marco è il punto nodale di passaggio tra la fine di un Mmplesso processo tradizionale, che aveva accumulato svariate raccolte orali su Gesù, in uso nelle diverse comunità primitive, e l'inizio del proce-Rnento che avrebbe portato alla stesura dei vangeli, di cui Marco è la prima forma compiuta.

L'evangelista, la cui identità non è più possibile stabilire, nonostante la tradizione (apologetica) risalente a Papia, ha per la prima volta inteso fare un'opera di raccolta e di predicazione dal respiro più ampio, rispetto al passato; non legata, cioè, solo ai bisogni immediati e specifici di una comunità precisa, com'è per le varie raccolte premarciane. Da qui, anche, la grande difficoltà d'individuare il luogo d'origine del secondo vangelo, anche se l'autore doveva essere senz'altro di origine giudaica.

Marco (chiamiamo così l'autore) ha avuto davanti a sé ed ha usato materiale tradizionale vario: una storia della passione, già presente come opera redazionale su pericopi autonome precedenti; una raccolta di di­spute galilaiche (e. 2), una fonte di parabole (e. 4), una collazione di pro­blemi concreti della comunità (e. 10) e, infine, una piccola apocalis­se  (e. 13).

Il G., di fronte alle svariate posizioni degli studiosi, che vanno da una considerazione riduttiva dell'operazione redazionale di Marco ad una, all'opposto, concezione eccessivamente creativa di essa, prende posizione per dichiarare che « Marco è un redattore moderato » (p. 18) che, da un lato, ha avuto molto rispetto delle tradizioni più varie da lui adoperate, dall'altro, però, ha saputo porvi la sua impronta personale, mentre le presentava al suo « pubblico » e le disponeva nella cornice redazionale da lui creata. La quale ultima vuole essere una narrazione kerygmatica dell'opera di Gesù, dal battesimo alla resurrezione. Anche qui, l'A. dà la sua opinione equilibrata e convincente, contro i due estremi opposti: l'interpretazione unilateralmente kerygmatica (Marco s'ispira al keryg-ma paolino: Marxsen) e quella altrettanto unilaterale definibile come storica (in Marco vi è solo l'intenzione di presentare la storia di Gesù come evento passato: Roloff). In realtà, Marco è « un narratore teolo­gico della storia» (p. 17). Egli vuol presentare la successione cronologica degli eventi riguardanti Gesù, filtrata dalla fede delle tradizioni che hanno preceduto l'evangelista e che egli vuole ora raccogliere sistematicamente, forse perché, dopo la morte di Pietro, era scattato il segnale d'allarme che si doveva cominciare a « conservare le tradizioni su Gesù nella comu­nità» (p. 31). Questo fatto fa risalire la stesura del vangelo a subito dopo l'anno 70.

Il commento del G. al testo marciano è magistrale, nel quadro della metodologia storico-critica, ed intenso. Al testo biblico, suddiviso in pe­ricopi, segue prima un'analisi dettagliata, poi una spiegazione, infine una sintesi con riferimenti bibliografici. Spesso, è fatta seguire un'indagine sull'uso storico del brano commentato. E' la nota originale del commenta­rio, che vuol fare un'operazione ecumenica e percorre, quindi, quando è possibile, il filo storico dell'uso di Marco da parte dei Padri della Chiesa e dei teologi giù giù fino ad oggi, cattolici e protestanti.

Un'altra nota importante di questo denso commentario è offerta dai 15 excursus, di valore rilevante.

Interessante è il breve paragrafo finale, intitolato Prospettive, ove l'A. offre alcuni spunti su un sapiente approccio al vangelo di Marco, sulla base dell'esperienza della storia della teologia e delle moderne acquisizioni circa le pregiudiziali « confessionali » presenti anche nella esegesi più scientifica.

 

 



 
 
 
 
 
 
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